IL CAPITALE ACCUMULATO DEI FONDI PENSIONE E DELLE CASSE DI PREVIDENZA
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Trento, 28 febbraio 2025. Di Paolo Rosa, avvocato.
Si torna a parlare, sulla stampa specializzata (Milano Finanza del 24.02.2025), dell’importanza che vengano elaborate, a livello europeo, ricette di politica economica per far dialogare domanda e offerta di capitali, facendo crescere le società scambiate sui listini.
Fra le possibili leve per attirare liquidità sui mercati, si guarda con sempre maggiore attenzione all’introduzione di un obbligo ex lege per i Fondi pensione e per le Casse di previdenza di un investimento minimo in strumenti azionari emessi da PMI italiane o europee.
Il capitale accumulato dai Fondi pensione e dalle Casse di previdenza dei professionisti interessa quindi sempre di più la finanza.
La cosa però che non si riesce a comprendere è la natura di questa provvista che è previdenziale, per i Fondi pensione complementare volontaria e per le Casse di previdenza addirittura obbligatoria di primo pilastro.
Vediamo ora i numeri, tutti tratti dai documenti ufficiali editi dalla COVIP.
«Le posizioni in essere
Alla fine del 2024, il totale di posizioni in essere delle forme pensionistiche complementari è di 11,1 milioni, il 4,2 per cento in più rispetto a dicembre del 2023.
A tali posizioni, che includono anche quelle di coloro che aderiscono contemporaneamente a più forme, corrisponde un totale degli iscritti di 9,950 milioni.
Nei fondi negoziali le posizioni sono cresciute di 227.300 unità (+5,7 per cento rispetto al dicembre 2023), per un totale complessivo di 4,245 milioni.
A tale crescita contribuiscono maggiormente il fondo rivolto al settore edile (+84.800 posizioni), destinatario dell’adesione contrattuale di lavoratori attraverso il versamento di un contributo, ancorché di importo modesto, a carico del solo datore di lavoro, e il fondo del pubblico impiego (+38.500 posizioni); incrementi netti di rilievo si registrano nel fondo destinato ai lavoratori del commercio e in quello rivolto all’industria metalmeccanica (+20.300 posizioni per entrambi i fondi).
Nelle forme pensionistiche di mercato, si contano 133.900 posizioni in più nei fondi aperti (+6,9 per cento) e 83.500 in più nei PIP (+2,2 per cento); alla fine di dicembre, il totale delle posizioni in essere in tali forme è pari, rispettivamente, a 2,084 milioni e 3,865 milioni.
I contributi e le risorse in gestione
Nel corso del 2024, fondi negoziali, fondi aperti e PIP hanno raccolto nel complesso 15,7 miliardi di euro, in crescita del 7 per cento sul corrispondente periodo del 2023.
L’incremento risulta maggiore per i fondi negoziali (8,8 per cento).
Il totale delle risorse destinate alle prestazioni è di 243 miliardi di euro, l’8,2 per cento in più rispetto ai 224,4 miliardi di fine 2023.
Circa i tre quinti dell’incremento è dipeso dall’aumento dei corsi dei titoli in portafoglio; il resto è dovuto ai flussi contributivi al netto delle uscite.
L’attivo netto è di 74,6 miliardi di euro nei fondi negoziali, in crescita del 9,9 per cento rispetto alla fine dell’anno precedente; si attesta a 37,3 miliardi nei fondi aperti e a 54,7 miliardi nei PIP, rispettivamente, il 14,3 e il 9,6 per cento in più in raffronto al 2023.
I rendimenti
Al pari dell’anno precedente, anche nel 2024 i rendimenti delle forme di previdenza complementare sono risultati positivi, con valori più elevati per le gestioni con una maggiore esposizione azionaria.
Per i comparti azionari si riscontrano rendimenti medi pari al 10,4 per cento nei fondi negoziali ed in quelli aperti e al 13 per cento nei PIP.
Nelle linee bilanciate i risultati sono in media pari al 6,4 per cento nei fondi negoziali, al 6,6 nei fondi aperti e al 7 nei PIP.
Rendimenti medi inferiori, ma comunque positivi, si rilevano per i comparti obbligazionari e garantiti.
Valutando i rendimenti su orizzonti temporali più lunghi e coerenti con le finalità del risparmio previdenziale, nel periodo di dieci anni da fine 2014 a fine 2024 i rendimenti medi annui composti delle linee a maggiore contenuto azionario si collocano intorno al 4,5 per cento per tutte le tipologie di forme pensionistiche; per le linee bilanciate, i rendimenti medi sono compresi tra l’1,7 e il 2,7 per cento.
La maggior parte delle linee garantite e obbligazionarie mostra invece rendimenti medi positivi ma inferiori all’1 per cento; le gestioni separate di ramo I dei PIP, che contabilizzano le attività al costo storico e non al valore di mercato, ottengono un rendimento medio dell’1,6 per cento.
Nello stesso periodo, la rivalutazione del TFR è risultata pari al 2,4 per cento.
Osservando la distribuzione dei risultati dei singoli comparti tra le diverse tipologie di forma pensionistica e le diverse linee di investimento, tutti i comparti azionari e anche una buona parte dei bilanciati mostrano rendimenti più elevati rispetto ai comparti obbligazionari e a quelli garantiti oltreché al TFR.
Per ciascuna tipologia di linea di investimento, i fondi negoziali mostrano nel complesso una dispersione dei rendimenti dei singoli comparti inferiore a quella che registrano fondi aperti e PIP.»(Fonte: Relazione COVIP dicembre 2024)
«L’attivo totale delle casse di previdenza a fine 2023 è di 114,1 miliardi di euro, il 9,9% più del 2022; il peso rispetto al PIL si attesta al 5,4%.
Negli ultimi dieci anni le risorse complessive del settore sono cresciute di 48,4 miliardi, pari in media al 5,7% su base annua.
Alla variazione dell'attivo concorrono diversi fattori, quali essenzialmente i saldi previdenziali per contributi incassati e prestazioni erogate e la redditività degli investimenti.
Nel 2023 il flusso complessivo dei contributi al netto delle prestazioni si è attestato a 3,7 miliardi di euro, valore ritornato in linea rispetto a quelli registrati negli anni precedenti allo scoppio della pandemia.
La redditività media degli investimenti è stata pari al 7,1%, grazie all’andamento favorevole dei mercati finanziari; sul più ampio orizzonte decennale, la redditività media annua composta è del 2,8%.
La composizione dell'attivo
Le quote di OICR costituiscono la componente maggioritaria dell’attivo totale: 60,1 miliardi di euro, pari al 52,7% del totale, di cui 33,1 miliardi formate da OICVM e 27 miliardi da altri OICR (15,6 miliardi sono quote di fondi immobiliari).
Tra le altre componenti principali dell'attivo, i titoli di debito ammontano a 24,2 miliardi, di cui 19,2 miliardi di titoli di Stato; i titoli di capitale sono pari a 9,6 miliardi.
Nel complesso, aggregando anche i titoli obbligazionari e azionari sottostanti gli OICVM detenuti dalle casse di previdenza:
gli investimenti obbligazionari, pari a 43,2 miliardi di euro rappresentano il 37,9% dell'attivo e sono in aumento di 1,8 punti percentuali rispetto al 2022. In prevalenza, sono titoli di Stato, sono allocati nell’Area dell’euro e, per quanto riguarda le obbligazioni corporate, fanno capo al settore finanziario;
gli investimenti azionari, pari a 21,6 miliardi di euro costituiscono il 18,9% dell'attivo, risultando in crescita rispetto al 17,4% del 2022. In prevalenza, sono allocati nell’Area dell’euro e negli Stati Uniti e fanno riferimento in particolare al settore finanziario;
gli investimenti immobiliari, pari a 18,8 miliardi di euro, subiscono una flessione di 1,3 punti percentuali rispetto al 2022. In larga prevalenza, sono immobili ubicati in Italia.
Sussiste un’ampia eterogeneità tra le casse nella composizione delle attività investite.
In particolare, il campo di variazione delle quote detenute dalle singole casse di previdenza è elevato per i titoli di Stato (0-74 per cento, la metà dei casi tra il 10 e il 25 per cento), per gli OICVM (0-76 per cento, la metà dei casi tra il 28 e il 47 per cento).
Mostra una dispersione elevata anche l’incidenza percentuale degli investimenti immobiliari per effetto dei vincoli che sussistevano all’impiego dei fondi disponibili per le casse di meno recente istituzione.
Gli investimenti nell'economia italiana
Gli investimenti domestici delle casse di previdenza ammontano a 44 miliardi di euro, il 38,6% delle attività; la percentuale risulta in aumento di 3 punti percentuali rispetto al 2022.
Nell'ambito degli investimenti domestici, restano predominanti gli investimenti immobiliari (17,1 miliardi, il 15% delle attività totali) e i titoli di Stato (13,8 miliardi, il 12,1% delle attività totali); per questi ultimi, cresciuti di 3,2 punti percentuali, si sono registrati acquisti netti nel corso del 2023 per 3,8 miliardi di euro.
Le casse sono risultate anche acquirenti nette di azioni e obbligazioni italiane per complessivi 680 milioni di euro.
Il totale a fine 2023 degli investimenti in titoli di imprese italiane è di 8,4 miliardi di euro, pari al 7,4 per cento dell’attivo totale, di cui 7,5 miliardi costituiti da azioni (1,95 miliardi rappresentativi di quote del capitale della Banca d’Italia) e 900 milioni da obbligazioni; essi fanno capo in modo particolare al settore finanziario, con oltre il 50% del totale.» (Fonte: Comunicato stampa COVIP 22 ottobre 2024).
Il totale del capitale accumulato al 31.12.2024 è pari a 357,1 miliardi di euro.
Il 27 febbraio 2025 l’Istituto Bruno Leoni ha pubblicato sul suo sito un interessantissimo studio di Epicenter, il principale network europeo di think tank favorevoli al mercato dal quale, per i fini che qui interessano, traggo questo passaggio:
«Se tutti gli esperti concordano sulla mancanza di investimenti, non tutti colgono il legame molto forte con i risparmi a lungo termine, i fondi pensione e la capitalizzazione del mercato azionario.
Poiché le pensioni non sono di competenza europea, gli esperti dell’UE non hanno evidenziato il tassello mancante nella sconcertante situazione dell’Europa.
Mentre l’Europa ha competenze, strumenti e know-how, non ha abbastanza risparmi a lungo termine.
Poiché la maggior parte dei Paesi dell’UE si basa su sistemi a ripartizione, mancano i capitali nei fondi pensione.
Un recente studio quantifica i costi associati al sottosviluppo del risparmio previdenziale nell’Unione Europea, confrontandoli con la media OCSE (Marques, 2023).
La perdita di reddito rappresenta una media del 2,4% del PIL all’anno, ovvero più di 350 miliardi di euro oggi.
Se l’UE non comprende la profondità del problema e non incoraggia l’investimento nei fondi pensione per aggiungere un livello al sistema a ripartizione, non ci sarà alcun rimedio alla scarsità di risparmi e quindi di investimenti.»
Io sono senz’altro favorevole a condizione che sia riconosciuta la natura previdenziale della provvista e che lo Stato, ai sensi dell’art. 38 della nostra Carta costituzionale, si faccia garante di ultima istanza sia delle pensioni dei professionisti italiani che delle pensioni complementari di tutti i lavoratori, privati e pubblici.
Questo per non scaricare sugli iscritti il rischio dei mercati finanziari.