Imprese, in tempo di crisi il boom delle Private Label

In un periodo di crisi economica come quello attuale in cui i consumatori cercano di risparmiare in qualsiasi settore, è facilmente comprensibile l’espansione di un nuovo tipo di consumi.

Imprese, in tempo di crisi il boom delle Private Label

Si tratta delle Private Label, ossia le marche private, quei prodotti messi appunto in vendita con la marca del distributore, pensiamo a Coop Italia, Esselunga, Pam.
Questa tipologia di prodotti ha il vantaggio dei costi contenuti, in quanto viene meno la componente del costo di marketing dei prodotti che possiedono un brand, e ne traggono vantaggi sia il distributore che il consumatore. Il primo a margini di guadagni maggiori dal momento che vengono meno le spese relative alla pubblicità; il secondo può contare sulla qualità analoga a quella dei marchi noti ma a prezzi decisamente più vantaggiosi. La marca privata è indice di sicurezza perché sponsorizza l’immagine dell’insegna, della sua convenienza e della sua qualità.
È cresciuta la quota di mercato dei prodotti con marca privata, a detta dei dati elaborati dall’istituto di ricerca Nielsen dal 2003 al 2012 la crescita dei prodotti Private Label pare inarrestabile. La spesa per questa tipologia di prodotti, infatti, é passata dall`11,3% al 17,6% del totale.
Guido Cristini, docente di marketing all’Università di Parma, sostiene che “la definitiva consacrazione del Private Label sia avvenuta soprattutto negli ultimi mesi del 2012”.  Prosegue “il recinto emozionale fornito dai grandi brand si sta restringendo, per dare spazio alla pressione promozionale del distributore, che è capace di fornire una scontistica maggiore al cliente”.
Sebbene in Italia si tratti ancora di un segmento di nicchia nei consumi di massa, specie se confrontati con i volumi molto più elevati degli altri Paesi europei; in Gran Bretagna supera il 40%, in Francia si attesta sul 34%, è chiaro che anche a causa delle ristrettezze economiche gli italiani si stiano avviando verso un “nuovo” tipo di consumi, rinunciando più spesso alle storiche grandi marche per risparmiare tra il 30% e il 40% mentre fanno la spesa.

Erica Venditti, Dottore di ricerca in Ricerca Sociale e Comparata.
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