IL JAZZ CALIFORNIANO. DI ANTONIO LANZA
Milano, 15 marzo 2023. Di Luca Cerchiari. Coordinatore del Master in "Editoria e produzione musicale" e Docente di "Storia della musica pop e jazz", Università IULM - Milano
Con questo libro-anzi, un cofanetto di ben cinque volumi, o “tomi”-Antonio Lanza, pubblicista sulla musica afro-americana da decenni e già professore universitario di Letteratura italiana a Roma e l’Aquila, nonché apprezzato studioso dantesco e direttore di riviste scientifiche in ambito letterario, si candida ad essere l’autore del saggio sul jazz più esteso mai scritto a livello internazionale: in tutto, circa duemilaottocento pagine (più dei testi estesissimi di Gunther Schuller sul jazz, ma anche di quelli di Alberto Basso, Piero Buscaroli, Alex Ross o Quirino Principe sulla musica classica).
La materia, relativa al contributo 1951-1960 di uno dei principali stati della confederazione nordamericana, è suddivisa tematicamente tra messa a fuoco complessiva dello stile californiano (vol.1), capiscuola, compositori e complessi(vol.2), solisti di strumenti a ottone e ad ancia(vol.3), vibrafonisti, pianisti e chitarristi (vol. 4) e infine contrabbassisti, batteristi e diffusione del jazz californiano nel resto degli Usa e nel mondo(vol.5).
Un’opera gigantesca, nel suo genere unica, ricchissima di informazioni biografiche e discografiche e corredata da rimandi bibliografici che avremmo peraltro preferito in appendice all’ultimo volume, cui mancano l’indice dei nomi e, appunto, una bibliowebdiscografia.
Lanza ha intrattenuto diversi rapporti diretti con studiosi americani, come si evince dall’accuratezza di molti profili di musicisti o operatori anche “minori”.
Il jazz californiano, o West Coast Jazz, ebbe il suo momento di maggior fulgore all’epoca del quartetto “senza pianoforte” di Gerry Mulligan e Chet Baker, ma ha avuto i suoi prodromi nel jazz cosiddetto “progressive” dell’orchestra di Stan Kenton, nel contributo di Woody Herman, e significativi apporti col quartetto del poi celebre pianista di San Francisco Dave Brubeck e con le opere di solisti come Shorty Rogers, Conte Candoli, Art Pepper, Bud Shank, Bob Graettinger, Chico Hamilton, Bob Cooper, Shelly Manne, Clare Fisher, Hampton Hawes.
Antonio Lanza, dopo una premessa autobiografica, insiste giustamente sulla diversità e specificità del jazz californiano, distinguendolo dal cool-jazz newyorkese, ed evidenziandone come caratteristiche peculiari la propensione alla scrittura e all’arrangiamento (figlie dirette anche della didattica di compositori europei allora attivi in California come Darius Milhaud e Mario Castelnuovo Tedesco), le sonorità derivanti dal clima temperato di questo stato affacciato sul Pacifico e l’intreccio col mondo della musica cinematografica e televisiva.
Complimenti: un kolossal hollywoodiano, cui ha contribuito significativamente il figlio Gianmarco Lanza, musicofilo e batterista.
Antonio Lanza, Il jazz californiano (1951-1960), 5 volumi, Aracne 2023