I nodi da sciogliere

Quali sono i nodi da sciogliere per la prossima  legislatura? Ecco alcune considerazioni che offriamo all’attenzione del futuro governo. Usando l’immagine delle matrici di Leontieff occorre collegare ogni singola proposta agli effetti collaterali: spesso le soluzioni tecniche non tengono conto che si tratta di governare per cinque anni un paese di 60 milioni di abitanti.

I nodi da sciogliere

1) Ancoraggio europeo: deve essere la linea maestra per convertire l’eurozona in una vera unione economica

2) Pressione fiscale Impegno a non aumentare le tasse anzi a ridurle visto che la pressione fiscale effettiva supera già il 65% (quella nominale è al 45%). Che cosa dire sulla ipotesi di una patrimoniale? Se si tratta di dare migliore e piena attuazione al principio costituzionale della progressività delle imposte non può esserci un “no” pregiudiziale. Il “fiscal cliff” degli Usa insegna qualcosa. Ad esempio la “proposta Giavazzi” punta ad eliminare gli incentivi “a pioggia” per devolverli a innovazione e ricerca nonché alla riduzione del “cuneo fiscale” sul costo del lavoro. Una soluzione che, non a caso, trova l’adesione della stessa Confindustria.

3) Modello di società: abbattere i veti incrociati nel definire un percorso di cinque-dieci anni per costruire un modello di società nel quale i cittadini possano riconoscersi. La middle class, forte di 24 milioni di elettori, è il target di questo progetto. I principi dello sviluppo sostenibile devono prevedere una piena condivisione di responsabilità tra pubblico e privato.  Sulla definizione e sulle regole di questo mix si gioca il futuro del Paese. La parola magica è “implementation”. I veti incrociati hanno impedito al governo Monti di incidere sul sistema-Paese.

4) Occupazione femminile Il part-time contrattuale deve essere valorizzato non condannato e frenato. E’ giusto dare la possibilità alle mamme di lavorare alcuni giorni a settimana purché vi siano sufficienti asili-nido. Dunque investimenti prioritari in questo settore con parità fiscale in termini pensionistici. Giovani La situazione è drammatica con oltre il 30% di disoccupati effettivi.(a) Il part –time (vedi caso McDonald’s) ad es. per gli studenti universitari deve essere incoraggiato. (b) La formazione dei giovani, con gli aiuti della UE, va semplificata e finanziata con un salario minimo di 400 euro al mese. (c) La complessa copertura finanziaria va correlata alla eliminazione graduale della cassa integrazione in deroga. Puntare ad un sussidio di disoccupazione universale con regole certe  come nei paesi del Nord Europa che prevedano un contratto di inserimento e reinserimento nelle imprese (incluse le start up) che investono in innovazione e internazionalizzazione. Valorizzare il merito negli studi,  finanziando le borse di studio universitarie e liceali.

5) Spesa pubblica e costo della politica (a) Va tagliata e ridimensionata se riferita alle spese correnti. La macchina dello Stato (inclusi gli enti territoriali) assorbe ormai più del 50% del Pil. Gli standard di spesa, voce per voce, devono entrare in vigore in termini certi valorizzando il “metodo Bondi”.  Diverso il discorso della spesa per investimenti strutturali, diminuiti nonostante l’aumento della spesa pubblica, che va valorizzata insieme a regole (e sanzioni) che garantiscano la piena implementation. (b) Ritorno alla legalità: Abolire il finanziamento dei partiti nel rispetto del referendum del ’94. In questo senso è inderogabile la riforma della giustizia (incluse le carceri) e della Costituzione imponendo al Presidente della Repubblica la tutela della volontà popolare sui referendum. (c)  Semplificazione dello Stato con un solo livello istituzionale e politico tra Comuni e Stato centrale attuando una riduzione drastica di tutte le assemblee elettive. Lo sviluppo dell’informazione digitale rende superflue gran parte delle strutture burocratiche periferiche.

6) Politica industriale Da venti anni, questo tema è scomparso.  E’ caduto il muro di Berlino, sono esplose due bolle speculative internazionali (internet e prime rate), sono nati i Brics, eppure la classe politica, divenuta casta permanente, ha ignorato la politica industriale. Due priorità: (a)Tornare al  manifatturiero  (l’Italia è il secondo maggior paese industriale dopo la Germania e vanta diverse aree di eccellenza sparse in tutto il Paese) (b) Investire nel patrimonio culturale e nel turismo (elemento di attrazione anche per le industrie come dimostra il settore della moda e del lusso) valorizzando quel patrimonio di  economia sociale  che rappresenta un valore italiano ineguagliabile 

7) Privatizzazioni e liberalizzazioni Uscire dagli equivoci per evitare di favorire solo gli amici degli amici. Oggi per vendere sul mercato una caserma o un edificio pubblico nel centro di una città occorrono oltre 35 passaggi autorizzativi tenuto conto delle competenze regionali potenziate con la riforma del titolo V della Costituzione. I veti incrociati fanno fuggire gli investitori esteri: basti l’esempio del permesso negato per 7 anni all’Ikea in Toscana.  Le precedenti privatizzazioni hanno solo regalato beni dello Stato a basso prezzo sempre a favore di gruppi industriali ben collegati alla “casta”.  La trasparenza della spesa pubblica va garantita con l’obbligo di bilanci consolidati, certificati e confrontabili per ogni entità pubblica.

Scritto da Guido Colomba, membro del Direttivo AssoFinance – Direttore responsabile “The Financial Review”.

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