Il promotore che verrà...estinzione o ridimensionamento darwiniano
Il grande Lucio Dalla se ne è andato, ma ci ha lasciato almeno una canzone per pensare al futuro. Caro amico, ti scrivo... la ricordano tutti.
E a me è tornata in mente insieme a un sacco di altre canzoni (tipo: Cosa resterà di questi anni Ottanta, di Raf), quando mi è stato chiesto di dire la mia sull’evoluzione del promotore finanziario. Anche Bruci la città di Irene Grandi sarebbe un buono spunto, ma non esageriamo.
Comunque, ecco un po’ quel che penso. In libertà. Secondo me ci sono due possibilità.
La prima è che entro due anni la specie del promotore finanziario si sia estinta. Basta che dall’Unione Europea arrivi una direttiva che impedisca la retrocessione delle commissioni di gestione dai fondi, e del promotore finanziario, così come è stato pensato in Italia, resterà solo il ricordo. Se questa ipotesi si verificasse, le banche potrebbero cercare di assumere i migliori sul mercato ma gli altri andrebbero a vendere pale eoliche o spazi pubblicitari per cartomanti (guadagnando, a volte, anche di più).
La seconda possibilità è quella che è già in atto, per realizzarsi richiede almeno cinque anni, ma alla fine comporta lo stesso una drastica diminuzione del numero di promotori in circolazione. Chi ci saluterà per sempre? Be’, molti di coloro che hanno iniziato questo lavoro nel secolo scorso vendendo fondi con il 7% di commissioni di ingresso si toglieranno di mezzo. Per intenderci la generazione 1940-50, e quelli che, magari, sono anche più giovani, ma hanno imparato la solita manfrina per tranquillizzare il cliente che perde: “Per vedere risultati in borsa ci vogliono almeno dieci anni”, che poi diventano venti, e poi l’infinito. Venditori d’assalto, rubati al settore aspirapolvere al quale dovranno tornare. Questa gente si estinguerà perché quando il gioco si fa duro certe manfrine non reggono più e i clienti sono sempre più scafati. Poi ci sono quelli che vendono sempre i soliti 4 o 5 fondi per tutte le stagioni, (quelli che rendono meglio al promotore finanziario oppure quello francese da 25 miliardi adatto a gente pigra e ricca). Si tratta di un gruppo di esemplari in via di estinzione che vivacchiano solo in aree protette, aiutati da clienti parenti o amici benestanti in vena di beneficenza. Ma saranno questi stessi amici e parenti a imbracciare la doppietta quando capiranno che, se vogliono guadagnare, devono farsi assistere da gente di tutt’altro stampo.
Da un calcolo approssimativo deduco che eliminando queste due categorie si elimini il 50% dei promotori finanziari in circolazione. Poco male: tanto già oggi il 50% dei promotori finanziari non sbarca il lunario con questo lavoro e, per arrotondare, deve fare altro. Meglio che si dedichi a tempo pieno a questo “altro”. A questo punto, visto gli spazi che si liberano, è probabile che qualcuno ci si vorrà infilare. Potrebbero essere gli ex-gestori, quelli che non hanno mai spiccato per performance ma sono laureati, parlano l’inglese, e hanno la parlantina giusta per pararsi la parte mediana posteriore del corpo in caso di grosse cappellate. È gente che si è formata per battere il bechmark, ossia se un mercato perde il 40% e perdono il 35% si considerano bravi. Anche loro avranno vita breve, e magari li ritroveremo dopo un po’ a smistare il traffico delle autostrade, tenendo come punto di riferimento il benchmark dell’ora di punta del martedì. Come disse, insomma, Lucio Dalla, “...e senza tanti disturbi qualcuno sparirà. Saranno forse i troppo furbi, e i cretini di ogni età.” A quel punto, sfrondati i rami secchi, le cose potrebbero davvero mettersi a funzionare. Non credo ci sarà un ordine professionale e una cassa di previdenza – l’Unione Europea ha fatto chiaramente capire che non intende creare nuovi ordini professionali, ma potrebbe fare qualche eccezione. Però, sarà permesso ai promotori finanziari di organizzarsi in società per fornire un servizio di assistenza eccellente di concerto con la banca in cui si opera. Le banche, a loro volta, forniranno ai consulenti un’operatività adeguata. Le principali reti di vendita si rafforzeranno e la guerra si sposterà decisamente sul piano tecnologico. Le banche più competitive avranno i migliori consulenti che sapranno utilizzare i prodotti più performanti con facilità e competenza. I clienti, passata la moda dei consulenti di investimento indipendenti (che non servono a nulla di buono e non sono nemmeno indipendenti), cercheranno persone in grado di farli guadagnare e non si accontenteranno più di farsi raccontare che le perdite oggi saranno compensate da meravigliosi guadagni in un futuro indefinito. La crisi durerà ancora a lungo, e la capacità di risparmio degli italiani sarà sempre minore del passato, proprio per questo ogni cliente si preoccuperà sempre di più di avere al proprio fianco i promotori della nuova generazione che sapranno come muoversi perché avranno le competenze tecniche, la formazione culturale e l’approccio dinamico e serio di chi questo lavoro lo fa per scelta e non per caso. E a quel punto, anche il terribile nome, “promotore finanziario” sarà cambiato. Sostituito da... Questo lo lascio a voi. Come dice Dalla “... io mi sto preparando. È questa la novità.” Spero di non essere il solo.
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