Il bluff tedesco è giunto alla fine
Scritto da Guido Colomba, membro del Direttivo AssoFinance – Direttore responsabile “The Financial Review”. Ci saranno vincitori e perdenti.
Tra i vincitori vi è la Casa Bianca che sta dettando le regole (`Spagna e Italia vanno aiutate; la Grecia deve restare nell`euro`) per uscire da una crisi troppo lunga e rischiosa.
Sono trascorsi tre anni e mezzo dal fallimento di Lehman Brothers senza che l`Europa abbia saputo fronteggiare le conseguenze. Irlanda, Portogallo, Grecia, Spagna. L`Italia sotto attacco. Un elenco troppo lungo per legittimare la leadership tedesca. Eppure sono molti gli opinion-makers che contestano il tentativo di addebitare tutte le colpe a Berlino. Certo, in Italia la spesa pubblica brucia 40mila euro al minuto. Ed è aumentata di 250 miliardi di euro, una cifra ben superiore al servizio del debito. Su 100 donne impiegate nell`agricoltura meridionale ben 92 ricevono un sussidio di disoccupazione. Sono dati così sconvolgenti che chiariscono perchè questa Italia corporativa e furbesca non sopporti i tentativi del governo Monti di riportare il paese alla normalità. Ma questa normalità non può essere la pax della Merkel, molto abile nel guadagnare tempo a proprio esclusivo vantaggio. Obama lo ha capito talmente bene che ha accelerato insieme a Bernanke (`siamo pronti ad intervenire`) le misure necessarie a proteggere l`equilibrio euro-atlantico. Anche perchè il bluff tedesco è giunto al termine. Gli analisti del team bancario londinese di Mediobanca hanno calcolato in 149 punti base di maggiore rendimento per i Bund a sette anni (dallo 0,90% attuale al 2,39%) il livello al quale anche Angela Merkel non sarebbe più contraria al lancio degli eurobonds. Nel frattempo più passa il tempo e più la Germania ottiene un doppio guadagno. Il primo in termini di esportazioni che per la metà sono indirizzate a Francia, Spagna e Italia: le aziende tedesche si finanziano, profittando della crisi, a costi più bassi e migliorano la loro competitività già elevata. Il secondo in termini di `funding`. La fuga dei risparmiatori dalle banche di Grecia, Spagna e Italia, ha già fatto affluire una cifra compresa tra i 50 e i 70 miliardi di euro oltretutto ad un costo prossimo allo zero. Nessun Paese, tanto meno gli Stati Uniti, è disposto a concedere simili vantaggi per un periodo di tempo troppo lungo. Inoltre, vi sono fondati motivi per credere ad un rallentamento nel tasso di crescita della Cina come dimostrano i recenti stimoli non solo monetari decisi dal governo di Pechino.
E` tempo di consolidamento e il `fly to quality` sta per cambiare. Persino il Fondo Monetario Internazionale oramai si sbilancia nel dare una sorta di ultimatum alla Germania per chiudere questo lungo braccio di ferro: novanta giorni. A settembre si volta pagina ma, se così sarà, i mercati azionari anticiperanno a modo loro la svolta e torneranno a correre. Naturalmente è questo lo scenario preferito che consentirebbe ad Obama di affrontare le elezioni presidenziali con un quadro di riferimento del tutto soddisfacente. Intanto, la Bce si tiene pronta per una manovra a tenaglia in stretta intesa con la Fed. E` sintomatico che il premio Nobel Thomas Sargent abbia ricordato che `c`é una somiglianza con la crisi negli Stati Uniti del 1788`. Fu allora che nacque un vero stato federale, dove gli stati individuali risultarono più deboli rispetto ad un governo centrale più forte. Fu creata un`unione fiscale con l`obiettivo di `servire il debito`. Ed è quello cui è destinata la Bce.