I MAGISTRATI CHE NON APPLICANO LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE A SEZIONI UNITE N. 15130 DEL MAGGIO 2024, DOVREBBERO ESSERE DESTITUITI
Giannina Puddu, 19 dicembre 2024.
Durante la trasmissione su Canale Italia di domenica scorsa, il conduttore Massimo Martire e il Presidente dell'Associazione ARIL Giuseppe Spinelli, hanno indotto gli ospiti avv. Enrico Bartolini del Foro di Brescia e dottor Alessandro Govoni, a riflettere sull'atteggiamento di Tribunali italiani verso il contenuto della Sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite del maggio 2024, n° 15130.
Secondo la Corte di Cassazione, la doglianza concernente la mancata esplicitazione nel contratto del maggior costo del prestito come effetto del sistema composto di capitalizzazione degli interessi, è causa di nullità testuale per la mancata indicazione di un prezzo o costo aggiuntivo del prestito, con conseguente applicazione del tasso sostitutivo ai sensi dell’art. 117 comma 7 del Testo Unico Bancario.
Questa affermazione, se nota e applicata dai Giudici, porta all'obbligo di restituzione, dalla banca mutuante al cliente mutuatario, degli interessi pagati in eccesso.
Secondo il dottor Alessandro Govoni, troppi magistrati non leggono e non studiano a sufficienza il nuovo provvedimento della Corte e giungono alla redazione di sentenze errate che danneggiano le famiglie italiane, avvantaggiando le banche e per questa ragione dovrebbero essere sollevati dal loro incarico.
La legge prevede che gli interessi applicati dall'ente erogante non possano superare le soglie indicate, periodicamente, dal Ministero delle Finanze, superate le quali il contratto è soggetto ad usura.
L'applicazione di un tasso usurario prevede anche responsabilità penali ex art. 644 cp a carico della Banca.
L'effetto per il mutuatario, ai sensi dell'art. 1815 comma 2 del c.c. è che "Se sono convenuti interessi usurari la clausola è nulla e non sono dovuti interessi".
E, che se gli interessi usurari sono già stati addebitati, devono essere restituiti, dalla banca al mutuatario, causando ulteriori effetti collaterali che devono essere colti e confermati dalla volontà e dalla competenza dei giudici chiamati a sentenziare.
Quanto sopra, sembrerebbe semplice e lineare, mentre nella quotidianità dei Tribunali, poco è semplice e poco è lineare.
Il primo passo da compiere, per il cliente mutuatario, è quello di rivolgersi ad un tecnico che sia in grado di produrre quella che è definita "perizia econometrica" che prevede proprio il puntuale ricalcolo degli interessi applicati dalla banca, rata per rata, allo scopo di verificare l'eventuale presenza dello sforamento usurario.
Verificata la presenza dell'usura, è indispensabile affiancare al perito un avvocato che sia esperto di Diritto Bancario, scartando, a priori, gli avvocati tuttologi che, anzichè migliorare la situazione, solitamente, la peggiorano anche e nonostante la buona volontà e la buona fede con cui possono espletare l'incarico.
Il Diritto Bancario è materia perversa, piena di insidie, troppo esposta alla libera interpretazione dei Giudici che sanno essere molto "creativi".
Mentre, dovrebbe essere chiara, stringente e non aperta a interpretazioni per cui, a fronte dello stesso quesito si giunga, per Tribuali diversi e/o per Giudici diversi a sentenze che siano anche di tenore opposto.
La legge italiana dovrebbe essere applicata con la stessa modalità su tutto il territorio nazionale e non soggetta alla libera traduzione e applicazione di sede in sede, divenendo NON UGUALE per tutti i cittadini italiani.
Così come dovrebbe essere obbligatoria, per il Giudice chiamato a dirimere una causa tra banca e cliente, sul presupposto della condizione di usura esposta dall'avvocato del mutuatario che abbia prodotto come prova la perizia econometrica, la nomina del CTU (Consulente Tecnico d'Ufficio).
Dico questo perchè, in alcuni casi, il Giudice rifiuta di nominare il CTU e decide da sè se dare ragione o torto al mutuatario, negandogli il favore della prova e privandolo, di fatto, del suo sascrosanto diritto alla difesa.
Un Giudice non ha le competenze necessarie per effettuare il ricalcolo degli interessi applicati dalla banca e, dunque, non dovrebbe andare a sentenza rinunciando alla prova tecnica del CTU.
CTU che dovrebbe essere chiamato per stabilire, con la dovuta e provata competenza e con assoluta oggettività, se siano corretti i numeri prodotti dalla banca in sua difesa o i numeri prodotti dal mutuatario che intenda far valere le sue ragioni.
Il ruolo del CTU è paragonabile a quello della bilancia perfettamente tarata, per misurare il peso effettivo di un prodotto nella relazione commerciale tra chi vende e chi compra.
Chi ci vende un chilo di patate in cambio di x euro, ha l'obbligo di rispettare il peso dichiarato con uno strumento di misura che sia indiscutibile e formalmente riconosciuto.
L'avvocato Enrico Bartolini, ha argomentato mettendo in evidenza il fatto che il calcolo degli interessi con l'ammortamento alla francese rappresenti un'eccezione rispetto al disposto dell'articolo 821 del c.c. (in quanto lo viola...) ed in quanto tale, deve essere chiaramente esplicitata nel testo contrattuale e sottoposta alla consapevole approvazione e sottoscrizione da parte del cliente.
Ha aggiunto che capita che ai mutuatari non sia consegnato il Piano di Ammortamento all'atto delle sottoscrizione del contratto di mutuo, privandoli anche di questa possibilità di osservare eventuali anomalie, prima di firmare il contratto.
Tornando al sistema di calcolo degli interessi che deve basarsi sul capitale e sul tempo di godimento dello stesso, riprendendo la prescrizione dell'art. 821, comma 3 c.c., ha ribadito che "i frutti civili si acquistano giorno per giorno in ragione della durata del diritto" garantendo il principio di proporzionalità con il calcolo dell'interesse semplice.
Criterio di proporionalità che si calpesta, invece, con l'acquisto "giorno su giorno" tipico del Regime Composto con il quale gli interessi risultano una funzione esponenziale del tempo.