Jp Morgan, cadono le prime teste dopo lo scandalo
Jamie Dimon, il superbanchiere di Wall Street passato quasi indenne dalla crisi dei subprime e uno dei più spavaldi protagonisti della finanza a stelle e strisce, chiede scusa e promette di andare fino in fondo nello scandalo che ha investito la sua Jp Morgan.
Una promessa che fa temere un taglio dei bonus del 50% da parte dei soci e che si traduce nella caduta delle prime teste: tre manager - riporta il Wall Street Journal - lasceranno già nei prossimi giorni, entro la settimana. Ad andare via, anche se la tempistica non è ancora chiara sarà anche Bruno Michel Iklis, la `Balena di Londrà, il trader con una posizione così grande da influenzare il mercato dei credit default swap. Secondo il Wall Street Journal, a lasciare in settimana saranno Ina Drew, che dal 2005 è responsabile del risk management della divsione che ha registrato i 2 miliardi di dollari di perdite; Achilles Macris, il capo della `Balena di Londra alla guida del desk che ha effettuato le scommesse andate male; e Javier Martin-Artajo, uno dei manager dello staff di Macris. Il maxi-buco da due miliardi di dollari registrato dalla banca sul trading in conto proprio fu un «terribile, oltraggioso errore» per il quale «quasi non ci sono scuse» e «la banca dovrà pagarne il prezzo», dice Dimon ai microfoni della Nbc. Parole mai sentite prima da uno dei più celebrati banchieri americani, capace di portare Jp Morgan a scalare una montagna di utili, e di bonus per i suoi banchieri, anche nei momenti più difficili degli ultimi cinque anni. Ma incapace di rendersi conto di quello che stava esplodendo quando, nelle scorse settimane, le operazioni della `Balena di Londrà stavano per causare una maxi-perdita che potrebbe salire a tre miliardi, e secondo qualcuno sollevare il velo su operazioni spericolate che sono pratica frequente nei grattacieli di New York, Londra e altre capitali finanziarie. Mi ero «completamente sbagliato», dice Dimon intervistato nella trasmissione `Meet the Press` riferendosi a quanto aveva affermato ad aprile, quando aveva bollato il clamore creato dal `bucò una «tempesta in un bicchier d`acqua». Allora - spiega il banchiere - non conosceva le dimensioni del problema. Lo hanno costretto a fare ammenda gli azionisti, cui ha causato uno scivolone del 10% del valore delle azioni. La stampa finanziaria ha iniziato a scavare, e si è scoperto che il trader francese Bruno Iksil protagonista delle operazioni, era autorizzato dall`alto: stava facendo trading sui derivati del credito per coprire i rischi dovuti all`esposizione della banca verso i mercati europei. È stato fin troppo facile, per Dimon, spiegare che la banca stava facendo trading non per fare utili, ma per ripararsi dai rischi finanziari. Non tutti sono d`accordo con lui a Washington: Carl Levin, un agguerrito senatore democratico, Š convinto che «non si trattava di attività per ridurre i rischi. Al contrario, li hanno aumentati». Levin è convinto che le banche perderanno il braccio di ferro con il presidente Obama che sta cercando di imporre la `Volcker Rulè, un giro di vite proprio sul `proprietary trading`. La lobby finanziaria ha intenzione di utilizzare una serie di cavilli - Levin ne è convinto - per esentare dalla stretta normativa operazioni come quelle fatte dalla `Balenà londinese. Ma paradossalmente proprio l`errore di Jp Morgan rischia di spianare la strada alla stretta voluta da Obama.