L`INTERVISTA AL COMITATO DEGLI ACCADEMICI CHE HANNO FIRMATO L`APPELLO CONTRO L`OBBLIGO DEL GREEN PASS.
Milano, 7 settembre 2021. Di Giannina Puddu Voi dite che il `decisore politico` non assume responsabilità. A cosa vi riferite, in particolare?
In sostanza, l’introduzione del green pass implica una forma di obbligo vaccinale, ma senza che chi compie questa scelta abbia il coraggio di ammettere esplicitamente questa logica autoritaria.
Si finge di lasciare la scelta al cittadino, che però viene declassato: perde i propri diritti fondamentali.
Ognuno di noi può anche rifiutare il green pass (che ora non è obbligatorio), ma deve smettere di frequentare le aule universitarie (nel caso degli studenti) oppure rinunciare al proprio lavoro (nel caso dei docenti).
Oltre a questo, non essendoci un vero e proprio obbligo vaccinale anche le eventuali conseguenze di tipo sanitario conseguenti ai vaccini non sono così facilmente imputabili allo Stato (anche se in merito, ovviamente, ci sarebbe molto da dire, dal momento che tanti vaccinati l’hanno fatto non in libertà, ma a seguito di un vero e proprio ricatto).
Secondo la Costituzione “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana” e inoltre bisogna considerare quanto stabilito dal Regolamento UE 953/2021, che chiarisce che “è necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono state vaccinate” per diversi motivi o “che hanno scelto di non essere vaccinate”.
Come spiegate, dal vostro punto di vista, l`azzardo della nostra classe politica che ignora il dettato della nostra Costituzione ed anche quello del recente Regolamento UE?
È in atto una trasformazione radicale del potere (che è politico, ma non solo: dato che i governanti sono ormai tutt’uno con le grandi imprese e i media) e questo finisce per vanificare Diritto e Diritti.
Sempre più, le norme un tempo poste a tutela della società sono una molle cera nelle mani dei politici e dei loro complici, che viene manipolata a secondo dell’interesse di turno.
La nostra è una battaglia a difesa del diritto, del pluralismo, della libertà di pensiero e di opinione: contro ogni forma di scientifismo e di idolatria del potere.
Ma sappiamo anche che c’è poco da attendersi dal diritto positivo attuale, che è più uno strumento nelle mani dei governanti che una protezione dei singoli e delle comunità.
Quali Università italiane sono coinvolte nel vostro Comitato?
Tantissime… crediamo che ormai (ma dovremmo verificare) non ci sia più una sola università italiana che non abbia qualche suo docente che ha sottoscritto l’appello.
Non soltanto: la composizione ideologica dei sottoscrittori è quanto mai varia, all’insegna di un vero pluralismo di persone che sanno rispettarsi, rispettano quelli che hanno idee diverse e vogliono difendere un’idea di università quale luogo di dialoghi, controversie, dibattiti, ricerca intellettuale.
Questo modello di università è oggi minacciato dal pensiero unico del vaccinismo obbligatorio e della scienza di Stato, ma confidiamo nel fatto che la nostra resistenza produrrà risultati.
Quanti siete?
Al momento (7 settembre) siamo 600, ma il numero cresce di giorno in giorno.
Esiste un elenco pubblico dei nomi dei docenti firmatari di questo Appello?
Certamente ed è consultabile on line all’indirizzo https://nogreenpassdocenti.wordpress.com/s/
La politica ha reagito in qualche modo, facendosi carico di una cortese quanto dovuta replica e/o di un chiarimento?
Nulla: è ovvio. Chi comanda non ama le resistenze di chi – in linea teorica – dovrebbe solo obbedire.
Siamo di fronte a un intreccio tra gestione cinica del potere, arroganza da semi-intellettuali e interessi economici di enormi dimensioni.
Difficile credere che da quel mondo possa venire in qualche segnale.
Abbiamo invece molta più fiducia nel fatto che le persone comuni aprano gli occhi, si rendano conto che i diritti altrui non vanno violati in questo modo e inizino a togliere consenso a questo dominio sempre più sottilmente totalitario.