I danni economici e sociali dell`arretratezza del sistema bancario
Di seguito vi proponiamo una sintesi della trasmissione “Articoli da viaggio” andata in onda il 23 gennaio 2013 su Isoradio (qui il podcast) con alcuni tratti salienti degli interventi di Francesco Avallone, vice-Presidente di Federconsumatori e del Prof. Sartori, docente di Diritto bancario degli intermediari finanziari dell’Università di Trento.
Intervistatrice “Siamo con Francesco Avallone vice presidente di Federconsumatori. Oggi parleremo della crisi, parleremo di banche, parleremo di derivati, prendendo spunto anche da un convegno che avete organizzato pochi giorni fa. Ma andiamo con ordine Avallone, vorrei con lei un commento su questa che è una delle notizie principali che ci riportano oggi i quotidiani. Sono i dati del rapporto annuale “NOI Italia” dell’Istat che ci raccontano purtroppo un Italia povera, 8 milioni di poveri, la crisi riporta i redditi indietro di 27 anni, questo racconta il rapporto dell’Istat sull’Italia, in età da lavoro solo 6 su 10 hanno un impiego, aumentano l’inquinamento, la produzione dei rifiuti, l’effetto della crisi sui redditi disponibili delle famiglie è micidiale, leggiamo, con un calo del 4,8% abbiamo fatto un balzo indietro di 27 anni, i consumi sono tornati ai livelli di 15 anni fa. Il tutto combinato con una pressione fiscale alle stelle ha provocato un vera e propria ecatombe di piccole imprese. Nel 2012, 100.000 aziende non ce l’hanno fatta e hanno dovuto chiudere definitivamente i battenti. Questo lo denuncia Rete Imprese, la sigla che raggruppa le associazioni più rappresentative di commercianti e artigiani. Proprio il Presidente di turno di Rete Imprese Carlo Sangalli ha detto “ha chiuso un’azienda al minuto, sono morte di troppe tasse”. Poi si possono aggiungere anche altri dati, per esempio relativi anche alla disoccupazione giovanile. Insomma questi sono i dati, elementi di discussione e approfondimento che voi, come associazione conoscete molto bene. Avete anche un osservatorio su questo, per voi non sono una novità.
Francesco Avallone “Sì, purtroppo ci dobbiamo rendere conto che non vorremmo mai avere ragione quando facciamo previsioni sull’Italia, ma purtroppo dobbiamo renderci conto che abbiamo sempre ragione. E, quindi, sappiamo perfettamente che, oltre alla crisi, c’è anche la mancanza di liquidità, le banche danno pochi prestiti, i mutui sono calati enormemente, nonostante una situazione in cui gli italiani, con tutto quello che sta accadendo, hanno ancora una piccola fetta da investire. E noi su quello dobbiamo stare molto attenti perché se si investe bene c’è possibilità di ripresa. Naturalmente ci vogliono tante altre cose: bloccare l’aumento dell’IVA, perché se a luglio riaumentiamo l’IVA sappiamo tutti che è una specie di processo a catena. Quindi, oltre a tante altre cose, bisogna stare attenti perché, per rilanciare l’economia, quindi per far partire la produzione, c’è bisogno di capitali, e c’è bisogno di capitali a bassissimo costo. “
Intervistatrice E come abbiamo visto anche da questi dati, la crisi e la recessione mette in difficoltà non soltanto le famiglie e le imprese. Tanti hanno chiuso, come ci ricordava appunto Sangalli.
Francesco Avallone “Appunto, è questo. Perché tra l’altro noi abbiamo un patrimonio di piccole aziende, siamo molto forti nelle piccole aziende. Perché poi la grande industria sappiamo come è andata, con situazioni nel passato, di scaricare i costi sulla collettività e incamerare utili. Abbiamo avuto tutta la vicenda delle stock options, dei grandi manager, che hanno prodotto solamente guasti. Quindi in Italia uno dei patrimoni più importanti sono proprio le piccole aziende che riescono ad esportare, riescono ad essere competitive. Quindi tutte le barzellette che si raccontano in giro sulla competitività, il problema vero è che abbiamo un sistema burocratico. Abbiamo difficoltà a prendere soldi per investire sull’innovazione, sulla ricerca, sulla formazione. Su questo terreno, adesso siamo sotto elezioni, un appello che facciamo al nuovo governo è che tutto questo possa avere un minimo di inizio di ripresa. Questa è una speranza, ma con i tempi che corrono dobbiamo essere molto attenti.”
Intervistatrice Proprio commercianti ed artigiani metteranno in piedi una giornata di manifestazione e di protesta, prossimamente, esattamente il 28 gennaio su tutto il territorio ci sarà una giornata di mobilitazione per denunciare questo stato di crisi così drammatico, profondo e duraturo. Viene da chiedersi in una situazione come questa, in cui le famiglie sono in difficoltà, c’è questa povertà che aumenta, le imprese non sono da meno, le banche invece come si piazzano? Perché anche da altri titoli che abbiamo letto anche per le banche ci sono difficoltà. Sono ben 40 gli istituti di credito che hanno cessato l’attività in Italia negli ultimi 12 mesi. Poi leggiamo sui quotidiani che è in atto questa rivoluzione anche nel modo di fare banca, sta cambiando l’immagine della banca tradizionale con lo sportello, perché – dicono - ci sono troppi sportelli, c’è un problema di costi, c’è un esubero di 15-20%, circa 50.000 bancari dovranno essere eliminati nei prossimi 5 anni. Si prevede una riduzione degli organici. Abbiamo letto anche di banche che stanno cambiando la propria immagine. Dobbiamo abituarci ad una nuova veste. Banche, una in particolare, che ha allungato le proprie aperture di sera e anche il sabato. Che sta succedendo?
Francesco Avallone “In effetti eravamo un po’ arretrati come sistema bancario. Anche perché i costi dei servizi sono i più alti. Abbiamo un rapporto all’interno dei bilanci delle compagnie molto spostato sui servizi e poco sugli impieghi. Però il nodo è riprendere un rapporto corretto tra banca e utente che è vitale. In Italia da sempre abbiamo un sistema bancocentrico, si fa tutto attraverso la banca. Senza la banca non si riesce a governare la nostra vita quotidiana. E lì è il problema. Noi lo abbiamo posto all’attenzione del convegno che abbiamo fatto venerdì. Ci vuole un istituto di controllo, cioè un authority di controllo sui comportamenti delle banche. La Consob che deve riprendere assolutamente un ruolo importante. Noi abbiamo bisogno di una trasparenza. Abbiamo bisogno di riprendere un rapporto di fiducia tra i cittadini e la banca. E questo rapporto di fiducia si può riprendere solamente con trasparenza e simmetria informativa. Noi insistiamo su questo punto. Ci sono italiani che ancora investono. Purtroppo dobbiamo leggere i dati per cui gli italiani non investono, per esempio, sul debito pubblico, non comprano, come un tempo, molti BOT e CCT, perché in effetti i rendimenti non sono alti, ma sono sicuri. Noi dobbiamo stare attenti perché l’85% del risparmio degli italiani va a finire in mano, come stiamo leggendo in questi giorni, a prodotti tossici, a derivati (noi veniamo poi da Parmalat, bond argentini e tutto il resto). Noi vogliamo assolutamente mettere in grado i cittadini che quel risparmio, che è ancora 6 volte il PIL, deve essere indirizzato in maniera virtuosa, cioè deve andare sugli investimenti. Noi dobbiamo creare quel circuito virtuoso per cui noi affidiamo i soldi a prodotti assolutamente trasparenti. A questo punto dobbiamo insistere sui metodi di presentazione di questi prodotti. Noi abbiamo presentato con 7-8 professori universitari specializzati in materia che, per vendere bene e con tranquillità un prodotto di risparmio, bisogna mettere a conoscenza il risparmiatore degli scenari probabilistici. Questo metodo era stato adottato dalla Consob fino al 2009 e abbiamo ottenuto anche dei risultati importanti. Dopo, purtroppo, questo non è più avvenuto. Gli scenari probabilistici sono una forma elementare e semplicissima per far capire alle persone che investono quanto è la quota di rischio, e soprattutto nei prodotti articolati, derivati e strutturati, cioè nei prodotti che hanno più parametri per capire quanto è il rischio di perdere e di guadagnare sul proprio investimento, non arrivare mai ad ambiguità, ad informazioni poco corrette. Gli scenari probabilistici sono semplici. E’ una percentuale di rischio. Se posso ottenere un guadagno, se posso portare a casa il mantenimento del capitale, se posso perdere. Questo non è complicato. Perché le banche, normalmente quando vendono questi prodotti, hanno queste informazioni. Semplicemente ce le facciano conoscere. La banca fa le analisi, fa gli scenari, presenta un prodotto, applica dei tassi d’interesse. A questo punto tutto quello che ha fatto la banca ce lo faccia conoscere. Lo dice la legge, lo dice la semplicità: chi vende e chi compra deve essere in grado di avere la stessa informazione. Noi ce lo auguriamo: è una battaglia che faremo e continueremo, perché in questo modo si indirizza bene il risparmio, in questo modo le piccole imprese e tutti avranno la possibilità di reperire denaro a bassi tassi d’interesse e si rimette in moto il circolo virtuoso. E’ fondamentale. Certamente ci vogliono altre iniziative, investimenti, abbattimento della burocrazia, però se non ci sono soldi il motore non si riprende.”
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Intervistatrice Torniamo sulla notizia del convegno che avete tenuto a Roma qualche giorno fa. Il titolo del convegno era “Tutelare il risparmio dei cittadini per consentire il risanamento del Paese” il circuito interrotto: ripristinare le connessioni tra risparmio, investimento e consumo attraverso la trasparenza informativa e uscire finalmente dalla crisi. Su questo avete dibattuto anche con nomi autorevoli, esperti, economisti, docenti universitari... Quindi l’importanza della trasparenza, perché questa è la prima cosa che necessita.
Francesco Avallone “Sì, perché dobbiamo ripristinare anche la fiducia. Non è possibile che adesso si va sull’oro, perché l’investimento in oro è assolutamente improduttivo. Io capisco che si va alla ricerca del bene rifugio, però è chiaro che sono dei capitali immobilizzati, che non servono assolutamente a niente. Noi dobbiamo cercare di rimettere in circuito, come dicevamo, l’investimento utile, ma anche trasparente, si conoscano bene i rischi. Noi abbiamo ancora il 9% del bilancio che gli italiani riescono a risparmiare. Questo risparmio, che purtroppo in quest’ultimo periodo è stato un po’ eroso, perché naturalmente si mette mano ai propri risparmi quando si hanno situazioni di crisi familiari, situazioni di lavoro e altro, però siccome ce ne è ancora, indirizziamolo bene. Non facciamolo andare in rivoli assolutamente pericolosissimi. Ci riferiamo anche ai comuni. Perché non sono solo le famiglie che vengono allettate da facili guadagni, da interessi molto alti, ma sono anche i comuni che hanno tentato attraverso l’acquisto di derivati, sempre con informazioni poco trasparenti, pensando di sanare bilanci o altro, di fare investimenti che poi avrebbero risolto i propri problemi, ed non hanno fatto altro che spostare nel tempo il redde rationem, perché poi, come stiamo vedendo, l’ultimo caso, il caso di Milano, dove se fossero stati messi a conoscenza di chi ha comprato e di chi ha deciso gli scenari di probabilità, come sono stati dimostrato dai consulenti tecnici di ufficio, il problema non si sarebbe assolutamente verificato, perché se uno sa effettivamente quali sono i rischi, cambia investimento e indirizza il proprio investimento su canali virtuosi. In momenti di crisi non possiamo più lasciare così al caso. E quindi invitiamo la Consob e tutte le altre autorità europee a scegliere, proprio in questi periodi di crisi. … se qualcuno dice che in Europa non sono stati applicati, ma ancora di più in Italia, dove abbiamo avuto più di altri paesi gli scandali (bond argentini, parmalat ed ultimamente potremmo elencare tantissimi altri prodotti che sono stati inseriti nel circuito del risparmio) proprio in Italia dovremmo dare l’esempio: applicare metodi che già avevamo applicato e rimettere in piedi sistemi di controllo nei confronti degli intermediari che sono quelli che devono seguire delle linee chiare e nette nel piazzare il risparmio. In Italia ne abbiamo bisogno enormemente.”
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Intervistatrice: Parlavamo del convegno che è stato organizzato da Federconsumatori pochi giorni fa a Roma. Vi hanno partecipato anche nomi illustri di economisti e docenti universitari. Tra i tanti anche il Prof. Filippo Sartori docente di Diritto bancario degli intermediari finanziari.
Ecco quello che è emerso, Prof. Sartori, è proprio la necessità di una trasparenza informativa, di questo parlava poco fa anche Avallone anche perché abbiamo visto la cronaca come la poca trasparenza sui rischi abbia poi procurato parecchi danni e parecchi effetti. Parliamo ad esempio dei derivati, l’uso disinvolto che si è fatto dei derivati insomma di danni ne ha procurati. Torniamo un passo indietro, ricordiamo ad esempio la truffa ai danni del comune di Milano sui derivati che aveva sottoscritto dei derivati. Ricordiamo che il tribunale di Milano ha condannato delle banche per mancata trasparenza nei rapporti con la pubblica amministrazione. Quella che ormai è stata definita da più parti come una sentenza storica del pm Alfredo Robledo e lo stesso pm evidenzia come l’Italia, riporto proprio le sue parole, negli ultimi anni sia stata teatro di scorribande su questo fronte. Tanti i comuni interessati, secondo l’Anci sarebbero stati addirittura 800 quelli che hanno sottoscritto derivati per un controvalore di circa 36 miliardi di euro.
Le chiedo, Prof. Sartori, come è possibile che si sia arrivati a ciò: l’Italia come teatro di scorribande. Ma insomma le regole, la trasparenza e soprattutto i controlli che fine hanno fatto?
Prof. Sartori “Guardi io credo che da questo punto di vista sia davvero necessario invertire la rotta. Si è parlato di trasparenza e effettivamente la trasparenza è un bene comune. Il mercato finanziario è un mercato caratterizzato da fortissime asimmetrie informative. Quindi da un punto di vista giuridico evidentemente tutti gli interventi si muovono nella direzione di ridurre il gap informativo. Cosa significa? Significa garantire al mercato integrità, garantire all’investitore consapevolezza degli investimenti che è in procinto di effettuare. Da questo punto di vista secondo me si sta assistendo a un fenomeno di ipertrofia normativa. Cosa significa? Significa che l’investitore è investito da un flusso magmatico di dati di ogni sorta e non viene davvero messo nelle condizioni di comprendere quelli che sono gli elementi e gli aspetti essenziali dell’investimento. C’è un movimento culturale importante che viene sintetizzato con un’espressione “less is more”, cioè bisogna tornare dalla quantità alla qualità dell’informazione. Questo è il punto fondamentale. E poi c’è il tasto dolente dei controlli perché il problema ovviamente si pone anche nella prospettiva dei controlli. Sotto il profilo dei controlli il nostro ordinamento giuridico è molto debole, perché noi siamo abituati a investire sui controlli ex ante. La nostra cultura giuridica è una cultura della vigilanza. Oggi stiamo assistendo ad un cambiamento del modello e del paradigma culturale attraverso degli strumenti che spostano il controllo da una fase ex ante, cioè di ingresso al mercato, ad una fase successiva. Quindi siamo in una fase di transizione, una fase dove la Consob in particolare deve a mio avviso incrementare i presidi di trasparenza. Il caso dei derivati è un caso emblematica. Effettivamente la sentenza del tribunale di Milano è una sentenza storica ma ce ne sono tante altre in sede civile dove si è accertato la responsabilità di numerosi intermediari nella distribuzione di prodotti finanziari derivati verso imprese. Questi sono dati fra l’altro registrati dalla stessa Consob che nel 2009 ha scritto una nuova normativa mettendo in evidenza come nella negoziazione dei derivati debbano essere aumentate le misure di trasparenza e i presidi di correttezza. Questo credo sia l’aspetto davvero fondamentale. Però è altrettanto fondamentale, credo, che la normativa può fare qualcosa ma fondamentale è il controllo della Consob e il controllo dell’autorità di vigilanza.”
Intervistatrice Ecco Avallone parlava della tecnica probabilistica e la Federconsumatori sta chiedendo da tempo di rendere obbligatorie le informazioni degli scenari di probabilità da parte delle banche. Il presidente Vegas però dice che la tecnica non funziona e che l’uso è vietato dall’Europa. Le chiedo professore, ma effettivamente esistono divieti comunitari a questi scenari di probabilità?
Prof. Sartori “Guardi la risposta è molto semplice: no, non esistono divieti comunitari. Devo fare una premessa. La normativa comunitaria è una normativa unica, cioè vi è una tendenza per assecondare il principio del mercato unico, a scrivere regole comuni in tutti gli stati membri. Questo significa soprattutto nella elaborazione e nella definizione dei prospetti informativi, che poi sono i documenti che vengono presentati al mercato quando una società emette prodotti finanziari e strumenti finanziari. Ecco questi sono standard, sono uguali per tutti. Il fatto che siano standard significa che un prospetto approvato da uno stato membro è valido per l’offerta al pubblico anche in altri stati membri ospitanti. Ciò significa però che dietro la standardizzazione non può esserci l’alibi per non garantire effettiva trasparenza al prospetto e quindi allo strumento finanziario che si propone al mercato. Da questo punto di vista la normativa comunitaria è molto chiara, cioè garantisce alle autorità di vigilanza di tutti i paesi membri il potere di graduazione e di adattamento al prospetto standard. Vero è che ci sono altre esperienze giuridiche, in paesi stati membri che hanno invece introdotto gli scenari probabilistici. Introdurre uno scenario probabilistico, io non sono un tecnico finanziario ma un giurista, significa effettivamente assecondare il principio che ho richiamato prima. Cioè meno informazioni ma informazioni chiare all’investitore.”
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Intervistatrice Quello che apprendiamo, che percepiamo anche leggendo i quotidiani è un sistema finanziario in continuo movimento, lei che ne pensa?
Prof. Sartori “Il sistema finanziario oggi è un sistema, soprattutto quello europeo, in movimento. È un sistema che non ha ancora chiaro è il tragitto da seguire. Da un punto di vista giuridico, i comparatisti, cioè quegli studiosi che analizzano i fenomeni di trapianto di governi giuridici, parlano di un’americanizzazione del diritto. Cosa significa? Significa che si sta andando verso forme di modelli giuridici che sono molto simili ai modelli anglo-americani, che sono modelli di sviluppo e controllo molto diversi dai nostri. Da questo punto di vista però, ci tengo a precisare un punto che è stato affrontato nel convegno che avete richiamato dello scorso venerdì a Roma, purtroppo siamo in una situazione di limbo. Si è abbandonato il nostro modello di controllo del mercato senza trapiantare quegli strumenti invece che altri ordinamenti, anche molti diversi dai nostri, conoscono. Credo che l’esempio della Class Action, un tema intimamente connesso con le tematiche che stiamo affrontando, è un esempio emblematico. La Class Action è uno strumento che è stato introdotto in Italia all’italiana evidentemente, mutuando un modello che è tipicamente italiano. Cioè a dire l’idea è quella di rimettere al monitoraggio privato del mercato il controllo di condotte abusive, di sanzionarle in modo tale da creare un effetto deterrente che non interviene ex ante ma ex post. Da questo punto di vista ad esempio la class action italiana non funziona per nulla. Cioè si sono escluse tutte le ipotesi che riguardano il malgoverno del mercato, laddove ad esempio dal punto di vista normativo si sono escluse le fattispecie di responsabilità civile. Quindi è evidente che di fronte a questo cambiamento, di fronte alla costruzione di un mercato finanziario europeo, anche da punto di vista giuridico, bisogna mantenere un punto di vista guardingo, cioè non si può abbandonare evidentemente a questi fenomeni europei il controllo del mercato ma soprattutto l’autorità di vigilanza deve mantenere alta la guardia. Questo credo che sia l’aspetto davvero essenziale. Prima di abbandonare i modelli di controllo di vigilanza per investire in altri strumenti bisogna essere sicuri che il modello che si è trapiantato funziona e solo allora si potrà finalmente bilanciare le due forme di controllo. Oggi stiamo vivendo una fase di interregno.”