GUAI FISCALI
Milano, 24 maggio 2023. Di Gilles Moëc, Group Chief Economist di AXA Investment Managers
Esaminiamo gli ultimi programmi di stabilità alla luce delle recenti proposte della Commissione europea per le nuove regole di sorveglianza fiscale in Europa.
Si profila un aggiustamento fiscale simultaneo per il 2024.
Poiché siamo ancora in attesa di una risoluzione alla questione del tetto del debito USA, esploriamo alcune delle ramificazioni di un mancato accordo.
Il dibattito politico sulle proposte della Commissione europea per la riforma del quadro di sorveglianza fiscale è tutt’altro che concluso, ma nella sua forma attuale, esse incorporerebbero valori di “aggiustamento minimo” per la maggior parte dei Paesi dell’eurozona, ossia la riduzione del deficit strutturale di almeno lo 0,5% del PIL e il ritorno del rapporto debito/PIL al di sotto del valore iniziale.
Testando la nuova serie di programmi di stabilità presentati da tutti i governi nazionali all’inizio di questo mese rispetto a queste potenziali regole, sette degli otto Stati membri da noi analizzati (quelli più grandi per peso del PIL) passerebbero l’esame.
Tuttavia, in molti casi, il margine di manovra in caso di incidente sarebbe limitato e facciamo notare che questi piani presuppongono un “atterraggio morbido” dell’economia europea, con una normalizzazione dell’inflazione senza effetti negativi sulla crescita del PIL dovuti alla stretta monetaria in corso.
Inoltre, dal momento che la maggior parte degli Stati membri sta pianificando un aggiustamento fiscale anticipato con uno sforzo significativo nel 2024, l’effetto di “retroazione” di tale svolta simultanea di austerità potrebbe essere sottovalutato, soprattutto perché – secondo le ricerche stesse della Bce – l’impatto della sua stretta monetaria sulla crescita sarà probabilmente ancora significativo l’anno prossimo.
Ma niente di tutto questo è di immediato interesse: il mercato è comprensibilmente concentrato sul dramma del tetto del debito degli Stati Uniti.
In attesa di una possibile risoluzione, esploriamo le ramificazioni di una configurazione no deal.
A nostro avviso, la Fed sarebbe costretta a intervenire massicciamente per salvare il Tesoro dal rischio di perdere l’accesso al mercato.
Tuttavia, dubitiamo che persino la Fed possa fare molto per affrontare direttamente le conseguenze negative macro del rinvio della spesa non legata agli interessi.
In prospettiva, anche se si dovesse trovare una soluzione a breve termine, ci preoccupa quanto le questioni fiscali siano diventate così ideologicamente cariche negli Stati Uniti, a differenza di ciò che accadeva fino all’inizio di questo secolo.
Entrambi i partiti litigano sul tetto del debito, perdendo al contempo di vista il fatto che nei prossimi anni sarà necessario un intervento significativo per riportare il debito pubblico statunitense su basi più solide, il che richiederebbe un ampio range di condivisione bi-partisan che – nella configurazione attuale – sembra irraggiungibile.