I MERCATI HANNO FESTEGGIATO COME FOSSE IL 1999. MA, E' IL 2023....
Giannina Puddu, 17 luglio 2023.
Era il dicembre 2022, quando il team di ricerca di Deutsche Bank, guidato da Jim Reid con base a Londra, si era espresso circa le prospettive del mercato azionario nel 2023.
Aveva fatto anche un sondaggio che aveva coinvolto 856 analisti in tutto il mondo e non è poco...
La sintesi emersa era chiara: I rischi di una stagflazione sono considerati elevati negli Stati Uniti, in Europa e nel Regno Unito per i prossimi 12 mesi.
Anche il presidente della Fed Jerome Powell si era espresso affermando la probabile recessione americana sotto la spinta della stretta monetaria e, da allora, anche quest'anno, la morsa sui tassi è rimasta stretta.
Tra le cause elencate a sostegno dello scenario recessivo nel mondo occidentale, si erano elencati:
- il rischio che, nonostante la severa politica della FED, l'inflazione si sarebbe mantenuta oltre il livello auspicato;
- il conflitto tra Russia e Ucraina che, in verità, è un conflitto tra l'Occidente e la Russia e il rischio di un'escalation;
- il rischio che la recessione sarebbe stata particolarmente pesante.
Insomma, uno scenario di stagflazione che avrebbe visto convivere la modesta crescita economica, l'alto tasso di inflazione e la marcata disoccupazione.
In aggiunta a quanto sopra, i rischi sistemici indotti dai Paesi dell'area euro classificati "più fragili" per l'esposizione all'incremento degli spread dei titoli di stato sui quali pesava e tutt'ora pesa ancora di più, la maggiore uscita alla voce "interessi" a causa degli interventi della FED replicati dalla BCE che ha pure cessato i suoi interventi di Quantitative easing per sostenerne i prezzi.
A fine 2022, anche l'economista Nuriel Roubini aveva previsto un crash inevitabile con successiva crisi globale stagflazionistica dei debiti, debiti che sarebbero esplosi con 10 rialzi dei tassi consecutivi che avrebbero generato una valanga di casi di insolvenza.
Lo stesso Rubini intervistato da L'Espresso il 31 maggio 2023 ha aggiustato la sua previsione spostando il paletto all'anno prossimo, prendendo atto della recessione ancora non palese, ha spiegato che il rincaro del costo del danaro deve ancora sprigionarsi del tutto. L’anno della verità sarà il 2024: il pericolo di una recessione, in America come in Europa, non è scongiurato...
Durante la settimana appena chiusa, sulla spinta di rapporti ottimistici sugli utili trimestrali di tre delle più grandi banche statunitensi, il mercato azionario ha registrato l'ennesima salita di tutto...
Le big banche privilegiate sono JP Morgan, Citigroup e Wells Fargo.
Nel caso di Wells Fargo, la maggior fonte di guadagno è stato il differenziale applicato tra prestiti concessi e depositi con incremento del 29% rispetto all'anno scorso.
Possibile, purtroppo e fin troppo facile...
Stranamente, si osserva che gli investitori scommettono sempre più su uno "scenario Goldilocks", l'atterraggio morbido che porterebbe gli USA a scansare la recessione anche grazie all'inflazione che diminuirebbe rapidamente, superando le pur recentissime aspettative negative degli analisti come Jim Reid.
Adesso, a fronte dell'ennesima salita dei prezzi sull'azionario, Reid ha esultato affermando: Il mercato ha festeggiato come fosse il 1999!
Ma, il 1999 aveva in gestazione la grande bolla che esplose di lì a poco lasciando sul campo morti e feriti gravi.
Chi, come me, ha vissuto quei periodi immerso nell'ambiente finanziario, ricorda bene l'euforia diffusa che era stata alimentata dal nuovo settore della new economy.
Gli "investitori", di ogni dimensione, come vittime di allucinogeni, investivano contando su futuri e continui aumenti del valore dei titoli emessi dalle aziende del comparto.
Scarsa o nessuna attenzione verso i cosiddetti fondamentali e, dunque, verso l'esame degli utili prodotti, del livello di indebitamento, della disponibilità di beni materiali e di liquidità, oltre che delle effettive previsioni di crescita delle aziende ipercomprate.
Fino a che, un bel giorno, a fronte dei prezzi impazziti, qualcuno iniziò a fare cassa mettendo al riparo le plusvalenze realizzate e iniziando a non voler più comprare trascinandosi dietro gli altri.
Nel marzo 2000, iniziarono ad arrivare anche i dati concreti dalle quotate rivelandone tutta la fragilità e il Nasdaq iniziò a correggere verso il rosso.
La vera debacle si manifestò nel 2001.
Le Dot-com companies, le nuove società che si erano imposte concentrando il loro business on line, furono falciate.
Molte tra queste chiusero proprio i battenti, altre furono oggetto di acquisizione e nel 2004 la metà di queste non esisteva più.
Tra le grandi sopravvissute, Amazon, eBay, Apple.
Dall' irrazionale euforia, il mercato, in massa, si era spostato all'irrazionale paura.
In questi giorni, si assiste agli stessi comportamenti e si aggiungono elementi che necessitano di decriptazione poichè mancano sequenze logiche nelle dichiarazioni dei grandi attori finanziari.
Il 15 luglio, proprio JP Morgan che sta raccogliendo grande consenso finanziario sul mercato azionario, ha raccomandato di non acquistare azioni privilegiando i Titoli di stato.
Da JP Morgan, Marko Kolanovic, convinto della recessione in arrivo, mette in guardia gli investitori mentre il Nasdaq Composite ha registrato il suo migliore primo semestre dal 1983.
Ancora, due giorni fa, leggendo i dati trimestrali di Citigroup, si nota che, sia l'utile netto che i ricavi, hanno superato anche se di poco, le aspettative degli analisti.
Ma, rispetto allo stesso trimestre 2022, si registra una perdita del 39% sui ricavi e del 36% sugli utili.
La correzione vistosa si imputa alle maggiori spese operative, all'elevato costo del credito, ai minori ricavi.
La divisione Markets ha perso il 13% delle sue entrate, e sono crollate le commissioni di Investment Banking per circa un quarto del valore precedente.
La Finanza occidentale tace o poco parla del vero rischio che incombe con l'altra metà del pianeta che si sta liberando del dollaro come valuta di scambio commerciale.
Il "fatto" c'è, nonostante si tenti di negarlo coprendolo con il silenzio.
Sarà questo, togliendo valore al dollaro che, a sua volta, sottrarrà valore all'economia americana che di esso si alimenta grazie ai privilegi unici che si è concessa, a portare la finanza e le economie occidentali verso una fortissima fase di destabilizzazione.
Un vero caos dal quale emergerà un nuovo equilibrio globale, dopo aver devastato vaste praterie che si trasformeranno in aridi deserti.
Per questo ci vorrà tempo e, forse, questo tempo diverrà misurabile dopo il summit dei BRICS previsto per il mese di agosto a Johannesburg e che vede unirsi un gran pezzo d'Africa che pare destinata ad un futuro di maggiore autonomia e prosperità.
Intanto, Macron non ha ottenuto la sua sedia in Sud Africa... e, questo, è un doppio segnale: Macron è consapevole del potenziale dei BRICS e i BRICS non lo vogliono al loro tavolo, nè lui, nè altri come lui.