Il mondo è al verde: ecco la mappa dei debiti
Continua la corsa dell`indebitamento totale (che comprende quindi tutti i debiti, compresi quelli delle famiglie, delle imprese, delle istituzioni finanziarie e dello stato) del mondo, che non sembra volersi fermare. Secondo Mc Kinsey, il totale dei debiti mondiali sono passati da un valore di 77.600 miliardi di dollari nel 2000, a 158.000 miliardi di dollari nel 2010 (registrando un aumento del 103% in soli 10 anni).
I debiti sono aumentati di più del prodotto interno lordo mondiale, infatti notiamo un innalzamento dell’indebitamento (in rapporto al pil) medio, valore che è passato dal 218% del 2000 al 266% del 2010 (registrando un aumento del 22%). La parte più consistente di questa crescita dell’indebitamento deriva dal debito pubblico e dal debito delle istituzioni finanziarie.
Fra le economie mature notiamo un più alto indebitamento, infatti, le 10 più grandi economie dei paesi sviluppati hanno totalizzato nel 2010 un indebitamento totale pari al 348% del pil. Valori molto più alti rispetto a quelli dei paesi emergenti, ad esempio, il totale dei debiti della Cina ammontano al 184% del pil, per il Brasile al 148%, per l’India al 122% e per la Russia al 72%.
Dal 2008, il debito privato (quindi di famiglie, imprese ed istituzioni finanziarie) delle 10 più importanti economie sviluppate è diminuito di 1.500 miliardi di dollari (rispetto al primo semestre del 2011), ovvero per un valore pari al 2% dal picco raggiunto nel 2008 (cioè 75.000 miliardi di dollari). Ma questo ha significato un parallelo aumento del debito pubblico, così che il debito totale dal 2008 al primo semestre 2011 è aumentato per 7 delle 10 più importanti economie sviluppate, con l’eccezione di Stati Uniti, Australia e Corea del Sud. I maggiori incrementi dei debiti totali dal 2008 al primo semestre del 2011 si sono verificati in Giappone (+39%), Francia (+35%), Spagna (+26%) e Regno Unito (+20%). L’aumento del debito totale dell’Italia è stato più modesto ma sempre a doppia cifra: +12%.
Esistono grosse differenze nella composizione del debito dei paesi analizzati e queste sono dovute alle peculiari caratteristiche delle differenti economie. Così, nella scomposizione del debito totale del Giappone, che ha il maggior debito pubblico in rapporto al Pil, si può chiaramente scorgere il ventennio di “trappola della liquidità”, che a seguito della scoppio della bolla speculativa di azioni ed immobili del 1990 ha portato il governo ad una politica fortemente espansiva di “deficit spending”. Stati Uniti, Canada ed Australia hanno spinto sull’acceleratore sul debito delle famiglie per mantenere alti i consumi. Il Regno Unito si trova in una situazione simile a quella dei tre cugini anglosassoni per quanto riguarda l’indebitamento delle famiglie (pari al 98% del pil), ma complessivamente peggiore. Il paese della “Union Jack” mostra infatti un livello di debito sopra la media per la componente riguardante le istituzioni finanziarie (il cui debito è pari al 219% del proprio pil), per quella relativa alle imprese (debito al 109% del pil). Solamente il debito pubblico sembra essere sotto controllo (all’81% del pil), anche se il debito pubblico in rapporto al pil è aumentato di oltre il 50% rispetto al 2008, quando era alla più rassicurante percentuale del 53% (e quindi a posto con la soglia del 60%, imposta dal Trattato di Maastricht).
Più complicata sembra essere la situazione dei così detti “PIIGS”, dove notiamo che la Grecia -nell’occhio del ciclone della bufera finanziaria dal 2009- mostra il più basso indebitamento totale fra i paesi dell’area euro in crisi. La tanto martoriata Grecia si trova infatti ad avere un debito complessivo pari al 267% del proprio pil, un livello che non sembrerebbe affatto preoccupante se paragonato a quello di altri paesi (la solida Germania risulta più indebitata, totalizzando un debito pari al 278% del proprio pil). L’unica anomalia della Grecia è l’alto debito pubblico, pari al 132% del pil (rappresenta circa la metà dei debiti complessivi del paese). In una situazione simile sembra essere per certi versi anche l’Italia, quarta nella classifica dei 5 PIIGS più indebitati, sconta anch’essa il pesante fardello del debito pubblico, pari al 111% del proprio pil a marzo 2011 (ma secondo Eurostat a fine settembre 2011 il debito pubblico italiano era pari al 119,6% del pil). Le note positive per l’Italia sono rappresentate dal fatto di avere il più basso indebitamento delle famiglie (pari al 45% del pil) ed il sistema finanziario (quindi banche, assicurazioni ed industria finanziaria) meno indebitao, dopo il Canada. Spagna e Portogallo presentano invece un forte indebitamento di famiglie (rispettivamente all’82% e al 94% del pil) e imprese (rispettivamente al 134% e al 128%). Se ci limitiamo a considerare l’indebitamento, notiamo che la situazione più preoccupante fra i paesi dell’area euro entrati in crisi, è quella dell’Irlanda. Il paese si trova infatti alle prese con un’economia soffocata da un enorme debito, che rappresenta il 663% del proprio pil e dove tutto il mondo privato, rappresentato da famiglie, imprese ed istituzioni finanziarie, stretto dalla morsa dei debiti (rispettivamente pari al 124%, al 194% e al 259% del pil) ha bisogno dell’aiuto dello stato e delle istituzioni estere (Europa e Fondo Monetario).
L`Italia, per uscire da questa crisi del debito, deve cercare di correggere l`unico parametro di indebitamento non in linea con la media delle altre economia sviluppate -ovvero l`indebitamento pubblico. Se il Governo Monti sarà in grado di ripristinare la fiducia dei mercati nei confronti del nostro paese -portando quindi ad un abbassamento dello spread e conseguentemente a una diminuzione del costo del debito, potremo dedicare maggiori risorse alla crescita -il metodo meno doloroso per far diminuire il rapporto debito pubblico / pil.