IL POTERE LOGORA CHI CE L’HA. THE IMPORTANCE (OR NOT) OF BEING ELON MUSK
Torino, 16 novembre 2024. Di Chiara Zarcone, Avvocato del foro di Torino, giurista, già Cultore della materia Diritto Penale presso l’ Università degli studi di Torino.
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Una premessa da parte di chi scrive: Elon Musk è a tutti gli effetti un esponente della prossima amministrazione americana.
Donald Trump ha infatti annunciato di aver nominato "il grande Elon Musk, in collaborazione con il patriota americano Vivek Ramaswamy" alla guida del nuovo Dipartimento per l'efficienza governativa (Doge).
Tutto quanto contenuto nei post che pubblica proviene da quello che, a tutti gli effetti, è il nascente governo degli Stati Uniti.
Inoltre l’autore di questo lavoro vuole soffermarsi su un’ analisi basata sullo ius, che rappresenta un’entità al di là del bene e del male.
Parliamo di una storia che affonda le sue radici nel 2022 allorquando il signor Musk rilevò Twitter.
Oltreoceano in molti avevano manifestato una certa perplessità: in un articolo del Los Angeles Times, l'autrice Erika D. Smith, cita come motivo di preoccupazione alcune cause intentate per pregiudizi etnici contro Tesla.
Più in generale, gli utenti di Twitter si chiedevano se i discorsi di Musk sulla promozione della libertà di espressione sulla piattaforma avrebbero comportato una maggiore permissività nella moderazione dei contenuti, che sarebbe potuta sfociare in un aumento delle molestie e degli attacchi verso i gruppi più deboli e marginalizzati.
Per Musk, libertà di espressione ha sempre significato poter dire qualsiasi cosa venga consentita dalla legge, ma come sottolinea su Wired US Gilad Edelman “consentire di dire qualsiasi cosa sia legale significherebbe esporre Twitter al razzismo, all'antisemitismo, all'omofobia, all'incitamento alla violenza espliciti, e a cose peggiori ancora”.
Provocatoriamente Edelman sottolineava come "significa che - Musk n.d.a. - non ha dedicato tempo a riflettere in modo serio sulla libertà di espressione prima di tentare di acquistare Twitter in nome della libertà di espressione”.
Muovendo da tale overture e delineata l’ estensione che ha la libertà di manifestare il proprio pensiero a parere del signor Musk, erat “These judges need to go” (Questi giudici devono andarsene), quando i Giudici della sezione immigrazione di Piazzale Clodio sospesero il giudizio di convalida dei trattenimenti dei sette migranti, egiziani e bengalesi, trasferiti venerdì scorso nel centro albanese di Gjadër, rinviando tutto alla Corte di giustizia dell’Unione europea.
Non pago di ciò Musk alzava la posta : “Questo è inaccettabile. Il popolo italiano vive in una democrazia o è un’autocrazia non eletta a prendere le decisioni?”.
Ma si proceda con ordine: l’articolo 21 della Costituzione consacra il principio secondo il quale “Tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.
Tutti gli ordinamenti democratici e tutte le costituzioni moderne prevedono la libertà di espressione e di informazione, ma non solo, la maggior parte di questi la garantiscono esplicitamente.
La libertà di ogni cittadino di esprimere liberamente le proprie idee genera un dialogo da cui trae beneficio non solo il singolo individuo, bensì l'intera società.
In quasi tutti i paesi europei, la libertà di espressione rappresenta il fulcro del sistema democratico, il che significa che non è possibile parlare di democrazia in assenza di un efficace e libero flusso di idee e di un confronto tra di esse.
Volgendo lo sguardo al di là della siepe, la CEDU conferisce il diritto di esprimere le proprie opinioni, idee e informazioni senza subire l'ingerenza delle autorità statali.
L’ art. 10 della CEDU infatti cristallizza il diritto alla libertà di espressione.
Tale diritto comprende la libertà di opinione e la libertà di ricevere e diffondere informazioni e idee senza interferenze da parte dell'autorità pubblica e a prescindere dalle frontiere.
L'esercizio di tale libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può essere soggetto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni prescritte dalla legge e necessarie in una società democratica, nell'interesse della sicurezza nazionale, dell'integrità territoriale o della sicurezza pubblica, per la prevenzione di disordini o reati, per la tutela della salute o della morale, per la protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni ricevute in via confidenziale, o per mantenere l'autorità e l'imparzialità del potere giudiziario.
La tutela offerta dall'art. 10 CEDU è quindi assai ampia ed in costante evoluzione grazie al diritto vivente frutto della giurisprudenza della Corte EDU.
La Corte, allorquando vi è un'interferenza con il diritto alla libertà di espressione, pone in essere un controllo in base al quale la limitazione, per essere legittima deve sottostare alle seguenti condizioni: l’ interferenza deve perseguire uno scopo legittimo indicato nell'art. 10, deve essere prescritta per legge, deve essere necessaria in una società democratica - il che implica una verificare in merito all’esistenza dell’ “urgente bisogno sociale”.
Ma ciò non basta! Superata questa prima valutazione, l'ingerenza deve necessariamente essere proporzionale.
Il concetto di proporzionalità così declinato deve tenere in debita considerazione l'adeguatezza della misura per raggiungere il suo scopo dichiarato nonché l’esistenza della possibilità di adottare misure meno invadenti.
La limitazione può anche derivare dell'interferenza di un diritto fondamentale parimenti tutelato.
In questo caso l'analisi della Corte EDU consiste nel trovare il punto d’ equilibrio tra la libertà di espressione e le altre libertà in conflitto.
L'ingerenza è dunque legittima quando trova giustificazione in un'esigenza imperativa di interesse generale o in una finalità legittima - ad esempio la tutela dei diritti altrui - .
Questa è una diretta conseguenza del fatto che non ci si trovi innanzi ad un “diritto assoluto”.
L'art. 10 della CEDU va ancora oltre consentendo agli Stati di limitare la portata della libertà di espressione in circostanze specifiche.
Infatti, oltre al “test” di proporzionalità, la Corte EDU ha sviluppato il concetto di “margine di discrezionalità”: la Corte si riserva la decisione, ma applica anche un margine di discrezionalità agli Stati per quanto riguarda la valutazione di una restrizione alla libertà tale da giustificare una eventuale differenza fra i livelli di tutela dei diritti fondamentali tra gli Stati firmatari della CEDU.
Tale margine è ovviamente più ampio in settori che comportano scelte morali e più ristretto in altri, come il discorso politico o la critica al potere giudiziario (Corte EDU, Müller and others v. Switzerland 1988 e Corte EDU, Perna v Italy 2003).
Questo conferma l'esistenza di uno spazio di equilibrio tra l'attività e la discrezionalità legislativa e o giudiziaria nella valutazione della libertà di espressione (si veda fra tutti Casarosa).
Per quanto riguarda il mondo a stelle e strisce, fin dalla stesura del Bill of Rights nel 1791, il diritto a manifestare liberamente il proprio pensiero, tutelato significativamente proprio dal primo dei dieci emendamenti della Costituzione federale (“Il Congresso non potrà emanare leggi per il riconoscimento di una religione o per proibirne il libero culto, o per limitare la libertà di parola o di stampa o il diritto dei cittadini di riunirsi in forma pacifica e d’inviare petizioni al governo per la riparazione dei torti subiti” - I emendamento), ha rappresentato un principio caratterizzante e fondamentalissimo del sistema democratico liberale statunitense.
Nell’immaginario di ogni singolo americano medio, nessun diritto rappresenta meglio l’essenza stessa della società di uomini liberi, incarnata nella nazione statunitense, della possibilità accordata a ciascun individuo della cosiddetta “land of the free” di criticare il potere politico, i suoi simboli, i suoi uomini, le fedi altrui e perfino di esprimere a piacimento apprezzamenti volgari, apertamente razzisti o discriminatori.
L’ estensione del diritto al free speech, è pressoché indeterminata ed indeterminabile.
Nell’ ottica appena delineata, Il Presidente della Repubblica ha giustamente risposto al post di Musk affermando “L’Italia è un grande Paese democratico e devo ribadire che sa badare a sé stessa nel rispetto della sua Costituzione. Chiunque, particolarmente se, come annunziato, in procinto di assumere un importante ruolo di governo in un Paese amico e alleato, deve rispettarne la sovranità e non può attribuirsi il compito di impartirle prescrizioni”.
I Giudici che dovrebbero andarsene ai quali fa riferimento Musk, dal punto di vista puramente tecnico, avrebbero potuto disapplicare il nuovo decreto-legge del governo, considerandolo incompatibile con il diritto comunitario, ma hanno preferito deferire la questione alla Corte di giustizia Europea.
Scelta condivisibile o meno ma conforme al Diritto. Si badi bene!
La pericolosissima idea diffusa da Musk secondo la quale i governi votati dalla maggioranza degli elettori avrebbero il diritto di prendere qualsiasi decisione - senza limiti di diritto - genererebbe un abominio, la cosiddetta “dittatura della maggioranza”.
A tal proposito Luciano Violante ha sostenuto come "il principio maggioritario è in democrazia sottoposto a precisi limiti per evitare gli abusi delle maggioranze, la cosiddetta “dittatura della maggioranza”.
Questi limiti al principio di maggioranza sono oggi costituiti dalla separazione dei poteri, da un nucleo di diritti fondamentali collocato fuori delle contese politiche, e che perciò “non può essere sottoposto al voto”, da una magistratura indipendente, da un sindacato sulla conformità delle leggi alla Costituzione operato dalle Corti Costituzionali (Violante, Luciano, Appunti per un'analisi del populismo giuridico, Democrazia e diritto : XLVII, 3 4, 2010 - Milano - Franco Angeli, 2010).
Proprio in materia di separazione dei poteri - al dì la delle vicende mediatiche e ricordando sempre che i giudici sono essere umani e come tutti lontani dall’essere perfetti - illuminante è la lettura del combinato disposto dagli art. 101 e 104 della nostra Costituzione.
L’art. 104 sancisce l’ indipendenza dell’ordine giudiziario, il testo dell’art. 101 Cost. non usa il termine indipendenza, ma stabilisce che la giustizia è amministrata in nome del popolo e i giudici sono soggetti soltanto alla Legge.
Diamo alle parole il giusto peso: la formula dell art. 101 sottolinea con forza la dipendenza dei giudici dalla Legge, soltanto dalla Legge.
Il richiamo all’indipendenza dei giudici va osservato tenendo debito conto della formula che si legge all’art. 101 Cost., che è ben più specifica di quella che richiama la indipendenza non solo nell’uso comune, ma anche nelle diverse carte internazionali che la menzionano come carattere ineludibile della nozione stessa di giudice (Vladimiro Zagrebelsky, Nozione e portata dell’indipendenza dell’Ordine giudiziario e dei giudici, OSSERVATORIO COSTITUZIONALE Codice ISSN: 2283-7515 Fasc. 6/2019 Data: 3 dicembre 2019).
Continua, l’ illuminato Zagrebelsky: “Alla dignità dell’esser “servo della legge”, deve sostituirsi quella di essere voce del potere giudiziario autonomo, tutto insieme garante dei diritti delle persone e, nella continuità dell’ordinamento, della realizzazione del disegno costituzionale.
Di un potere giudiziario che è parte della comunità dei giuristi.
All’individualismo e alla settorialità culturale deve sostituirsi il senso di appartenenza all’istituzione.
Quando un giudice pronuncia una sentenza non parla con la voce sua, ma dà voce alla istituzione giudiziaria.” (ibidem).
In ultimo, provocatoriamente vale solo la pena di ricordare come ad oggi sono 39 gli Stati americani che selezionano i giudici di primo grado e - solo in sede di conferma - quelli di appello, mediante elezioni pubbliche in cui tutti i cittadini del territorio servito sono chiamati a scegliere.