Fermate il debito pubblico americano

15.104 miliardi di dollari, a tanto ammonta il debito pubblico degli Stati Uniti d’America (il più alto al mondo) secondo l’ultimo bollettino del Tesoro americano, datato 19 dicembre 2011. Per capire a chi appartiene il debito pubblico americano occorre però dividerlo in due grandi macrocategorie. Da una parte c’è il “Pubblico” (10.439 miliardi di dollari), che è quella parte di debito detenuta dagli investitori pubblici e privati e dal sistema della Fed , mentre dall’altra c’è l’”Intergovernativo” (4.666 miliardi di dollari), quella parte di debito detenuta dagli enti governativi statunitensi, ovvero fondi governativi per il welfare e gli investimenti.

Dal 2000, ultimo anno in cui gli Stati Uniti hanno chiuso il bilancio in pareggio, c’è stata una vera e propria esplosione nei conti pubblici, con il debito che ha iniziato ad aumentare tutti gli anni di 500 miliardi dal 2003, divenuti poi 1.000 miliardi nel 2008, 1.900 miliardi nel 2009, 1.700 miliardi nel 2010 e circa 1.100 miliardi per il 2011. Gli Stati Uniti hanno così varcato la pericolosa soglia (psicologica) del rapporto debito pubblico/pil intorno al 100% (nel 2003 era del 61,8%), segno che quanto avvenuto ad agosto, quando S&P ha tagliato per la prima volta in 70 anni il rating per i bond americani (passati al giudizio AA+), potrebbe ripetersi in futuro. Economisti di spicco, quali Kenneth Rogoff e Carmen Reinhart, hanno di recente posto l’attenzione (dopo i dati ottenuti da uno studio effettuato su larga scala) sull’effetto del rapporto debito pubblico/pil sulla crescita, che sembra essere piuttosto negativo quando supera una certa soglia (ad esempio il 90%). Gli Usa hanno oltrepassato la soglia dell’80% con la crisi dei mutui subprime del 2009 e nel 2010 sono andati abbondantemente oltre quota 90%, fino ad arrivare a quota 100% a dicembre 2011 (l’Italia ha un rapporto debito pubblico/pil al 119%).

Dei 15.104 miliardi di dollari di debito pubblico, ad ottobre il Tesoro Usa quantificava in 4.656 miliardi di dollari la parte di debito detenuta da paesi esteri, ovvero poco più del 30%. Di questi 4.656 miliardi, la Cina ne possiede 1.134 (ovvero il 7,5% del totale del totale del debito pubblico americano), seguita dal Giappone con 979 miliardi (il 6,5% del totale), il Regno Unito con 408,4 miliardi (il 2,7%) ed i paesi esportatori di petrolio con 226 miliardi.

Preoccupati dai conti americani e dai rischi di una probabile svalutazione del dollaro nei confronti di altre valute, nel 2007 il Kuwait ha staccato il valore della propria moneta dal dollaro, preferendo un basket di altre valute, stesse misure sono state prese poco dopo dalla Siria. Nel settembre del 2009 Cina, India e Russia hanno manifestato la volontà di acquisire parte dell’oro del Fondo Monetario Internazionale per diversificare le loro riserve, prima detenute prevalentemente in dollari americani.

Gli Usa si trovano in una situazione preoccupante: la più grande economia al mondo dovrà decidere drastiche misure di rientro della spesa pubblica, stando attenta a mantenere il giusto equilibrio per evitare di scivolare in una nuova recessione. Una nuova recessione avrebbe effetti catastrofici per gli Usa. Dopo aver portato i tassi d’interesse fra lo 0 e lo 0,25% e dopo che l’effetto delle grandi immissioni di liquidità, messe in atto con i due QE (Quantitative Easing), gli Stati Uniti sembrano essere nell`imbarazzante situazione di chi non ha più carte da giocare.

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