L' AGRICOLTURA ITALIANA RISCHIA DI CHIUDERE I BATTENTI. COAPI: UN PAESE SENZA CONTADINI E PESCATORI NON HA FUTURO!

L' AGRICOLTURA ITALIANA RISCHIA DI CHIUDERE I BATTENTI.  COAPI: UN PAESE SENZA CONTADINI E PESCATORI NON HA FUTURO!

GiannninaPuddu, 17 febbraio 2025

Nel periodo aprile/luglio 2024 nasceva il COAPI, come Coordinamento tra agricoltori, allevatori, pescatori e cittadini uniti contro la crisi dell’agroalimentare italiano.

Si erano presentati scrivendo:

Siamo agricoltori, allevatori, pescatori, uomini e donne che lavorano e vivono nella catena di produzione e distribuzione del cibo, tecnici impegnati con il nostro lavoro a sostenere le loro ragioni, rappresentanti di associazioni, movimenti, realtà sociali in cui ci battiamo contro la crisi del nostro agroalimentare, delle comunità rurali e cittadine relazionate ad esso, dei territori e dell'ambiente.

Proveniamo da esperienze diverse ed abbiamo storie diverse; ci siamo ritrovati nelle manifestazioni con i trattori che hanno animato dal  gennaio 2024 le mobilitazioni in tutta Italia e in Europa.

In tanti giovani, spesso per la prima volta, abbiamo lasciato i nostri campi e le stalle o siamo scesi dai nostri motopesca  invadendo le strade con la nostra indignazione per rivendicare il futuro ad una vita degna negato da un modello agroalimentare che svuota di diritti il cibo, la sua produzione, la sua fruizione regalandone il dominio alla speculazione finanziaria e commerciale.

Altri, in diversi, veniamo da lotte di resistenza contro la crisi che nei decenni scorsi hanno animato le campagne italiane elaborando e avanzando proposte di Riforma e soluzioni per restituire dignità a chi lavora la terra e nel mare (siano essi imprenditori o dipendenti), ai consumatori e alle comunità urbane e rurali.

In molti, siamo impegnati ad affermare i modelli positivi di una agricoltura contadina e di una pesca artigianale fondata sul rispetto della terra, del mare e dei territori, praticando scelte ispirate all’agroecologia, al rispetto del lavoro, alla relazione positiva fra produttori e cittadini fruitori.

In assemblea, il 28 febbraio 2024 alla Città dell’Altra Economia a Roma, abbiamo deciso di lavorare all’unità di quanti si stanno battendo contro gli effetti della globalizzazione neoliberista dell’agroalimentare dei mercati senza diritti e senza giustizia sociale, ambientale ed economica.

L’Unità del Movimento dei produttori è, per noi, non solo un obiettivo indispensabile ma la prima condizione per lavorare all’alleanza con tutti i cittadini,  fondamento strategico per conseguire il cambiamento economico e sociale dentro cui far valere il diritto al reddito per le imprese, al salario ed alla dignità del lavoro per i braccianti, ad un cibo sano e garantito per tutti i fruitori, a territori tutelati con comunità e campagne vive con uomini e donne al lavoro.

Per tutto questo, dopo una lunga serie di incontri e approfondimenti seguiti all’Assemblea del 28 febbraio 2024, abbiamo deciso di dare vita al Coordinamento Agricoltori e Pescatori Italiani, come prima istanza utile alla nascita di un movimento ampio e popolare per salvare l’agricoltura, la pesca e l’agoalimentare italiani. 

Dal Sito di COAPI, un testo che contiene un accorato e fondato appello:

E’ ufficialmente attiva e pubblicata la petizione di sostegno alla lettera aperta rivolta al Presidente della Repubblica italiana ed al Governo.

Approntata la scheda con le istruzioni operative, da oggi 11 febbraio 2025 la petizione è firmabile online e sono in distribuzione i moduli per la raccolta delle firme ai banchetti presso i presidi e le altre iniziative messe in campo dal Consiglio Unitario della Mobilitazione contro la crisi.

Mentre, in diverse regioni italiane, con presidi, cortei di trattori e manifestazioni prosegue la Campagna di iniziative contro la crisi delle piccole e medie imprese dell’agricoltura e della pesca, il Consiglio Unitario della mobilitazione mette in campo una serie di strumenti orientati e rivolti alle istituzioni ed alla politica.

Sono molti in queste ore gli incontri con i Sindaci sollecitati dalla Rete dei Municipi Rurali ad adottare atti di sostegno concreti delle richieste comprese nel documento a base della Campagna sullo STATO DI CRISI, cosi come diversi sono gli incontri con le Prefetture di diverse province in tutto il Paese.

Tutti i materiali relativi alla petizione di sostegno alla lettera aperta “Un Paese senza agricoltori, allevatori e pescatori non è libero” sono pubblicati e raccolti nella sezione dedicata del sito di riferimento alle pagine https://coapi.sovranitalimentare.it/la-lettera-al-presidente-della-repubblica-istruzioni-e-organizzazione-della-petizione/

Da qui, oltre che scaricare materiali e prendere visione delle istruzioni sulla gestione operativa della petizione e verificarne l’andamento, si può leggere il testo predisposto dalla Rete di Municipi Rurali che invita i cittadini ad aggiungere una loro firma al messaggio inviato al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella e ai massimi rappresentanti del Governo (la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni ed il Ministro all’Agricoltura, Sovranità Alimentare e Foreste, Francesco Lollobrigida.

Si legge nella lettera aperta: ” Aggiungo la mia firma alla Lettera aperta proposta dalla Rete dei Municipi Rurali per sollecitare il vostro intervento in risposta al grido di allarme di quanti lavorano la terra e nel mare e per attuare un piano straordinario per salvare le piccole e medie aziende produttive, i territori, il diritto al cibo e la Sovranità Alimentare e perché, come cittadini, non possiamo tollerare di perdere uno dei primi presidi della democrazia: il patrimonio di saperi di chi, lavorando nella terra e nel mare, ha contributo a fare grande e unico il nostro Paese.

Il Made in Italy non può essere solo una piattaforma commerciale!

Oliviero Maggi,  da Casteggio, su il POPOLO di Tortona, ha spiegato "cosa chiedono gli agricoltori al Governo":

È tornata in Oltrepò la protesta dei trattori.

A un anno dai cortei nei principali centri del territorio, gli agricoltori di “Riscatto Agricolo Lombardia” e “Coapi” (Coordinamento agricoltori e pescatori italiani) hanno organizzato da dieci giorni un presidio al casello autostradale della A21 di Casteggio per chiedere, insieme ai colleghi di altre parti della regione, lo stato di crisi nazionale del settore agricolo.

Domenica scorsa i manifestanti hanno chiamato a raccolta i sindaci del territorio per farsi conoscere e spiegare le loro ragioni.

Erano presenti al presidio diversi amministratori, il presidente della Provincia, Giovanni Palli, e l’assessore regionale Elena Lucchini.

«La risposta dei sindaci è stata molto positiva, ci siamo fatti conoscere e ora aspettiamo che portino in consiglio la delibera con la richiesta alla Regione di attivazione dello stato di crisi nazionale del settore agricolo, che provvederà a inoltrarla al Governo» – sottolinea Enrico Chioettoportavoce degli agricoltori pavesi.

Una settimana fa una delegazione ha incontrato anche il sindaco di Pavia, Michele Lissia, mentre il prossimo 12 febbraio i manifestanti saranno ancora in Regione per un’audizione in commissione Agricoltura.

Se la protesta del 2024 aveva dato rappresentatività istituzionale agli agricoltori, che si erano seduti ai tavoli in Regione, ora i presidi puntano a creare un coordinamento nazionale per trattare con il Governo: la proclamazione dello stato di crisi consentirebbe di attivare misure straordinarie di sostegno al settore, come una moratoria dei debiti che gravano sulle aziende agricole, il riconoscimento del giusto prezzo dei prodotti e l’abbattimento dei costi di produzione (carburanti energia), contrasto alla concorrenza e alle pratiche sleali, misure straordinarie di soluzione alle emergenze ambientali (siccità, fauna selvatica, malattie).

«L’Oltrepò pavese agricolo sta soffrendo molto.– conclude Chioetto – Per quanto riguarda il settore vitivinicolo, il 2024 è stato disastroso: le aziende hanno speso centinaia di migliaia di euro per i trattamenti contro le malattie e, in determinate zone, hanno comunque avuto perdite dell’80% e molte ora sono sul lastrico, a rischio chiusura.

Parlando del bacino cerealicolo di pianura, invece, non è proponibile vendere una materia prima a 20 centesimi al chilo per poi avere il pane che costa 5 o 6 euro al chilo: puntare ad avere un guadagno in più per noi non deve ripercuotersi sui bilanci delle famiglie, che già fanno fatica».