GREEN PLANET: IL FUTURO DELLA GEOTERMIA

GREEN PLANET: IL FUTURO DELLA GEOTERMIA

Milano, 29 gennaio 2025.  A cura di Nicolas Jacob, Equity Fund Manager ODDO BHF Asset Management SAS

La geotermia, nota principalmente come tecnologia legata alle pompe di calore, presenta un potenziale notevole di sviluppo da qui al 2050, in grado di soddisfare, secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE), fino al 15% della domanda globale di elettricità[1]. Questa fonte di energia rinnovabile, storicamente frenata (in particolare nel caso della geotermia profonda) dalla complessità dei progetti e dalle reticenze amministrative, nei prossimi decenni potrebbe ricevere un nuovo impulso grazie all’innovazione.  

Che cos’è la geotermia?

Il termine geotermia indica lo sfruttamento di riserve sotterranee di vapore e acqua calda, fonti naturali di calore. Tale calore può essere utilizzato direttamente per riscaldare o essere trasformato in energia elettrica. La Terra accumula costantemente energia solare, immagazzinata come calore nel sottosuolo, combinata con l’energia generata dal nucleo terrestre. La temperatura delle rocce aumenta di circa un grado ogni trenta metri. Esistono due tipi di geotermia, a seconda della profondità di estrazione:

La geotermia di superficie, nota anche come geotermia a bassa entalpia, comprende l’insieme dei metodi di valorizzazione dell’energia del sottosuolo poco profondo (da 200 a 400 metri di profondità). Si usa principalmente nell'edilizia per generare calore tramite l’installazione di pompe di calore geotermiche.

La geotermia profonda, che sfrutta le risorse in acque profonde (da 400 a 2000 metri di profondità), chiamate serbatoi, risorse geotermiche profonde o giacimenti geotermici. Qui si sfruttano le forti temperature delle profondità sia per la produzione elettrica che per generare calore, o per entrambe le cose contemporaneamente.

La geotermia presenta vari vantaggi, perché è rinnovabile, continua (a differenza dell’intermittenza dell’energia solare e di quella eolica), inesauribile e locale. 

Un ampio mercato potenziale

L’energia geotermica, che nel 2023 rappresentava appena l’1% della domanda globale d’energia, si usa direttamente per riscaldare e raffreddare gli edifici (79% della produzione) nonché per generare elettricità (21% della produzione). Pur essendo oggi utilizzata in oltre 40 paesi, i 10 principali consumatori (Cina, Stati Uniti, Turchia, Svezia, Indonesia, Islanda, Giappone, Nuova Zelanda, Germania, Filippine) rappresentano quasi il 90% del totale. Secondo l’AIE, l’innovazione tecnologica (in particolare la capacità di trivellare a più di 3000 metri) e la riduzione dei costi dei progetti (grazie al know-how consolidato e al crescente interesse delle aziende petrolifere e del gas verso questa fonte di energia rinnovabile) potrebbero consentire alla geotermia di rappresentare circa il 15% della domanda globale di elettricità. Questa crescente consapevolezza del potenziale della geotermia emerge proprio mentre la domanda globale di elettricità è destinata ad accelerare, a causa di utilizzi convenzionali (produzione di calore) e di applicazioni più recenti, come i veicoli elettrici e i data center. Infine, la disponibilità dell’energia geotermica è particolarmente utile per rafforzare la sicurezza elettrica nelle regioni che desiderano abbandonare le centrali a carbone, come Cina e India, o per completare un mix di fonti rinnovabili, insieme all’energia solare e a quella eolica in regioni come Europa e Stati Uniti.

Limitazioni e opportunità future

Il maggiore freno ad un più celere sviluppo della geotermia è rappresentato dai ritardi legati alle licenze, per cui bisogna attendere un decennio prima che un nuovo progetto entri in servizio. La geotermia, presente nella maggior parte delle roadmap climatiche di numerosi paesi nel mondo, avrebbe tutto da guadagnare da un regime di autorizzazioni dedicato e separato dal percorso dell’estrazione mineraria. Allo stesso modo, normative più incentivanti (come quelle già esistenti per solare ed eolico, sotto forma di incentivi fiscali) dovrebbero portare ad un drastico calo del costo di produzione dell’energia geotermica, che varia oggi da 40 a 240 USD/MWh a seconda dell’area geografica e della natura del giacimento (con un prezzo medio di 80 USD/MWh, ovvero quanto l’eolico offshore e due volte più caro dell’energia solare e dell’eolico onshore).

Quanto alle opportunità, il sempre maggiore interesse di governi e aziende private (petrolio e utilities) per gli sviluppi tecnologici legati alla geotermia potrebbe sfociare in investimenti cumulativi dell’ordine di 1000 miliardi di dollari entro il 2035 e di 2500 miliardi di dollari entro il 2050, stando alle proiezioni dell’AIE. In effetti, anche se la maggior parte delle capacità geotermiche riguarda oggi la geotermia di superficie o qualche grande progetto in profondità in regioni del mondo specifiche, il recente sviluppo di soluzioni a circuito chiuso (CLGS o “Closed-loop geothermal systems”), simili a scambiatori di calore sotterranei in cui circola un fluido riscaldato dalle rocce calde circostanti a profondità superiori ai 2000 metri, dovrebbe consentire di sbarazzarsi dei rischi sismici (legati alla fratturazione delle rocce nella tecnologia classica EGS, o “Enhanced geothermal systems”) e di pensare a dei progetti privi di particolari vincoli geografici.  

La nostra posizione nella geotermia

Il fondo ODDO BHF Green Planet non ha un’esposizione diretta alla geotermia. Tuttavia, gruppi di servizi pubblici come Hydro One in Canada e Iberdrola in Spagna seguono con interesse e partecipano al finanziamento di nuovi progetti in Nord America.