Inps, si può andare in pensione a 62 anni ma con assegno ridotto
Il governo Letta entro settembre dovrà attuare le modifiche sulla riforma Fornero delle pensioni, il provvedimento assicura sì risparmi per 80 miliardi, ma, come precisato dal ministro del Lavoro Giovannini, “prevede un contesto economico in crescita`, essendo attualmente l’Italia lontana da tale contesto, si farà retromarce. Sarà dunque possibile andare in pensione prima dei 66 anni, età prevista dalla riforma Fornero, se si sono versati già 35 anni di contributi.
Si potrà decidere di andare in pensione a partire da 62 anni ma con un assegno previdenziale ancora più leggero di quello attuale, già perché le penalità saranno progressive, prima si decide di uscire dal mondo del lavoro è più cospicuo sarà il taglio alla pensione. Queste le penalità: Dell`8% a 62 anni, del 6% a 63, del 4% a 64. Per chi, al contrario, decidesse di lavorare oltre i 66 anni, ci sarebbe un premio: pari al 2% a 67 anni e al 4% a 68.
I vantaggi dovrebbero, a parere del Governo, essere almeno due: il primo riguarda i lavoratori maggiormente liberi di decidere l’età del proprio pensionamento, sebbene questo implichi un sistema di premi o punizioni, il secondo riguarda, invece, le imprese, e concerne la flessibilità, senza lavoratori che vanno in pensione, diventa sempre più complesso creare nuovi posti di lavoro per i giovani.
Il problemi però permangono e gli equilibri dei conti statali vacillano sempre di più, una penalizzazione dell’8% non è sufficiente per mandare in pensione un lavoratore e per mantenere inalterati i saldi previdenziali. Consideriamo che su ogni stipendio, azienda e lavoratore pagano un’aliquota pari al 33%, se l’uscita anticipata, fine dei versamenti all’Inps dunque, non viene rimpiazzata da nuovi posti di lavoro e quindi da nuovi versamenti, le cose peggioreranno inesorabilmente, come i saldi previdenziali.
Serviranno dunque ulteriori soldi per coprire le pensioni anticipate, da male in peggio.
E poi qualcuno ha pensato alla volontà dei lavoratori? Con l’introduzione del metodo contributivo che prevede una pensione pari ai contributi versati, l’assegno Inps si è ridotto moltissimo, al punto che in alcuni casi, come ha sottolineato la Ragioneria dello Stato, facendo l’esempio dei lavoratori autonomi, la pensione è circa la metà dell’ultima busta paga. E su un assegno già minimo di 1000 euro, un ulteriore decurtazione dell’8% significherebbe percepire mensilmente 80 euro in meno, non poco.
Quanti lavoratori saranno in realtà disposti dopo una vita di lavoro a ritirarsi 4 anni prima, quindi ormai prossimi comunque alla pensione, con la consapevolezza di ottenere un assegno ancora più risicato?