IL DIFFICILE EQUILIBRIO DEI MERCATI
Milano, 21 marzo 2024. A cur del Team di Gestione Pharus
Si chiude una settimana invariata per gli indici azionari globali, con l’Europa che grazie al settore bancario sovraperforma gli USA, e una ripresa del mercato Cinese guidato in particolare dal settore tech che invece è uno tra i peggiori settori sul mercato Americano.
Da evidenziare come a fronte di indici complessivamente poco mossi, ed in un contesto di indicatori di sentiment estremamente ottimistici, si registri invece una risalita della volatilità, indicazione che forse il rally dallo slancio verticale su molti equity sta perdendo la sua forza, anche in corrispondenza del primo trimestre che si appresta alla sua conclusione e che molto spesso getta le basi per una rotazione di temi e dinamiche sui mercati.
In settimana abbiamo avuto i dati sull’inflazione che hanno catalizzato il dibattito tra gli investitori. Il CPI ovvero l’inflazione complessiva lato consumatori, per il mese di febbraio ha registrato una crescita del 3.2%, leggermente superiore alle attese del 3.1% ed in linea a quella del mese precedente. Stesse dinamiche sull’inflazione core uscita al 3.8% al di sopra del 3.7% atteso ma in calo rispetto al mese precedente.
Questi valori restano al di sopra dell’obbiettivo del 2% della FED. Tuttavia, escludendo l’edilizia abitativa i così detti shelter (una componente ritardata del calcolo dell’inflazione e per altro una misura errata degli attuali affitti reali di mercato), i tassi d’inflazione complessiva e core sarebbero rispettivamente solo dell’1,8% e del 2,2% quindi già in linea o addirittura al di sotto del target della FED. Non è un caso che la FED prediliga il dato di inflazione misurato dal PCE, dove questa componente distorsiva degli affitti pesa molto di meno.
Gli equity sembrano non preoccuparsi troppo dell’inflazione e ne vedono anzi il lato positivo, ovvero la crescita nominale di fatturato e utile delle imprese. Vedono inoltre una retorica della FED che pur volendo evitare un nuovo radicamento di una psicologia inflazionistica, cerca d’altra parte di prevenire in tutti i modi la recessione ed è in più appare sempre più attenta a possibili eventi negativi che possano sfuggire dal loro controllo, come ad esempio alla salute delle banche regionali. Evidentemente non sarà sfuggito a Powel il recente articolo del Financial Times che evidenzia come nei primi 3 mesi del 2024 ci siano stati un numero di default molto elevati, sui massimi dalla crisi finanziaria.
La crescita economica d’altronde sembra solida ed il modello della Fed di Atlanta la calcola per gli Stati Uniti al 2.3%, in riduzione rispetto al 3.1% della settimana scorsa, ma ancora un ottimo numero, che se analizzato singolarmente da idea di un’economia molto forte, ma che se osservato nella sua evoluzione, vede una chiara tendenza al rallentamento che potrebbe essere proiettata sulla parte restante dell’anno.
I dati macro non spostano gli equilibri, i mercati continuano a ragionare sull’idea di un trend discendente dell’inflazione, ma ad aumentare la probabilità che i tagli dei tassi della Fed siano inferiori e più tardivi di quanto la maggior parte degli investitori si aspettasse all’inizio dell’anno, ha anche contribuito il dato sull’inflazione misurata dal lato della produzione, il così detto PPI, che ha mostrato un aumento dello 0,6% m/m, il doppio del previsto.
Questo ha portato i tassi sul decennale americano a risalire intorno al 4.3% mettendo sotto pressione la componente obbligazionaria dei portafogli con un incremento settimanale di 20 centesimi che non si vedeva da ottobre scorso.
È curioso evidenziare come questa salita dei tassi americani, che si porta dietro anche la curva europea, avvenga in un contesto in cui diversi membri della BCE hanno dichiarato che c’è ormai accordo nel ridurre i tassi in primavera, poiché la battaglia contro l'inflazione è stata vinta.
A proposito di aspettative elevate, è di GS un interessante studio che ci apre gli occhi su come sia irragionevole pensare ad un business, per quanto innovativo, che cresca a tassi elevati per molto tempo. Gli strategisti della banca d’affari americana hanno infatti analizzato tutte le società americane dal 1985 ad oggi e sono arrivati alla conclusione che le aspettative incorporate oggi dal mercato su alcuni titoli dell’AI e su Nvidia in particolare, con tassi di crescita del fatturato superiori al 20% siano stati realizzati nella storia per un periodo consecutivo di 5 anni, solo da poco più di 100 società e addirittura, di queste, solo in 4 hanno avuto margini sull’ebit superiori al 50% per più di 5 anni consecutivi. Nessuna società nella storia dei mercati sembra essere stata in grado in grado di mantenere certe crescite per più di 5 anni, cosa che invece il mercato sta oggi considerando per molti titoli appartenente al settore citato, con il termine “AI” menzionato da quasi 200 società durante l’ultima reporting season.
Intanto nel settore delle intelligenze artificiali sale l’attesa per la Graphics Technology Conference 2024 in corso in California, in cui Nvidia presenterà al mercato gli ultimi progressi fatti nel campo dell’intelligenza artificiale, e dove vedremo se saranno in grado di sorprendere ulteriormente il mercato.
L’attenzione degli investitori sul mondo delle intelligenze artificiali passerà il testimone mercoledì alla FED che si riunirà per la consueta decisione sui tassi. Una riunione che dovrebbe mantenere i tassi sui livelli attuali, con il mercato che presterà molta attenzione alla retorica di Powel per valutare se ci sarà un cambiamento in seguito ai dati di inflazione della settimana scorsa e si focalizzerà forse più sul tema della riduzione del bilancio, piuttosto che su quello dei tassi.
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