Inps, il buco dell’Inpdap è solo la punta dell’Iceberg
Il Sussidiario.it, tempo fa, ha intervistato il docente di Economia politica all’Università di Pisa, Luca Spataro, esperto di sistemi previdenziali. L’intervista, seppur paia datata ottobre 2012, è più che mai attuale e permette di chiarire alcuni aspetti di rilievo sul buco dell’Inps-Inpdap.
Ne riportiamo alcuni tratti significativi, parafrasandoli, perché siamo certi permetteranno a molti cittadini e pensionati di comprendere maggiormente una situazione che ha del paradossale: dal 2015 le casse dell’Inps potrebbero essere vuote e potrebbero mancare, quindi, i soldi per pagare regolarmente le pensioni.
Alla domanda “A risultare fallimentare è stata la fusione”? Il docente ha risposto dicendo che la fusione è stata fatta in un’ottica di razionalizzazione degli enti previdenziali che in Italia sono fin troppo numerosi; si è resa necessaria quindi per abbattere i costi. Ma il guaio è stato che si è scoperto che l’Inpdap aveva un problema contabile poiché le Amministrazioni Pubbliche non versavano la quota dei contributi previdenziali di loro competenza. Ciò si è potuto fare perché il nostro sistema è a ripartizione, ma a lungo andare la situazione diviene insostenibile.
“Che cos’è il sistema a ripartizione?” I contributi dei lavoratori non vanno ad alimentare un fondo di investimento, servono a finanziare le pensioni correnti. Con la promessa che quando gli attuali lavoratori andranno in pensione le generazioni future faranno lo stesso con loro. Ci verrebbe da aggiungere, se solo i giovani avessero il lavoro, altrimenti il sistema è già destinato a fallire.
In che senso , come ha scritto il “Corriere” lo Stato evadeva i contributi? L’aliquota previdenziale del 33% è suddivisa in 2 parti, una la paga direttamente il lavoratore in busta, l’8,75%, l’altra il 24,2%, per i dipendenti pubblici deve essere versata dallo Stato e dalle altre amministrazioni all’istituto di previdenza competente. Qualcosa non ha funzionato, la quota non è stata versata regolarmente, e quindi si sono accumulati debiti che adesso , specie dopo la fusione, sono venuti a galla ed hanno impattato negativamente sul bilancio dell’Inps, che in precedenza godeva di ottima salute. Il docente aggiunge “Quella emersa è solo una parte del problema” .
“Che cosa ci dobbiamo aspettare ancora?” Il problema potrebbe toccare anche la previdenza integrativa, i lavoratori delle imprese private, più di 50 dipendenti, che hanno deciso di lasciare il loro Tfr all’azienda, versano i loro contributi al fondo di tesoreria dell’Inps. Dal 2010 queste somme sono state prelevate per alimentare la spesa corrente dello Stato. Si è trattato di una misura di emergenza, ma queste somme, che devono essere contabilizzate sulla previdenza integrativa, devono ovviamente essere ripristinare, altrimenti si rischia di alimentare il debito pubblico.
I fondi integrativi dei dipendenti pubblici sono al sicuro? No anche questi come Espero, fondo dei dipendenti della scuola, sono a rischio, si tratta di un’altra anomalia, tra 20 o 30 anni lo Stato potrebbe non avere i soldi per erogare le pensioni integrative di questi lavoratori.
Si spera che al più presto venga fatta chiarezza e che vengano attuate misure cautelative nei confronti di tutti i lavoratori e pensionati che stanno vivendo con giusto allarmismo questa situazione, non è possibile che per gli errori dello Stato paghino sempre i più deboli.
Erica Venditti