INTERVISTA A MICHELE PALA. L'AVVOCATO PROMOTORE DEL REFERENDUM CONTRO L'ASSALTO SPECULATIVO ENERGETICO IN SARDEGNA

INTERVISTA A MICHELE PALA. L'AVVOCATO PROMOTORE DEL REFERENDUM CONTRO L'ASSALTO SPECULATIVO ENERGETICO IN SARDEGNA
AVV. MICHELE PALA

Giannina Puddu, 24 luglio 2024.

L'avvocato Michele Pala, nuorese, è una nuova celebrità sarda per aver promosso il Referendum contro l'assalto speculativo energetico nella nostra Sacra Terra di Sardegna.

Ho voluto intervistarlo per approfondire e diffondere la notizia di questa sua pregevole iniziativa che risponde, senza indugio e con grande amore per la Sardegna che chiama in soccorso tutti i suoi figli.

Avv. Michele Pala, ormai, si parla di lei in tutta l'isola di Sardegna e fuori, come promotore della raccolta firme necessarie al lancio di un Referendum avente ad oggetto il quesito rivolto ai cittadini sardi: Volete voi che il paesaggio sardo terrestre e marino sia modificato con l'installazione sul terreno e in mare di impianti industriali eolici e/o fotovoltaici per la produzione di energia elettrica? 
Perchè ha deciso di percorrere questa strada anzichè altre? Quali valutazioni giuridiche ha fatto?
 
Innanzitutto occorre premettere che il Dpcm del 29 marzo 2022 a firma Draghi, Cingolani, Giorgetti e Giannini, in adesione alle politiche europee per la transizione energetica e la sostenibilità ambientale ha fissato per la Sardegna le tappe dell'abbandono del carbon fossile per la produzione di energia elettrica.
Si prevede che entro il 2030 i distretti industriali del Sulcis e di Porto Torres nonchè i bacini di consumo della città metropolitana di Cagliari e della città metropolitana di Sassari siano alimentati con il gas liquido che verrà stoccato e rigassificato a Porto Vesme ed a Porto Torres.
Si prevede inoltre che anche Oristano e zone limitrofe sia servito dal gas.
Il medesimo Dpcm prevede inoltre che in Sardegna siano prodotti 5,50 Gw di corrente elettrica da energie rinnovabili e precisamente da impianti industriali eolici e fotovoltaici.
Questa previsione è stata successivamente aumentata fino a 6,2 Gw che però in assenza di un tetto massimo, viste le numerose autorizzazioni richieste, si attesta oggi su 56 Gw, una quantità di energia che potrebbe soddisfare le necessità della metà delle famiglie italiane!
Nessun territorio rimarrebbe fuori dalla mutazione industriale e ciò determinerebbe un vero disastro ambientale per il paesaggio rurale sardo che subirebbe una irreversibile trasformazione in danno delle attività economiche, del patrimonio archeologico, della cultura  e della stessa identità dei sardi.
Fatta questa doverosa premessa, abbiamo deciso di percorrere la strada del referendum regionale consultivo perchè il citato Dpcm, a firma Draghi, ha totalmente escluso dal processo decisionale i Comuni e le comunità locali.
In buona sostanza i sardi subiscono le decisioni assunte dal Governo Nazionale e dalla Comunità Europea su di un sostanziale cambio di destinazione d'uso del territorio sardo, senza che la popolazione sia mai stata consultata.
Se questa è l'Europa dei Popoli, vien da dire che proprio il popolo sia il grande escluso da questo enorme processo di mutazione industriale.
Per questa ragione abbiamo ritenuto che consultare i sardi avrebbe avuto l'effetto di sanare almeno in parte un vulnus democratico che non ha precedenti nella storia dei rapporti tra lo Stato e la regione autonoma della Sardegna.
Quanto alle valutazioni giuridiche devo dire che il quadro normativo è molto chiaro.
Come è a tutti noto le norme nazionali prevalgono sulle norme regionali e ciò accade anche nelle materie di competenza primaria della regione nel caso in cui lo stato abbia posto il prevalente interesse nazionale.
Infatti, anche le materie di competenza primaria come l'urbanistica sono soggette al limite del rispetto dei principi costituzionali ed al rispetto del prevalente interesse nazionale.
Nel nostro caso il Dpcm del 29 marzo 2022, a firma Draghi, pone il prevalente interesse nazionale e ciò gli consente di prevalere dinanzi alla Corte Costituzionale nel possibile conflitto con norme regionali di competenza primaria.
Sostenere il contrario significherebbe affermare che la Sardegna sia uno stato con propria sovranità, il che per alcuni sarebbe auspicabile, ma totalmente difforme dalla realtà storica, politica e giuridica dei rapporti con lo stato nazionale.
Dunque non esiste una via giudiziaria che possa arginare ciò che sta per accadere e neppure, come precisato dallo stesso Dpcm del 29 marzo 2022, sono possibili moratorie che possano rallentare delle procedure amministrative necessarie alle autorizzazioni.
Ciò che realmente può cambiare le cose è un chiaro risultato referendario con il quale il popolo sardo in modo unitario ed istituzionale chieda la tutela del paesaggio sardo e formuli il proprio dissenso rispetto al piano di devastazione ambientale dell'isola.
Rispetto ad una tale espressione democratica non si vede come la politica, soprattutto quella nazionale che potrebbe concretamente porre rimedio, possa ancora far finta che nulla stia accadendo.  
  
Ho notato che molti sindaci, non solo  stanno allestendo basi presso le loro sedi per la raccolta delle firme come dovuto, ma le stanno offrendo anche un concreto supporto "politico". Qual è, secondo la sua stima, il livello di condivisione della sua iniziativa, presso i sindaci sardi? Vuole, gentilmente, fare qualche esempio di sindaci schierati contro questo assalto?
 
E' vero, oramai sono moltissimi i sindaci e gli amministratori comunali che stanno collaborando con la nostra iniziativa referendaria, elencarne alcuni e dimenticarne altri sarebbe fare un torto al grande sostegno che stiamo ricevendo.
La gran parte di loro condividono l'obiettivo della salvaguardia del paesaggio sardo dalla sua trasformazione industriale, ma tutti hanno certamente apprezzato che su un tema di tale importanza si sia voluto coinvolgere le popolazioni dell'isola, tenute all'oscuro di quanto stava accadendo ed escluse dai processi decisionali.
Credo che alla fine del mese di agosto saremo in grado di ringraziare pubblicamente tutti i Sindaci e gli amministratori che con il loro apporto stanno rendendo possibile la tutela del paesaggio dell'isola e la difesa della stessa identità del popolo sardo. 
 
Qual è, secondo la sua valutazione, l'atteggiamento reale della Presidente Todde riguardo l'assalto speculativo energetico alla Sardegna? Cosa dovrebbe e potrebbe fare, Alessandra Todde, che non sta facendo per stoppare questo assalto? 
 
Innanzitutto occorre ricordare che la Todde presiede la maggiore istituzione autonomistica della Sardegna e come tale ha tutta la responsabilità politica della gestione dei rapporti tra Stato e Regione.
In secondo luogo occorre rammentare che le norme nazionali possono essere modificate dal Governo nazionale e dal Parlamento, gli unici che possono sospendere l'assalto eolico. 
Orbene, considerato che la Presidente Todde proviene dal partito dei 5 stelle che si colloca all' opposizione del governo Meloni, non si comprende per quale motivo non abbia instaurato un confronto con il Governo per opporsi alla devastazione del paesaggio dell'isola e far valere politicamente le ragioni della autonomia speciale.
La Presidente avrebbe potuto valorizzare il referendum regionale consultivo domandando al Governo Nazionale che, in attesa del risultato referendario, fossero immediatamente sospese le attività e le pratiche amministrative per l'installazione degli impianti eolici e fotovoltaici.
Invece, nulla di tutto questo: da un lato si è guardata bene dall'intraprendere una battaglia con il Governo Meloni, dall'altro non ha mai neppure dichiarato alcun personale sostegno alla consultazione referendaria tanto da far pensare che per la Presidente l'espressione democratica delle popolazioni più che un contributo sia un problema, un' inutile perdita di tempo.
Se ciò non bastasse, le iniziative assunte dalla regione sarda si dimostrano del tutto inefficaci e a dire il vero, anche se lo fossero, non farebbero altro che rinviare il problema destinando al disastro un numero indefinito di così dette "Aree Idonee".
Ciò appare in netto contrasto rispetto al comune sentire dei sardi che, almeno nella nostra esperienza, sembrano ritenere che nel territorio sardo non vi siano aree naturalmente candidate alla devastazione.
 
Io credo che noi sardi, attraverso le manifestazioni, i presidi, le interviste come questa a lei, gli scritti vari, miei e di altri, con Mauro Pili che non perde occasione per esprimere il suo argomentato dissenso, e con le iniziative come questa sua, riusciranno ad evitare lo sfregio della Sacra Terra Sarda, lo crede anche lei? Perchè? 
 
Si, ci credo fermamente!
L'espressione democratica del popolo sardo sul destino del proprio territorio non è un dato sul quale la politica possa far finta di niente.
Certo, è vero che in altre occasioni alcune pronunce referendarie non sono state tenute nella dovuta considerazione, ma "il caso Sardegna" è emblematico perché si sviluppa per la realizzazione della agenda europea 2030 e dunque delle politiche per la transizione energetica.
Nel nome di queste scelte si dispone la trasformazione del paesaggio rurale in paesaggio industriale e ciò un danno delle attività produttive, dello stesso patrimonio ambientale ed archeologico, della cultura e della identità dei sardi.
Ci sono due modi per scacciare un popolo dalla sua terra: uno è l'uso della forza e della violenza che spinge all'esodo, l'altro è la profonda trasformazione del suo territorio fino a renderlo irriconoscibile persino ai suoi abitanti.
Sarebbe questa la tanto osannata Europa dei Popoli?
L'adesione alla Unione Europea fino a che punto può giustificare il sacrificio di un intera isola nel nome delle politiche ambientali comunitarie? 
Queste sono solo alcune delle doverose domande alle quali la classe politica sarda dovrà comunque rispondere se non voglia perdere anche l'ultimo residuo di credibilità ed imporre ai sardi la sua stessa sostituzione per conclamata inadeguatezza.  
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