Chi è uscita sconfitta è stata soprattutto l’Europa, che non è stata in grado o non ha voltuto trovare un accordo sul potenziamento del fondo salva-stati tramite l’emissione di Diritti speciali di prelievo (Special drawing rights o Sdr), come inizialmente si era ipotizzato.
In questo contesto e guardando alle ultime notizie macroeconomiche, la tanto auspicata ripresa non sembra vicino. Negli Stati Uniti preoccupa ancora il settore immobiliare caratterizzato da un eccesso di offerta, e la prospettiva di tagli alla spesa pubblica, entrambi fattori che non aiuteranno di certo la crescita.
Si faceva un grande affidamento sui Paesi Emergenti per risollevare le sorti dell’economia mondiale, ma il calo della domanda delle economie occidentali non è ancora stato compensato dall’aumento dei consumi interni ai paesi emergenti. Di conseguenza abbiamo visto un calo del PIL cinese nel terzo trimestre 2011 che si è fermato al 9,1%, dopo un 9,5% del secondo trimestre e un 9,7% del primo. Si tratta comunque di valori che farebbero la felicità dei Paesi Europei, ma che evidenziano un rallentamento delle economie emergenti.
Abbiamo analizzato come sono andati i listini dei Paesi BRIC, acronimo che racchiude Brasile, Russia, India e Cina, confrontando Etf e fondi comuni che investono in questi paesi.
I rendimenti da inizio anno sono negativi, con performance che raggiungono il -20%, ma la performance annualizzata su tre anni conferma il buon momento per questi comparti sul lungo periodo. Nella nostra classifica si impone il fondo UBAM Equity BRIC con un +33% medio annuo su tre anni, seguito dal comparto HSBC GIF BRIC Equity con un +21% e dal GS BRICs Portfolio con un +19%.
Gli Etf se la cavano bene, con il RBS Market Access Daxglobal BRIC (+17%) e l’iShares FTSE BRIC 50 (+16%). Troviamo anche un fondo di diritto italiano, il Pepite BRIC promosso da Total Return SGR che, pur performando meno degli altri, si caratterizza per una bassa volatilità.