Il taglio dei tassi in Cina: un attacco preventivo?
Dopo aver provato per mesi a ridurre il coefficiente di riserva obbligatoria delle banche, giovedì le autorità cinesi hanno avviato una nuova fase di supporto per favorire un soft-landing dell’economia.
La banca centrale ha tagliato il tasso di riferimento di 25 punti base, portandolo al 6,31%, con una decisione che ha sorpreso in positivo i mercati, spingendo al rialzo gli indici in tutta la regione.
Cosa ci rivela questa manovra circa il vero stato dell’economia cinese?
Il taglio del tasso di riferimento, il primo dal 2008, è stato accompagnato da una riduzione dei tassi sui depositi, confermando la nostra convinzione che il Governo sia pronto a rispondere con determinazione al rallentamento dell’economia. Tuttavia questa mossa, che è giunta prima di quanto avessimo previsto, potrebbe rappresentare un’azione preventiva della banca centrale mirata a controbilanciare i deboli dati economici che saranno pubblicati probabilmente durante il fine settimana. Benché il rallentamento sia tutt’altro che terminato, l’intervento di ieri conferma la nostra idea che la Cina non subirà un hard-landing nel 2012. In particolare, è importante notare che la banca centrale dispone di molti altri strumenti per stimolare la crescita se necessario. Prevediamo che nei prossimi mesi il governo rafforzerà le misure di sostegno (sia monetarie, che fiscali), adoperandosi per stabilizzare quanto più possibile l’economia al fine di agevolare un ordinato passaggio dei poteri alla fine dell’anno.
Prossimi passi?
Nonostante la mossa di ieri, non ci aspettiamo di osservare, in quest’occasione, un’azione di stimolo su grande scala come quella attuata nel 2009. Riteniamo invece che il governo varerà una serie di interventi di stimolo più mirati (tra cui, probabilmente un’ulteriore riduzione del coefficiente di riserva obbligatoria, prestiti alle piccole e medie imprese, sgravi fiscali e riduzioni moderate dei tassi). Parallelamente al taglio del tasso di riferimento, la banca centrale ha autorizzato gli istituti bancari a innalzare i tassi passivi fino a un massimo del 110% del benchmark (a fronte del 100% consentito in passato) e a ridurre i tassi attivi fino a un minimo dell’80% del benchmark (dal 90% precedente). Questi provvedimenti costituiscono chiaramente un ulteriore passo verso la piena liberalizzazione dei tassi d’interesse e la riforma finanziaria. Tali misure dovrebbero consentire al nuovo governo di far approvare alcune riforme strutturali più rigorose e meno popolari dopo il suo insediamento.
Un provvedimento positivo o negativo per le banche?
Il settore bancario cinese resta attualmente oggetto di notevole attenzione. L’intervento di ieri provocherà di fatto un’impennata dei tassi sui depositi vincolati e un taglio dei tassi attivi, mettendo pressione sui margini delle banche nei prossimi 12 mesi. Nel complesso la mossa della banca centrale è stata un primo passo verso la deregolamentazione dei tassi, innalzando il tetto ai tassi passivi e abbassando la soglia di quelli attivi. Le banche con una posizione più forte in fatto di depositi (una quota più elevata di depositi a vista) avranno la meglio in questo contesto. Un’altra importante implicazione per le banche è che il taglio dei tassi attivi continuerà a gravare sui rendimenti dei prodotti di gestione patrimoniale. Ciò potrebbe accrescere il rischio per gli utili bancari nel breve termine, nella misura in cui ridurrà gli afflussi verso tali prodotti. Questo potrebbe provocare alcune insolvenze su attività che non si trovano attualmente nei bilanci delle banche, ma che queste ultime saranno costrette ad assorbire.
A cura di SCHRODERS