IL LATO OSCURO DELL' "ENERGIA"

IL LATO OSCURO DELL' "ENERGIA"

Torino, 24 luglio 2024. Di Chiara Zarcone, Avvocato del foro di Torino, giurista, già Cultore della materia Diritto Penale presso l’ Università degli studi di Torino e di Gianluigi Bocchetta, architetto  e tecnico esperto di Dissociazione Molecolare.

Chiara Zarcone.

Come avvertito da Benedetto Croce nella sua Filosofia della pratica, l’attività pratica presuppone sempre quella teorica: senza conoscenza non è possibile volontà, giacché “quanto lungi navighiamo nel gran mare dell’essere, non usciamo mai dal ben definito mare del pensiero” (B. Croce, Teoria e storia della storiografia, ed. VII, Bari, 1954, pag. 100 – 101).

Ogni norma giuridica - fatta la dovuta eccezione per le norme penali per il quale il discorso si fa ancor più complesso perché ineriscono all'etica ed alla morale - è caratterizzata inevitabilmente da luci ed ombre, vuoi perché, proprio per la natura stessa della norma, strettamente connessa a quella umana, non può essere perfetta, vuoi perché proprio in forza della medesima ragione, coinvolge e talvolta travolge, campi d'interesse differenti e vastissimi.

A riprova di ciò, in uno scritto - "Nel cielo dei concetti giuridici" Im juristischen Begriffshimmel - Jhering, in forma satirica e immaginifica, rilevava in sintesi tutte le più importanti aberrazioni che egli attribuisce alla dottrina giuridica:

1 ) la considerazione dei concetti giuridici, facendo astrazione dalle condizioni in cui questi devono essere applicati nella vita reale;

2) assoluta insensibilità nei confronti degli interessi sociali e individuali, che, insieme ad altri problemi pratici, influiscono necessariamente sull'uso e sullo sviluppo dei concetti legali reali;

3) la convinzione che sia possibile scindere l'essenza dalle conseguenze legali di una norma o di un concetto giuridico, cosicché è possibile considerare un concetto indipendente dai suoi effetti;

4) l'ignoranza dei fini e degli scopi della legge, per cui tutti i concetti formulati sulla base di considerazioni di utilità sono per la scienza pura veri e propri aborti (R. VON JHERING, "Nel cielo dei concetti giuridici", in Serio e faceto nella giurisprudenza, trad. di F. Vassalli, Firenze, 1954.).

Ci siamo recentemente trovati in questa sede ad analizzare la normativa relativa al cosiddetto "Decreto energia", adesso convertito in Legge e, sull'onda della mordace critica dell'ottimo Jhering, non possiamo ignorare che, seppure questa norma sia figlia dell'attuale situazione geopolitica e nasca con il precipuo scopo di arginare il problema dell’approvvigionamento di materie prime finalizzato alla produzione di energia - dato che la Russia fornisce al nostro Paese il 40% di gas naturali necessari a tal scopo -, non è certamente priva di "effetti collaterali" (da qui il suo lato oscuro).

Ma si proceda con ordine!

L' affermazione contemporanea dello Stato pluriclasse contiene il germoglio di una gamma inusitata e variegata di interessi, tutti invocanti lo scudo protettore della definizione di interessi pubblici ma non è sempre chiaro cosa questi coinvolgano poiché la stessa gamma degli interessi pubblici, ontologicamente, muta costantemente al mutare della sensibilità sociale.

Tale caratteristica induce a ritenere rientrante nel novero degli interessi pubblici ogni situazione socialmente apprezzabile, anche priva di rilevanza patrimoniale ma suscettiva di ricevere la protezione del diritto pubblico.

La miglior dottrina giuridica - Betti - affermava come, con l’espressione interesse, si facesse riferimento ad “ogni situazione socialmente apprezzabile, anche priva di rilevanza patrimoniale, suscettiva di ricevere la protezione del diritto”.

Si potrebbe di fatto sintetizzare il concetto di interesse pubblico come un interesse che si basa su esigenze e bisogni sociali ed economici mutevoli a seconda del contesto temporale e sociale.

In pratica ogni qual volta l’interesse comune dei cittadini, una volta circoscritto, si distacchi dagli interessi particolari, esso viene assunto al rango di interesse pubblico.

La relazione tra individuo e società si risolve infatti in termini di ricomprensione del primo nella seconda ma, si badi bene, mai deve essere prefigurato un rapporto di assorbimento o di dissolvenza in essa.

Non è però possibile machiavellicamente affermare che il fine giustifichi i mezzi, tanto meno quando gli interessi in gioco - proprio quegli interessi dei quali ci parla il Betti - travolgano altri interessi tutelati in via primaria dalla nostra Costituzione.

E' infatti scopo primario del Diritto quello di dirimere i conflitti che possono sorgere fra norme ed armonizzare i vari interessi dei consociati al fine di evitare che determinati interessi soverchino altri, compromettendo l’equilibrio che garantisce la sussistenza e lo sviluppo dell’intera societas.

In questa ottica e con le sopraddette premesse, si ponga sotto la lente d' ingrandimento la Legge 2 febbraio 2024, n. 11.

Si deve evidenziare in premessa come la giurisprudenza costituzionale sia stata estremamente granitica nell’attribuire allo Stato l’emanazione dei principi fondamentali della materia “energia” e come sia fuor di dubbio - data la delicatezza della materia - competenza dello Stato l' individuazione di aree idonee e non idonee per l’ubicazione degli impianti, la predisposizione di un’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio dei medesimi impianti, previa intesa in sede di Conferenza Stato – Regioni – Province autonome (fra tutte sentenza Corte cost. n. 27/2023). 

In particolare, lo Stato “attraverso la disciplina delle procedure per l’autorizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, ha introdotto princìpi che … non tollerano eccezioni sull’intero territorio nazionale” (sentenze n. 286 del 2019, n. 69 del 2018 e n. 99 del 2012; nello stesso senso, sentenza n. 177 del 2021).

Ma non solo.

Si devono fare i conti con la novella Costituzionale che ha interessato in particolare gli articoli 9 e 41.

L'art. 9 Cost. prevede che la Repubblica tuteli l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi anche nell’interesse delle future generazioni, richiamando uno dei principi cardine del diritto dell’ambiente: lo sviluppo sostenibile.

Tale concetto è stato definito già nel negli anni 80 dalla Commissione mondiale sull’ambiente nel rapporto Brundtland, secondo il quale lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che garantisce i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri.

L' art. 9 Cost. tutela quindi non solo più il paesaggio, ma anche l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi.

L’art. 41 Cost. invece allarga in maniera nuova la prospettiva al ruolo dei privati riconoscendo la tutela dell’ambiente come interesse pubblico.

In particolare, il secondo comma prevede che l’iniziativa economica privata non possa svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno, oltre che alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana, altresì “alla salute” e “all’ambiente”.

Il terzo comma amplia per mezzo dell'espresso riferimento ai “fini ambientali” , il novero delle finalità a cui l’attività economica può essere indirizzata e coordinata dalla legge (“La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”).

La riformulazione dell'art. 41 va al di là della individuazione della tutela dell’ambiente come un interesse pubblico bensì consente di mutare in via legislativa lo scopo dell’impresa, trasformando l’interesse ambientale in un autentico interesse del soggetto regolato, con conseguente modifica della stessa idea di attività economica privata.

Il citato principio del "non arrecare danno" costituisce un obiettivo trasversale a tutte le azioni e iniziative individuate dal New Green Deal, espressione della nuova politica economica per l’ambiente e per la società sviluppata dal reg. UE 2020/241 che istituisce il meccanismo di ripresa e resilienza.

In tale ambito, ill regolamento UE 2020/852 prevede per la prima volta, un meccanismo di classificazione delle attività economiche sostenibili.

Attraverso la tassonomia, l’ Unione Europea orienta le scelte di investitori e delle imprese nella prospettiva di una transizione verso una crescita economica con minor impatto negativo sull’ambiente e, in particolare, sul clima.

La classificazione delle attività economiche consente di individuare quelle sostenibili e di valutare il grado di ecosostenibilità di ogni investimento.

Il regolamento sulla tassonomia inoltre individua sei obiettivi ambientali:

- la mitigazione degli effetti del cambiamento climatico; l’adattamento al cambiamento climatico;

- l’uso sostenibile e la protezione dell’acqua e delle risorse marine; la transizione verso un’economia circolare;

- la riduzione degli sprechi e il riciclo dei materiali e il contenimento dell’inquinamento e la tutela degli ecosistemi - e considera sostenibile, in termini ambientali, un’attività economica che contribuisce in modo sostanziale al raggiungimento di uno o più degli obiettivi ambientali, non arreca loro danno significativo, è svolta nel rispetto delle garanzie minime di salvaguardia ed è conforme ai criteri di vaglio tecnico fissati dalla Commissione.

In un' ottica limitativa dell'iniziativa economica, l’ambiente deve essere inquadrato nella cornice descritta dall’art. 9 comma 3 della Cost. e deve essere definito il "centro di gravità permanente" del diritto allo sviluppo individuale mai slegato dalla dimensione ambientale.

A tal proposito Predieri sottolineava come la regolazione delle attività umane sul territorio è orientata dalla Costituzione alla conservazione dei valori della Nazione: cultura, storia e ambiente, al fine di migliorare la qualità della vita e aumentare le possibilità di sviluppo della persona, nel quadro della supernorma costituzionale costituita dall’art. 3 Cost. (A. PREDIERI, Paesaggio, cit., 519; ID., Significato della norma costituzionale sulla tutela del paesaggio).

L’inserimento dell’ambiente tra i principi fondamentali, da una parte, e l’individuazione dell’ambiente come limite delle attività umane, dall’altra, dovrebbero condurre ad un consequenziale bilanciamento nei giudizi di legittimità.

Sul punto il Consiglio di Stato ha avuto modo di affermare come il nuovo art. 41 Cost. "nell’accostare ambiente e iniziativa economica segna il superamento del bilanciamento tra valori contrapposti all’insegna di una nuova assiologia compositiva" per cui la tutela degli altri interessi di rilievo costituzionale (nel caso di specie, la tutela dei beni culturali) deve necessariamente integrarsi con l’esigenza di tutela dell’ambiente.

Il Supremo giudice amministrativo sottolineava come sono gli altri interessi di rilievo costituzionale a doversi adattare alle esigenze di tutela degli interessi ambientali.

La novella costituzionale finisce quindi per delineare la subordinazione della libertà di iniziativa economica alle esigenze di tutela di salute e ambiente, restringendo in caso di conflitto i margini del bilanciamento cui sono chiamati legislatore e giudice.

Si badi bene!

La composizione degli interessi definita dall’art. 41 Cost. non implica che quello ambientale prevalga in astratto sugli altri di rilievo costituzionale, non significa che sia un interesse sempre e comunque dispotico, destinato a prevalere su in ogni caso su altri beni di rilievo costituzionale.

Nell’ordinamento di democrazia pluralista, neanche l’inserimento dell’ambiente tra i principi fondamentali può giustificare infatti la sua automatica preminenza rispetto agli altri interessi costituzionali.

Il bilanciamento, mai indolore per la Costituzione, viene orientato dal primato della persona umana ed impone oggi lo sforzo di interpretare e conformare l’iniziativa economica, la proprietà e, in definitiva, ogni azione umana al valore ambientale.

Al contempo, dal punto di vista delle politiche pubbliche, parafrasando A. Predieri, si può affermare che la tutela dell’ambiente va condotta "per l’attuazione dei valori costituzionali di sviluppo e dispiegamento della persona" nelle comunità sociali e culturali di riferimento.

L’ambiente posto come limite ed assunto a valore primario, alza il livello di tutela e ribadisce che esiste un primato che costringe l’interprete - il Consiglio di Stato per primo - ad un necessario bilanciamento fondato sulla consapevolezza della priorità dell’ambiente come precondizione per l’esercizio dei diritti e come condizione per lo sviluppo degli individui e delle collettività.

Sul punto è necessario precisare come, in particolare per quanto riguarda l' istallazione di impianti eolici e fotovoltaici nella regione Sardegna, la Legge n. 11 del 2 febbraio 2024 sia stata sin sa subito criticata.

Da più parti sono state sollevati critiche ed evidenziati gli effetti negativi sul territorio, sugli allevamenti, sulla flora e sulla fauna e non in ultimo sui siti archeologici, che comporterebbe la costruzione di questi impianti.

Non si vuole sostenere l'idea che non sia opportuno ricercare ed incrementare soluzioni energetiche alternative, anzi, l' architetto Gian Luigi Bocchetta ha proposto costruttivamente soluzioni alternative incentrate sulla produzione di energia dal trattamento dei rifiuti; uso della geotermia, a bassa o media entalpia, previo attento studio dei siti ove attuare tale attività; utilizzo del fotovoltaico esclusivamente in copertura di edifici già esistenti, dedicando estrema attenzione allo studio di sistemi di recupero e riciclo degli elementi costitutivi dei pannelli quando giungono a fine vita.

Gianluigi Bocchetta.

A PROPOSITO DI ENERGIA IN SARDEGNA

L’opposizione ed il rifiuto totale di tutti gli impianti sia eolici che fotovoltaici, sulla terra ed in mare, non sono assolutamente di carattere ideologico e non discendono da alcun preconcetto o da prese di posizione di natura emotiva, ma si fondano su incontrovertibili realtà scientificamente provate, e non sono fini a se stessi, ma sono supportati da proposte alternative realizzabili e già realizzate nel resto del mondo, che tuttavia in Italia sono soggette ad un colpevole atteggiamento istituzionale di ostruzione, questo sì certamente frutto di false ideologie e preconcetti.

Parto da alcune osservazioni, frutto semplicemente di logica elementare, e da domande rivolte a tutti gli attori ed attuatori di questo piano di devastazione della Sardegna, ed anche del resto d’Italia, ma oggi in Sardegna particolarmente aggressivo, a cui gli stessi saranno chiamati a rispondere in ogni sede legale.

In seguito evidenziamo le soluzioni alternative realmente pulite e rispettose di ambiente e salute che ostinatamente non vengono prese in considerazione da tutti gli attori ed attuatori di questo piano di devastazione della Sardegna e di tutta l’Italia.

OSSERVAZIONI

  1. È del tutto evidente che le installazioni previste sono atte a produrre una quantità di energia pari ad almeno otto volte l’energia necessaria ai cittadini della Sardegna, come certificata dalle statistiche ufficiali.

  2. È del tutto evidente che l’installazione di pannelli fotovoltaici su terreni liberi da dedicare ad agricoltura e pastorizia, provoca la sterilizzazione della terra, che anche se l’impianto sarà rimosso, avrà bisogno di decenni, o addirittura centinaia di anni per tornare ad essere produttiva.

  1. È del tutto evidente che le pale eoliche installate in qualsiasi punto del territorio sterminano gli uccelli, in particolare i migratori, i pipistrelli, e soprattutto gli insetti impollinatori, desertificando ampie aree, oltre ad impattare sul suolo con fondazioni in calcestruzzo armato che, anche eliminando le pale, resteranno in sito, e sono costituite da almeno 16 pali di fondazione con un diametro di 1m, che raggiungono una profondità di 18m dal piano di campagna e danno supporto ad una piastra di fondazione circolare di 17m di diametro e altezza variabile da 1m a 2,2m., con un danno permanente al sito in cui sono state realizzate.

  1. È del tutto evidente che le stesse pale eoliche, realizzate in mare, recano danno alla fauna marina con le continue vibrazioni, ed agli uccelli che seguono le loro rotte migratorie e vengono letteralmente falcidiati dal movimento delle pale.

  2. È del tutto evidente, infine, che se fosse vero che i cittadini della Sardegna hanno necessità di un quantitativo di energia otto volte maggiore di quella utilizzata fino ad oggi, ciò significherebbe che fino ad oggi hanno sofferto una grave carenza di energia, ed è dunque lecito supporre che fino ad oggi i cittadini sardi siano vissuti a lume di candela, ed abbiano scaldato l’acqua ed il cibo solo con fuochi di legna.

DOMANDE

A tutti gli attori ed attuatori di questo piano di devastazione della Sardegna, i cittadini sardi, ed i cittadini italiani che sostengono il popolo della Sardegna, consapevoli anche del fatto che tale piano è esteso all’intero territorio nazionale, pongono le seguenti domande, ed esigono risposte esaustive e documentate ad ogni quesito.

  1. A chi ed a cosa serve l’eccesso imponente di produzione di energia programmato?

  2. Poiché è evidente che tale esubero di energia non serve ai cittadini della Sardegna, in cosa consiste la “pubblica utilità” dichiarata costantemente in sede di espropri ed utilizzo di terreni e specchi d’acqua?

  3. Si esige la definizione precisa della “pubblica utilità”, con esaustiva dimostrazione dei benefici derivanti al popolo della Sardegna da tutta l’attività oggetto del presente documento.

  4. Siete voi a conoscenza dei fatti descritti nei punti 2, 3 e 4 dell’elenco precedente?

  5. Se non ne siete a conoscenza, ritenete di essere adeguati ai ruoli che ricoprite, e di agire in scienza e coscienza?

  6. Se invece ne siete a conoscenza, a maggior ragione, ritenete di agire in scienza e coscienza?

  7. Siete voi a conoscenza di sistemi di produzione di energia realmente puliti ed efficienti, rispettosi dell’ambiente e della salute, già in uso nel resto del mondo ed ignorati in Italia?

  8. Se non ne siete a conoscenza, ritenete di essere adeguati ai ruoli che ricoprite, e di agire in scienza e coscienza?

    1. Produzione di energia da trattamento rifiuti, come descritto nel documento intitolato “Materie prime derivate” che si allega quale parte integrante ed essenziale del presente documento. Si sottolinea che tale soluzione, in grado di sopperire largamente alla necessità di produzione energetica, è altresì in grado di risolvere l’annoso problema dei rifiuti e di produrre enormi vantaggi economici per tutta la cittadinanza.

    2. Uso della geotermia, a bassa o media entalpia, previo attento studio dei siti ove attuare tale attività.

    3. Altra fonte di energia già attualmente in uso è l’idroelettrica, che ovviamente necessita di analisi e revisione delle strutture attualmente esistenti, e può essere integrata da mini strutture costituite da mulini ad acqua, storicamente sempre presenti sul territorio italiano, a servizio di particolari ambiti, da verificare puntualmente.

    4. Possibile utilizzo del fotovoltaico esclusivamente in copertura di edifici già esistenti, dedicando estrema attenzione allo studio di sistemi di recupero e riciclo degli elementi costitutivi dei pannelli quando giungono a fine vita. Studi di questo tipo sono peraltro già in atto, e devono semplicemente proseguire per giungere ad un risultato ottimale.Se invece ne siete a conoscenza e non li prendete in considerazione, a maggior ragione, ritenete di agire in scienza e coscienza?

      ALTERNATIVE

      Le alternative che si propongono qui di seguito si riferiscono a sistemi produttivi già ampiamente in uso, soprattutto fuori dall’Italia, che, sommati ed integrati tra loro, mediante un piano energetico nazionale redatto a servizio della popolazione italiana, e non di multinazionali dedite solo all’accumulo di denaro e prive di qualsiasi etica, libero da ingerenze politico-affaristiche, sono perfettamente in grado di soddisfare totalmente le necessità di energia nazionali risolvendo anche, contemporaneamente, altri problemi ad oggi non ancora risolti.

      Quanto segue è la base di partenza per un programma alternativo da studiare ed attuare.

      Brevemente si elencano le alternative in questione:

  9. Quanto sopra è solo una bozza di possibile programma, e deve essere attuato per il bene della comunità tutta, con particolare attenzione, al momento, alla situazione estremamente pericolosa ed urgente della Sardegna.

    ALLEGATO

    MATERIE PRIME DERIVATE

    L’intento di questo programma è dare una risposta concreta a ciò che attualmente è un grave problema che coinvolge l’intero territorio nazionale, cominciando fin dalle parole a cambiare l’approccio, e definendo i materiali che derivano dall’attività umana non più “rifiuti”, ma “materie prime derivate”, in ciò prendendo esempio dalla natura, per la quale semplicemente il rifiuto non esiste, in quanto tutto partecipa, in ogni fase evolutiva, al ciclo vitale generale.

    Le note che seguono e trattano l’argomento in modo scientifico, sia pure in estrema sintesi, non costituiscono solo uno studio teorico sull’argomento, ma nascono da valutazioni basate su dati concreti e su esperienze già in atto in molti Stati, ma da sempre ignorati o peggio osteggiati in Italia.

  10. L’argomento è di portata nazionale, e come tale va trattato, come reale possibile ed auspicabile risposta ad istanze e necessità che investono la salute, il decoro e la pulizia dell’ambiente, il fabbisogno continuo di energia, il possibile incremento di opportunità lavorative, la trasformazione di un problema che attualmente causa danni economici ingenti in una risorsa premiante anche a livello economico e sociale.

Sintesi della proposta operativa

Nel 1980, a cura dell’ENI, fu redatto l’ultimo piano energetico nazionale coerente. In esso veniva messo in evidenza, con dati di calcolo e non partoriti da invenzioni ascientifiche, come relativamente ai cosiddetti “rifiuti” riferiti, con esclusione degli RSU, al solo comparto degli industriali, per altro a maggiore contenuto energetico, la massa di esiti e scarti non riutilizzati prodotta dalla attività industriale stessa sull’intero territorio nazionale avesse un contenuto energetico espresso in tpe (tonnellate di petrolio equivalenti) pari al 9.8% della bolletta petrolifera del 1979.

Assumendo il dato quale costante (e ciò in via del tutto sottostimata dato il progredire della produzione e della attività) si evince con immediatezza come per decenni e decenni preziose materie prime derivate – non rifiuti ma appunto materie assoggettabili a trasformazione industriale derivate da altre trasformazioni industriali- sono state abbandonate nel territorio o sotto il livello del suolo generando effetti di una incalcolabile perversione in ogni ambito.

  1. L’intero comparto del cosiddetto “smaltimento” è in mano ad organizzazioni le quali, quando non riferite direttamente alla malavita organizzata, agiscono solo massimizzando i profitti della logistica dedicata (trasporto e stoccaggio) utilizzando a tal fine anche risorse pubbliche e facendosi dal pubblico e dal privato compensare.

  2. Quando non stoccati correttamente e abbandonati tali materiali interagiscono con i suoli ed i sottosuoli, falde acquifere in primo luogo, dando esiti di natura catastrofica.

  3. Enormi quantità di risorse pubbliche, locali e nazionali, sperperate per fini privati in termini di prevenzioni ed interventi a causa di incidenti, e attività di monitoraggio e repressione, nonché per una sorta di embrionale attività di protezione e promozione ambientale.

  4. Mancanza di ogni sana e produttiva filiera industriale dedicata con distorsione del mercato del lavoro per ossequio ad invenzioni illogiche e sperperatrici quali la raccolta differenziata in totale assenza di un sistema nazionale integrato di trattamento produttivo di tali materie prime derivate.

  5. Continua, sistematica attività di subornazione dell’opinione pubblica a mezzo di pioggia di falsità ascientifiche e antieconomiche smerciate quali dogmi salvifici.

Inoltre si è anche titillato la buona disposizione di base della nostra pubblica opinione con la favoletta delle cosiddette “rinnovabili”.

In natura di rinnovabile non vi è assolutamente nulla. Se ciò fosse, il Secondo Principio della Termodinamica che governa ciò che esiste sarebbe una favoletta da infanzia primaria. Non lo è.

Il costo dell’energia per imprese e famiglie risulta così gonfiato a dismisura per mancanza di sistemi produttivi adeguati e per spesa illogica dedicata a produzioni inefficienti ed impattanti, come l’avere incentivato con una imponente massa di denaro pubblico roba assolutamente dannosa quale il fotovoltaico (redditività specifica contestualizzata dell’ordine del 2/3%) o l’eolico – il quale ha un contenuto di aggressività ambientale specifica tale per cui le onde sonore prodotte dal volteggiare delle pale (diametri palari dell’ordine dei 66 metri per impianti di 1,5 MW) desertifica la florofauna residente per un considerevole raggio attorno alla attrezzatura.

Gli insetti, specie gli impollinatori, defungono od emigrano e la mancanza della loro azione desertifica la flora.

Interi territori sono sconciati dalla presenza assolutamente estranea e non amalgamabile di tali complessi, la cui realizzazione e proprietà sollevano molti seri interrogativi. Così come sorgono altrettanti interrogativi quando estese aree coltivabili sono sottratte alla attività primaria per fungere da sedime di immensi campi fotovoltaici.

La dimensione dell’impegno pubblico cumulato al 2036 per la agevolazione di tali assurdità supera i 130 miliardi di euro, senza avere generato alcun positivo ricadere sul tessuto produttivo italiano, interessato solo marginalmente ad operazioni di montaggio e manutenzione, senza creare filiere industriali italiane dedicate ma sovvenzionando produttori esteri, tedeschi, cinesi, rumeni etc etc.

Se si sommano gli effetti cumulati di tali immense assurdità si attingono scenari macro e micro economici da brivido.

Un dato su tutti spicca: l’essere stato costruito un immenso castello di continua, pervasiva, demagogica disinformazione a fini di interesse privato a scapito di quello pubblico.

Programma operativo

Concepire un piano sistema nazionale di realizzazione a zonizzazioni mirate in funzione della produzione delle materie prime derivate e dalla logistica dedicabile, intelaiato su un sistema informatico dedicato.

Porre in essere un testo unico che interpreti legislativamente tale intrapresa.

Costituire una SPA pubblica ad azionariato diffuso (public Company) generata dalla Cassa Depositi e Prestiti la quale operi da holding di società locali miste pubblico-privato dedicate ciascuna alla gestione di un sito industriale organizzato per il trattamento di tali materie prime derivate.

Incentivare la produzione energetica di punto coniugata al sistema locale di utilizzo sia per antropizzazione residenziale che per antropizzazione produttiva

Selezionare a livello globale le tecnologie dedicabili a tali filiere industriali.

Rinforzare il NOE facendone una grande unità dell’Arma dedicata al controllo della produzione, del trasporto e della immissione in produzione delle MPD.

Costituire una grande unità della GDF dedicata al controllo della qualità, quantità e commercializzazione degli output energetici e non.

Realizzare un istituto del CNR il quale in rete con università, politecnici, industrie ed altri centri di ricerca , studi le tecnologie, le testi, formi il personale e le dedichi a spin off dedicate all’ engineering, alla produzione e montaggio di apparati dedicati.

Conclusioni

Il metodo che si propone di applicare per trattare ciò che finora è stato considerato come rifiuto da distruggere in modi che spesso generano rifiuti molto più dannosi per l’ambiente, o da occultare possibilmente in mare o sottoterra o da ammucchiare nelle discariche, come materia prima per nuovi processi produttivi, è un metodo definibile come “dissociazione molecolare”, che non ha nulla a che vedere con incenerimento, sotterramento, dispersione in vario modo nell’ambiente, o stoccaggio in siti che in conseguenza di ciò vengono definitivamente contaminati in modo quasi irreversibile.

Il procedimento non è nuovo, essendo stato già adottato all’inizio del secolo scorso, purtroppo per usi militari, ma certamente ad oggi è tecnicamente più completo ed affidabile, e porta a produrre sostanze ed energia pulite, non lavorando in presenza di fiamma, ma solo in presenza di calore (quando si usa il prefisso “piro”, non è obbligatorio pensare alla fiamma, di per sé significa calore, non solo e necessariamente “di quella pira l’orrendo fuoco”).

Questo documento è da intendere come base per esaminare l’opportunità di studiare un programma di politica ambientale capace di imporsi come possibile intervento politico-amministrativo fortemente strutturale a livello nazionale, con ricadute positive sia di natura ambientale sia socio-economiche generali.

Il presente documento, in una fase successiva di approfondimento e di studio, sarà ovviamente corroborato da relazioni e dati provenienti da impianti esistenti e già operanti.

CONCLUSIONE

Dal punto di vista della scienza del Diritto, se la Costituzione economica indica il modo in cui il potere statale si relaziona con l’economia, tale relazione tiene in debita considerazione del processo di metamorfosi economico-sociale.

Tale trasformazione necessita, a sua volta, di una visione illuminata dell' ambiente che non metta in discussione il principio della libertà dell’iniziativa economica.

L’art. 41 Cost. cristallizza un modello di Costituzione della transizione ecologica che impone di tenere presenti - sempre - gli obiettivi ambientali in ogni decisione pubblica.