L`ORO BLU

  Milano, 29 marzo 2021 - a cura di Paolo Galli (direttore MaHRE Center), Maurizio Acciarri, Silvia Checola, Giacomo Magatti, Silvana Stefani. L’acqua, risorsa prioritaria e bene (teoricamente) comune dell’umanità,

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sta rappresentando un interesse economico tale da essere paragonato a un bene di consumo e di mercato.

Il suo valore deriva soprattutto dalla scarsità, ma anche dal suo uso nelle famiglie, dal cibo, dalla cultura, dalla salute e dall’integrità dell’ambiente naturale.

L’uso corretto dell’acqua rientra anche nell’agenda 2030 dello sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.

È l’obiettivo 6: Assicurare la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e la sua qualità per tutti (https://sdgs.un.org/goals/goal6).

Il progetto descritto qui mostra come nella gestione dell’acqua si può coniugare sostenibilità e sviluppo.

Luoghi che soffrono fortemente di scarsità di acqua sono le isole, in particolare i SIDS (Small Islands Developing States), una aggregazione di Stati-isole indipendenti riconosciuta dalle Nazioni Unite.

Nonostante la spesso eccellente radiazione solare e il clima super mite, sono per la maggior parte luoghi remoti e con scarse risorse naturali.

C’è anche una necessità di sviluppo che tende a contrastare con la necessità di preservare un ambiente naturale particolarmente fragile.

Il turismo contribuisce molto allo sviluppo dei SIDS, nel bene e nel male.

Da una parte aiutando a far crescere l’economia locale (da un rapporto della Asian Development Bank, nel 2019 il turismo contava per circa il 25% del GDP dei SIDS), ma dall’altro modificando ambienti quasi incontaminati verso un temibile punto di non ritorno.

La Repubblica delle Maldive appartiene ai SIDS e soffre davvero di scarsità di acqua.

Le Maldive sono interamente costituite da isole coralline, non vi sono fiumi né sorgenti, e l’unica riserva di acqua dolce la si trova nella lente, una riserva di acqua dolce, formatasi per percolazione dalla pioggia, intrappolata sotto ogni isola corallina di una certa dimensione (un diametro di almeno 200 metri).

Purtroppo, in alcuni atolli lo tsunami del 2004 ha distrutto la lente, rendendo l’acqua imbevibile e giallastra. Non è che prima dello tsunami le cose andassero meglio.

Un’epidemia di colera nel 1978 rese chiaro che l’acqua della lente non era sicura da bere e da allora si cominciò ad usare anche l’acqua piovana.

Ancora oggi negli atolli più remoti (come nel caso che sto descrivendo), si beve acqua piovana, raccolta durante la stagione delle piogge.

L’acqua piovana viene immagazzinata in contenitori di plastica, da 2500 litri ciascuno, offerti dallo Stato Maldiviano e dalla Croce Rossa dopo lo tsunami.

L’acqua scorre dal tetto, lavato una volta l’anno, e attraverso dei tubi entra nel contenitore. Come filtro vengono usati stracci messi sulla bocca del contenitore.

Una volta riempito, il contenitore viene chiuso e usato poi per tutti gli usi domestici (Fig.1). Per l’igiene personale e il WC viene ancora usata l’acqua della lente.

In media una famiglia (6 persone) consuma 2-3 containers in un anno, per un totale stimato di 7500 litri l’anno.

Fig 1 - Contenitori d’acqua pubblici nell’isola di Magoodhoo, Faafu Atoll

Non vi sono dati circa gli effetti sulla salute di questa pratica di raccolta d’acqua (presenza di batteri, microplastiche dai contenitori d’acqua).

In ogni caso, gli abitanti stessi non considerano molto affidabile l’acqua piovana e ai bambini e ai malati danno acqua in bottiglie di plastica che arriva dalla capitale Malé.

Il caso descritto qui, e pubblicato sulla rivista Sustainability (https://doi.org/10.3390/su13063484), tratta dell’isola di Magoodhoo, Faafu Atoll, circa 800 abitanti e 133 famiglie.

Il consumo annuo d’acqua in bottiglie di plastica è stato stimato in 110400 litri l’anno. Accanto al problema idrico si affianca quello finanziario e ambientale.

L’acqua importata da Malé costa $193 l’anno a famiglia. Inoltre, le bottiglie di plastica, da 1,5 litri ciascuna, vengono poi disperse nell’ambiente: una pratica tradizionale è quella di bruciare i rifiuti sulla spiaggia a cielo aperto.

Arrivo dell’acqua in plastica a Magoodhoo

Fortunatamente, la tecnologia sostenibile viene in aiuto.

Da qui nasce il progetto di un desalinizzatore da installare nell’isola, per fornire alla popolazione acqua potabile, sicura e in misura maggiore di quella a disposizione attualmente (per tutta l’isola, 4800 litri al giorno contro i 3471 litri al giorno attuali tra acqua piovana e importata).

La scelta avviene tra tre alternative: un desalinizzatore alimentato da diesel o da impianto fotovoltaico oppure lasciare la situazione come è.

La valutazione sia finanziaria che ambientale indica che la scelta del desalinizzatore alimentato da un impianto fotovoltaico è la migliore, con un ottima profittabilità, un tempo di recupero del capitale di meno di 3 anni e il miglior impatto ambientale.

Da notare che la soluzione del desalinizzatore alimentato a diesel è la più pesante in termini di emissioni di CO2, anche in rapporto alla situazione attuale.

Il costo dell’acqua, misurato tramite il Levelized Cost of Water, nella situazione attuale pari a 22,58$/m3, con la soluzione proposta scende a $6,96$/m3.

La valutazione ambientale è stata fatta sulla base delle emissioni di CO2 ed è in realtà una sottostima del danno ambientale nel suo complesso: una ricerca recente, condotta dall’Università Milano Bicocca, effettuata proprio sull’isola di Maghoodoo e pubblicata su Marine Pollution Bulletin del 2018, ha evidenziato la presenza di microplastiche, bruciate e non, a livelli alti nei dintorni dell’isola.

Eliminare la plastica delle bottiglie d’acqua dall’uso comune diviene imperativo, a salvaguardia dell’ambiente e della salute umana.

Il caso di Magoodhoo, un’isola rurale, può essere esteso a gran parte degli atolli remoti della Repubblica delle Maldive e in generale ai SIDS. È comunque bene chiarire che i resorts turistici, spesso superlusso, e la capitale Malé, hanno affrontato il problema della scarsità d’acqua in modo diverso.

Gli impianti di desalinizzazione, installati a partire dalla metà degli anni 90 con tecnologie ormai antiche, sono alimentati a diesel (e quindi con un danno ambientale dovuto alle alte emissioni) insieme con un grande quantità di acqua minerale importata.

L’attenzione all’ambiente, di cui si parla tanto nel nostro mondo occidentale, dovrebbe essere praticata anche quando si va in vacanza, chiedendo soluzioni sostenibili.

 Il progetto è stato finanziato da MaRHE Center (Marine Research and High Education Center) e dal Ministero Italiano dell’Ambiente. MaRHE Center (https://marhe.unimib.it) è un centro di ricerca dell’Università Milano Bicocca, con sede nell’isola di Magoodhoo, Faafu Atoll, Repubblica delle Maldive.

I ricercatori di MaRHE Center praticano una politica plastic free e non consumano l’acqua importata da Malé.