Guido Rossi: alla base della crisi la disuguaglianza

  All’indomani del crollo delle borse dopo l’annuncio del referendum greco sull’accettazione delle misure di salvataggio europee, il Corriere della Sera intervista Guido Rossi, presidente della Consob tra il 1981 e il 1982, per fare il punto della situazione. Secondo il giurista milanese l’Italia ha le carte in regola per evitare il crac, ma il pericolo non è comunque del tutto scongiurato a causa di un governo in gravi difficoltà e di una reputazione come paese molto bassa, che amplifica negativamente il peso del debito. La finanza, inoltre, ha negli ultimi tempi sgomitato ritagliandosi un posto da protagonista a discapito della politica, intesa in senso sociale e produttivo, senza però mantenere le aspettative del promesso benessere generale. Lo scetticismo di Rossi riguarda anche l’esito del G20 previsto domani, che teme si riveli ancora una volta inconcludente. Uno dei dettagli meno incoraggianti del quadro attuale è la chiusura delle classi dirigenti verso i giovani, con le prime più intente in molti casi alla corruzione e all’evasione fiscale che all’elaborazione di un piano per una maggiore apertura ai giovani e per un graduale passaggio generazionale di testimone. Il principale driver della crisi è rappresentato, però, dalla disuguaglianza, nella duplice accezione di ‘’differenza insostenibile di redditi e possibilità di costruirsi il futuro’’ e di drammatico squilibrio tra Occidente e resto del mondo. La disuguaglianza è stata portata dagli eccessi della globalizzazione e della concorrenza, per il cui corretto funzionamento nell’interesse del bene comune sono stati introdotti strumenti come la legge antitrust, utili, ma che necessitano di un forte aggiornamento in linea con l’evolversi dei tempi: ‘’Che senso ha l’antitrust sull’economia misurata dal Pil e il nulla sulla finanza derivata che vale 8 volte il Pil del mondo?’’- si domanda Rossi. La globalizzazione ha ridotto in generale la prospettiva di una vita migliore, come testimoniato dalle manifestazioni degli Indignati e di ‘’Occupy Wall Street’’. Il volano per un miglioramento della situazione, che funga da ‘’ascensore sociale’’, dovrebbe essere l’istruzione, i cui costi dovrebbero essere sostenuti dalla spesa sociale. La moneta, invece, ha preso il sopravvento sulla politica e se il nodo centrale, come già detto, è il riequilibrio dei flussi della ricchezza tra la popolazione mondiale, l’intervento politico non può essere attuato dalla Bce, istituzionalmente votata alla stabilità dei prezzi e degli intermediari e non a politiche sociali e redistributive della ricchezza. Bce e istituzioni europee mettono in discussione pensioni, licenziamenti e professioni ma fanno orecchie da mercante proprio sul riequilibrio dei redditi e una regolamentazione forte ed esaustiva dei mercati finanziari.

Guido Rossi: alla base della crisi la disuguaglianza