Europa in Crescita: I Numeri da Non Perdere

Europa in Crescita: I Numeri da Non Perdere

Milano, 18 febbraio 2025. A cura del Team di Gestione Pharus.

L’attenzione dei mercati finanziari si concentra su quattro grandi temi: l’andamento dell’inflazione negli Stati Uniti, le nuove politiche commerciali di Donald Trump, l’evoluzione dei rendimenti obbligazionari ed ovviamente la reporting season che entra maggiormente nel vivo anche in Europa.

Il mix di questi fattori sta influenzando le aspettative sui tassi di interesse, sulla crescita economica e degli utili, e la politica monetaria della Federal Reserve.

I mercati azionari globali si riavvicinano ai massimi storici guidati da Europa e settore tecnologico Cinese entrambi in rialzo rispettivamente di oltre il 10% e del 24% da inizio anno, mentre i tassi di interesse tra alti e bassi chiudono sugli stessi livelli della scorsa settimana. 

Il dato sull’inflazione CPI di gennaio ha sorpreso il mercato con un aumento dello 0,5% su base mensile, superiore allo 0,3% atteso con anche il dato annuale uscito al 3% al di sopra del 2.9% atteso. 

Anche l’inflazione Core è risultata superiore alle attese registrando la lettura più elevata da gennaio 2023. Nei dettagli, ha destato particolare attenzione la forte salita del CPI Supercore, ovvero il core servizi esclusi gli alloggi, che invece sono rimasti in linea con i livelli degli ultimi mesi.
Anche la componente beni è tornata a crescere, segnalando pressioni inflazionistiche più diffuse, che unite alla sensazione che i potenziali dazi comportino un rischio di ulteriore rialzo per l’inflazione, hanno fatto salire di 10 centesimi i rendimenti dei treasury e portato il mercato a pensare che la Fed troverà difficile giustificare tagli dei tassi nel prossimo futuro.  
A tale riguardo i mercati scontano ora un solo taglio per l’intero 2025 che probabilmente non avverrà prima di settembre. 
Il giorno successivo all’uscita del CPI (ovvero l’inflazione misurata dal lato dei consumatori), è stato il turno dell’altra misura di inflazione misurata però dal lato dei costi di produzione, ovvero il così detto PPI di gennaio, uscito anch’esso sensibilmente sopra le stime accompagnato da un ribasso di circa 10 centesimi dei tassi decennali che pareggiano così il rialzo del giorno precedente.
Si evidenzia comunque un decennale in cui movimenti giornalieri a rialzo o ribasso di 10 centesimi sono diventati sempre più comuni. 
 
Sembra apparentemente un controsenso che un PPI più alto delle attese, ed anche una rilettura a rialzo del mese precedente, hanno fatto scendere i tassi, ma da una lettura più approfondita del PPI stesso, si evidenzia come alcune delle componenti chiave del PPI utilizzate per calcolare il PCE, ovvero la misura dell'inflazione preferita dalla Fed, sono risultate inferiori alle attese. Ad esempio, l'assistenza sanitaria, con una ponderazione di quasi il 20% nel PCE, è scesa dello 0,1%. I servizi passeggeri delle compagnie aeree sono scesi dell'1,6% m/m.
Il mercato punta quindi ad un PCE (in uscita il 28 febbraio) che potrebbe al contrario dare indicazioni maggiormente favorevoli in tema di prezzi, con una conseguente ricaduta positiva soprattutto sul reddito fisso.

La curva dei tassi è d’altronde chiaramente sotto i riflettori non solo del mercato ma anche dell’amministrazione USA, e c’è chi torna a parlare di possibili controlli della curva negli Stati Uniti. 

Ci sono state infatti altre dichiarazioni di Trump sul fatto che i tassi debbano scendere, un segnale di una crescente consapevolezza dell’impatto che tassi decennali elevati potrebbero avere sulle politiche economiche della Casa Bianca.
Il Segretario al Tesoro Scott Bessent ha chiarito che quando Trump parla di abbassare i tassi il suo riferimento è ai rendimenti decennali e non ai tassi a breve.
Se isoliamo il rumore di breve periodo legato ai dati di inflazione oppure alle dichiarazioni di Trump, quello che rimane è un treasury sicuramente un po’ volatile ma che Trump non vuole vedere risalire ulteriormente, e che si trova infatti sempre in area 4.5%, rappresentando come già abbiamo detto precedentemente un ottimo rendimento a scadenza su cui costruire le fondamenta dei portafogli.
Come di consueto in questi giorni, le notizie macroeconomiche sono state seguite dagli annunci di Trump sulle tariffe che secondo le ultime dichiarazioni saranno posticipate almeno fino ad aprile e saranno emanate su base reciproca paese per paese. Ciò significa che c'è molto più spazio per la negoziazione e gli accordi commerciali bilaterali.
Il presidente Usa ha detto che la reciprocità riguarderà anche l’applicazione dell’Iva, che «sarà considerata alla stregua dei dazi».
Presto arriveranno I dazi anche sulle auto, ha detto ancora Trump, sottolineando che si andranno ad aggiungere alle tariffe reciproche.

Nonostante le recenti turbolenze, il mercato azionario continua a mostrare una tendenza rialzista, a guidare le performance sono in particolare i mercati europei e il settore Tecnologico Cinese.

In Europa gli indici sono sostenuti da una buona reporting season in corso, con molte società che stanno fornendo delle guidance per il 2025 ben superiori alle stime del consenso di mercato, che come sappiamo erano molto depresse.

Le stime basse e la depressione degli investitori si era scaricata sulle valutazioni dei mercati europei, che rimangono tutt’ora molto a sconto rispetto ai loro fondamentali e soprattutto rispetto agli indici americani.

Alla buona reporting si sono anche unite le notizie sui colloqui tra il presidente americano Trump e il suo omologo russo Putin, che hanno alimentato le aspettative di una possibile soluzione al conflitto in Ucraina. 

Sui mercati quando il prezzo di qualche asset scende molto, al punto che più nessuno ne parla, è molto probabile si sia arrivati a toccare i minimi. È il caso del settore tecnologico Cinese, di cui ancora nessuno parla e per questo con ulteriori potenzialità di recupero. 
Quello invece di cui tutti parlano, ovvero Il settore tecnologico americano e le magnifiche sette, sembra in una fase di consolidamento, con gli utili che mantengono una crescita solida, ma non in grado di sorprendere stime già molto elevate.
Nel complesso la stagione degli utili continua positivamente il suo percorso con il 76% delle aziende che ha superato le stime, registrando una crescita utili del trimestre del 16.9% rispetto all’12% atteso ad inizio anno.
Questi numeri sono un forte supporto per gli analisti che li porta a confermare le crescite attese di utili anche per tutto il 2025 e per il 2026 con stime che si attestano rispettivamente al 13% e 14% per il mercato americano. 
 

 

Nonostante gli indici azionari globali siano tornati sui massimi, Tuttavia, il sentiment degli investitori resta contrastato e nel mercato americano si riduce la percentuale di titoli i cui prezzi stanno al di sopra della media mobile a 200 giorni, indicando un contesto di consolidamento in USA ed un possibile ulteriore recupero valutativo dei mercati internazionali e soprattutto di Europa e Cina. In Europa in particolare a livello settoriale quello del lusso e del beverage appaiono tra i settori con maggiori potenzialità di recupero.