IL CALCOLO DELLA PENSIONE DEGLI AVVOCATI: ATTO SECONDO
Trento, 31 ottobre 2024. Di Paolo Rosa, avvocato.
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Com’è noto, in Cassa Forense vi è il tetto pensionabile e quindi i redditi professionali degli avvocati sono pensionabili solo fino ad un certo “tetto reddituale”, che ogni anno viene rivalutato da Cassa Forense.
In questi ultimi anni si è aperto un contenzioso nei confronti di Cassa Forense che, secondo le sentenze di merito emanate, ha errato nella rivalutazione annuale del tetto pensionabile per un errore iniziato negli anni 1980/1983 che si riverbera sul calcolo della pensione ancora oggi effettuato.
Gli avvocati interessati alla vicenda sono coloro che hanno avuto un reddito superiore al tetto pensionabile anche se si sono iscritti alla Cassa dopo il periodo 1980/1983.
In buona sostanza Cassa Forense ha commesso due errori:
▪ il primo errore consiste nel fatto che Cassa Forense rivalutò il tetto reddituale pensionabile solo a partire dal 1° gennaio 1982, ovvero dalla stessa decorrenza della rivalutazione delle pensioni, così mangiandosi la rivalutazione del tetto per i primi 2 anni e cioè per il 1980 e il 1981;
▪ il secondo errore Cassa Forense lo ha commesso quando ha ritenuto di poter differire di un ulteriore anno la rivalutazione del tetto reddituale pensionabile al 1983, applicando in sostanza lo stesso criterio che regolava la diversa ipotesi della rivalutazione della pensione.
Ma rivalutazione del reddito pensionabile per costruire la pensione e rivalutazione della pensione sono due aspetti diversi.
“Art. 47 comma 7 Regolamento unico della previdenza:
I redditi annuali dichiarati, escluso l’ultimo, sono rivalutati in base alla variazione dell’indice annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di impiegati e operai rilevata dall’Istat di cui all’art. 60.
A tal fine il Consiglio di Amministrazione redige, entro il 28 febbraio di ciascun anno, sulla base dei dati pubblicati dall’Istat, apposita tabella dei coefficienti di rivalutazione relativi ad ogni anno. La delibera viene comunicata ai Ministeri Vigilanti per la relativa approvazione, ai sensi dell’art.3, secondo comma del Decreto Legislativo n.509/1994.
Art. 60 Aumento dei trattamenti:
1. Gli importi delle pensioni erogate dalla Cassa sono aumentati annualmente, a partire dal secondo anno successivo a quello di decorrenza, con delibera del Consiglio di Amministrazione da adottare entro il 28 febbraio, in proporzione alla variazione dell’indice annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, rilevata dall’Istituto Nazionale di Statistica per l’anno precedente.
2. La delibera viene comunicata ai Ministeri Vigilanti per la relativa approvazione, ai sensi dell’art.3 secondo comma del Decreto Legislativo n.509/1994.
3. Gli aumenti hanno decorrenza dall’1 gennaio dell’anno della delibera del Consiglio di Amministrazione.
4. Le pensioni sono pagate in tredici mensilità di eguale importo. La tredicesima mensilità è pagata nel mese di dicembre”.
Operando in questo modo Cassa Forense, nella sostanza, ha congelato la rivalutazione dei tetti reddituali per la costruzione della pensione per i primi tre anni e cioè per il 1980, 1981 e 1982.
Come ricorderete, negli anni passati è stato portato all’attenzione della Magistratura il secondo dei problemi sopra indicati e cioè se l’avvocato già pensionato avesse diritto alla sua prima rivalutazione della pensione a partire dal 1° oppure dal 2° anno successivo al pensionamento.
La Suprema Corte di Cassazione con due distinte pronunce con l’autorità delle Sezioni Unite, la prima la n. 8684/1996 e la seconda 7281/2004, confermò l’orientamento favorevole alla domanda dei pensionati e, dopo la seconda sentenza delle Sezioni Unite, Cassa Forense diede applicazione generalizzata al principio ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione.
Ora dopo numerose sentenze di merito, favorevoli agli avvocati pensionati, si è finalmente pronunciata anche la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 16585 del 12.06.2023, già pubblicata in questa Rivista Cassa Forense: la parziale omissione del contributo non incide sul diritto dell’avvocato a pensione.
La Suprema Corte, in relazione agli errori commessi da Cassa Forense sulla rivalutazione dei tetti pensionabili per gli anni 1980, 1981 e 1982 ha affermato il seguente principio di diritto: “in tema di pensioni a carico della Cassa di previdenza e assistenza a favore degli avvocati procuratori, il sistema di adeguamento introdotto dalla legge 20.09.1980, n. 576, art. 16 – che prevede aumenti annuali, da determinarsi con apposito decreto interministeriale ricognitivo della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, e da corrispondersi con decorrenza dal 1° gennaio dell’anno successivo alla data del decreto stesso – comporta che i titolari del diritto a pensione maturato nell’anno di emissione del decreto interministeriale possono fruire dell’adeguamento ivi determinato, pur essendo l’epoca di riferimento considerato dal decreto medesimo per la ricognizione della suddetta variazione anteriore al momento di maturazione del diritto”.
Il Supremo Collegio è giunto ad affermare che, non facendo riferimento alcuno all’anno precedente alla maturazione del diritto a pensione a fini della rivalutazione dei vari redditi da attualizzare, il sistema contenesse effettivamente un vuoto relativamente alla quantificazione del reddito pensionabile, lacuna che le stesse Sezioni Unite sono intervenute a colmare, disponendo che, poiché nell’attualizzare il reddito da porre a base della pensione non si tiene conto della rivalutazione intervenuta l’anno precedente il sorgere del diritto a pensione, di siffatta esigenza di attualizzazione si terrà conto provvedendo a rivalutare la pensione sin da 1° gennaio dell’anno successivo al sorgere del diritto; quindi la Corte ha introdotto siffatto correttivo per via interpretativa, onde far sì che il vuoto normativo non ridondasse ingiustamente a carico del professionista, pensionatosi nel 1980.
Altri ricorsi pendono avanti la Suprema Corte di Cassazione.
Il 24 ottobre 2024 è stata pubblicata la sentenza 27609/2024 con la quale la Suprema Corte di Cassazione ha confermato che l’art. 27, ultimo comma della legge 576/80 è una norma non di carattere transitorio ma avente portata generale.
Essa cioè si applica per tutte le pensioni: sia per quelle antecedenti alla data di entrate in vigore della legge, sia per quelle maturate successivamente e, in particolare, per quelle maturate dopo il 1982; per queste si deve far riferimento all’indice medio annuo relativo all’anno di entrata in vigore della legge e quindi all’indice medio annuo del 1981, contenente i dati di svalutazione del 1980 così come già statuito dalla sentenza n. 16586/2023.
Con questo arresto, che conferma i precedenti, sulla scia delle Sezioni Unite di cui alla sentenza n. 7281/2004, la Suprema Corte di Cassazione ha affermato come non vi sia ragioni di discostarsi da tale orientamento.
La Cassazione ha però accolto il secondo motivo di ricorso affermando che la rivalutazione dei redditi percepiti a far data dal 1980 operava non solo ai fini del calcolo del trattamento pensionistico, ma anche ai fini dell’aumento del reddito su cui applicare la percentuale del contributivo soggettivo e quindi, a decorrere dal 1980, si ebbe un correlato aumento della contribuzione dovuta in seguito alla rivalutazione dei redditi su cui applicare l’aliquota contributiva. Ha quindi rinviato alla Corte di Appello di Milano per accertare quanto dovuto a titolo di maggiori contributi sui redditi così rivalutati.
Sulla rivalutazione dei redditi l’orientamento della suprema Corte si è quindi consolidato e bene ha fatto Cassa Forense a rimpinguare l’apposita riserva in bilancio così da estendere l’applicazione a tutti gli aventi diritto, cosi come già avvenuto a suo tempo per la rivalutazione delle pensioni.