Investire in una piccola azienda, ecco le 10 regole d`oro

Del perché e del come investire in una piccola azienda voglio scrivere non solo perché ho ideato e fondato BacktoWork ed oggi guido la società che il Gruppo 24 Ore ha voluto creare per proporre il modello con tutta la sua “forza” e “credibilità”, ma perché ho provato personalmente a intraprendere opportunità come quelle proposte da BacktoWork24: da manager ho investito in questi ultimi anni in piccole imprese traendone  soddisfazioni veramente importanti.

Tre motivi per investire in piccole imprese

1) Investire in una piccola impresa italiana permette ad  un professionista  di costruirsi un’alternativa professionale valida e financo prestigiosa. Quindi una piccola azienda non vuol dire un “piccolo lavoro” e una carriera ” minore”.
Ci sono infatti, tra le centinaia di migliaia di piccole imprese italiane, tante vere aziende leader nei  propri mercati. E moltissime con storia, brand e prodotti di qualità e prestigio, note, talune notissime, in Italia e nel mondo.

2) Si ha la possibilità di dedicarsi con il cuore e la passione ad un progetto potendo “provare” veramente quanto si è capaci. Verificando  bene i risultati  che si è in grado di produrre. Infatti in una azienda di piccole dimensioni l’utilizzo “a fondo” delle proprie  competenze, sapere ed esperienza è il contributo più importante e determinante per creare possibilità di crescita e produrre i risultati. Una condizione questa rara, molto rara, nelle aziende di medie e grandi dimensioni. In una piccola impresa Il merito è necessario ed appare evidente: siccome non ci sono strutture organizzative complesse è evidente quale e di chi possa essere il contributo determinante.

3) Le piccole imprese richiedono inoltre l’attitudine ad una gestione complessiva del business, ad una visione ampia del proprio ruolo. L’esigenza primaria è essere pienamente trasversali e contemporaneamente estremamente efficienti. Una sfida affascinante che impone a molti la “rottura” di schemi ingessati, e quindi una nuova vita professionale.

 

Le 10 regole (quelle che io suggerisco) per scegliere una piccola azienda

1) Il brand, la qualità del prodotto e la reputazione sul mercato sono i primi “asset” da valutare. Infatti, se questi sono “sostanziosi” rappresentano la base determinante per costruire una strategia commerciale, un buon marketing  e una possibile internazionalizzazione. Questi “asset” sono più importanti di un bilancio florido o, al contrario, con qualche criticità.

2) Valutate se l’azienda dovesse richiedere troppi investimenti sul prodotto perché – ad esempio – questo non è più valido. Il rischio è di dedicare troppe risorse a progetti e produzione e di non averne più da investire per andare sul mercato.

3) Non concentrarsi troppo sulla valutazione delle capacità produttive. Oggi trovare chi produce è la cosa più semplice.

4) La cosa più difficile è vendere.

5) Non valutare i mercati e le aziende piccole solo con analisi ”macro”. Oggi ogni mercato è fatto da una miriade di nicchie. Nicchie geografiche, culturali, economiche. Le piccole aziende sono per propria “costituzione” aziende di nicchia che non necessariamente vivono, subiscono, godono dei dati macro del “macro” mercato di appartenenza. Se l’industria dell’auto crolla, cresce in buona parte del mondo quella delle auto elettriche. Se le moto “industriali” non si vendono, il settore delle custom cresce a cifra doppia. Se gli abiti di seta non si vendono più tira,  in Italia e all’estero, il cachemire prodotto  in Italia.
E contemporaneamente si deve considerare che una “nicchia”, una volta che ci si affaccia  al mondo, offre numeri  da nicchie “mondiali” .

6) Evitare di investire su prodotti troppo legati alle mode. Il rischio di essere eccessivamente legati ai mutamenti del mercato rende il nostro investimento molto più fragile  perché è tutto assorbito da un continuo rinnovamento del prodotto a scapito dello sviluppo commerciale.

7) Nelle piccole aziende il titolare, il fondatore della stessa, è soprattutto colui che sa tutto sul proprio prodotto. Lasciate a lui quest’area. Non pretendete di sostituirvi alla sua competenza. Completate tutto il resto che manca: la gestione e i costi; la strategia commerciale e il marketing; lo sviluppo dei mercati internazionali e il consolidamento della rete di vendita, il rinnovamento dei concessionari, lo sviluppo di nuovi mercati. Insomma marcate bene gli ambiti di competenza. Esaltate le capacità progettuali di chi ha creato quel prodotto e quell’impresa e concentratevi sullo sviluppo commerciale, l’ efficienza e la crescita.

8) Valutate l’esistenza  di una filiera di buoni fornitori. Buoni perché lavorano bene e sono affidabili. Ma soprattutto verificate che ci siano subito utili alternative. Spesso i fornitori “storici” si sono assicurati un ruolo privilegiato perché hanno “iniziato” con il titolare. E soprattutto perché tutto è «sempre andato bene perché si è sempre fatto cosi». Il che vuol dire che nessuno gli ha chiesto di poter fare meglio ad un costo migliore. Oggi c’è una offerta di produzione straordinaria.

9) Analizzate bene la clientela attuale e quella storica. Spesso dalle loro motivazioni ricavate le conferme di cosa va bene e di cosa si deve fare per andare meglio. Ma soprattutto valutate l’azienda dal livello di fidelizzazione con la propria clientela.

10) Da ultimo. Considerate l’azienda dove entrate come soci non solo una proprietà. Continuate a fare bene i manager.

Scritto da Carlo Bassi Amministratore Delegato BacktoWork24

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