Goldman Sachs: l’eminenza grigia dietro l’attuale crisi

Il ceo di Goldman Sachs Lloyd Blankfein settimana scorsa ha dichiarato contro ogni attesa che l’economia mondiale si riprenderà prima del previsto e lo farà in maniera sorprendente. Esternazioni quantomeno curiose visti i tempi e che han fatto storcere il naso a molti, come si può notare anche dalla lettura di un articolo odierno su MF. Diciamo subito che Goldman Sachs è al centro delle polemiche – e dei sospetti –  da quando è stata accusata di essersi occupata illecitamente degli “aggiustamenti” ai conti che han spalancato alla Grecia le porte di Eurolandia. Come se non bastasse, è dei giorni scorsi la sibillina dichiarazione di Lorenzo Bini Smaghi secondo cui i mercati finanziari sarebbero ormai diventati a tutti gli effetti una “nuova lobby”. Aggiungiamoci che i nomi da copertina degli ultimi giorni sono quelli di due uomini di fiducia come Mario Draghi e Mario Monti (un tempo rispettivamente vice presidente per l’Europa e consulente internazionale). Proseguiamo  poi col salvataggio operato a favore delle banche americane (ben 700 miliardi di dollari) reso possibile dall’intercessione dell’ex ceo Henry Paulson e terminiamo con l’evidenza che sia stato l’unico Istituto – o almeno uno dei pochissimi – ad uscire rafforzato dalla crisi dei mutui subprime. Il complotto è presto servito. A dimostrazione che due (o tre) indizi fanno quasi sempre una prova, c’è anche un’inchiesta della commissione del Senato USA che accusa il colosso bancario di lucro studiato (in sostanza, Goldman avrebbe causato una bolla per trarne vantaggi).  Ad alimentare ulteriormente le polemiche, la notizia che anche l’affidabile – almeno fino a poco tempo fa – Austria tanto tranquilla in realtà non può stare. Questo perché tutti gli Stati europei avrebbero necessità di rivedere e sistemare i propri conti pubblici, pena la fine dell’Euro. Una minaccia ispirata - secondo una rivelazione del Wall Street Journal risalente al 2010 - da Goldman Sachs ad alcuni fondi speculativi come Sac Capital Advisors e Soros Fund Management, per spingere sulla parità tra dollaro ed Euro.  Tornando al “caso Italia” sono infine più che sospetti i dati riguardanti il terzo trimestre del 2011, durante il quale il numero di contratti sui titoli di stato scambiati sul MOT è stato del 34% superiore rispetto al secondo trimestre e dove i balzi più alti (verificatisi a luglio e a settembre) han coinciso con i momenti di maggiore spread. Da tutto questo Goldman Sachs ha guadagnato il 3,6% in più rispetto al secondo trimestre, mentre l’indice dei titoli di stato di Bankitalia è sceso del 4,1%. Anche in questo caso sarebbero quindi più che leciti i sospetti di ricavi dettati da attività di vendita allo scoperto. Solo coincidenze?    

Goldman Sachs: l’eminenza grigia dietro l’attuale crisi