Ecco perché i consulenti finanziari indipendenti non dovrebbero esistere

Un titolo sicuramente provocatorio, ma che la redazione di Ifanews ha deciso di fare per dare risalto a una questione di fondo che merita la giusta attenzione. Di fatto l’aggettivo “indipendente” applicato al sostantivo consulente (finanziario ovviamente) è un surplus inutile, stando alla definizione precisa data dal Tuf. Stando infatti a quando riportato, il T.U.F. stabilisce che per consulenza in materia di investimenti `si intende la prestazione di raccomandazioni personalizzate a un cliente, dietro sua richiesta o per iniziativa del prestatore del servizio, riguardo a una o più operazioni relative ad un determinato strumento finanziario. La raccomandazione è personalizzata quando è presentata come adatta per il cliente o è basata sulla considerazione delle caratteristiche del cliente. Una raccomandazione non è personalizzata se viene diffusa al pubblico mediante canali di distribuzione`. Una dichiarazione che evidenzia che l’attività di promozione finanziaria, la quale tipicamente si avvale di canali di distribuzione, non è da considerarsi “Consulenza in materia di investimenti”, bensì, per l’appunto, promozione finanziaria. Per chi fosse ancora dubbioso, senza contare che il famoso albo degli “indipendenti” in realtà si chiamerà, una volta nato (e qua evitiamo commenti già ribaditi più volte) Albo dei Consulenti finanziari (non Consulenti finanziari indipendenti) va ricordata questa ulteriore definizione di Consob: Consob Regolamento attuativo art 18bis TUF (doc. di consultazione 30/6/2009) art. 13 (incompatibilità) art. 13 comma 1 –  “L’attività di consulente finanziario è incompatibile: (a) con l’esercizio dell’attività di promotore finanziario; (b) con l’esercizio dell’attività di agente di cambio; (c) con l’esercizio dell’attività di intermediazione assicurativa (d)con l’esercizio delle attività di agente in attività finanziaria (e) con ogni ulteriore incarico o attività che si ponga in grave contrasto con il suo ordinato svolgimento.”

Ecco perché i consulenti finanziari indipendenti non dovrebbero esistere

Un’ultima analisi va fatto solla ormai dibattutissima definizione Mifid. La Direttiva MIFID 2004/39/CE definisce l’agente collegato come la “persona fisica o giuridica che, sotto la piena e incondizionata responsabilità di una sola impresa di investimento per conto della quale opera, promuove i servizi di investimento e/o servizi accessori presso clienti o potenziali clienti, riceve e trasmette le istruzioni o gli ordini dei clienti riguardanti servizi di investimento o strumenti finanziari, colloca strumenti finanziari e/o presta consulenza ai clienti o potenziali clienti rispetto a detti strumenti o servizi finanziari”. Come riporta un interessante articolo di Fabio Civale “ Taluni dubbi interpretativi sono sorti in relazione allo svolgimento dell’attività di consulenza da parte degli agenti collegati. Sebbene sul punto appare opportuno attendere i provvedimenti di attuazione che saranno adottati dal legislatore italiano, sembrerebbe che la c.d. consulenza strumentale, ossia l’attività di  presentazione degli strumenti finanziari e dei servizi di investimento insita in ogni attività promozionale e di collocamento svolta dai promotori finanziari, sia attività non riconducile alla definizione di consulenza in materia di investimenti, intesa quale servizio di investimento”. Ragion per cui, ancora una volta, la consulenza in materia di investimenti non appartiene all’attività propria di un agente collegato.

Ciò detto, Ifanews vuole lanciare una provocazione. Perché le associazioni di categoria, ovvero Assofinance e Nafop, non decidono di definirsi come associazioni di consulenti finanziari, anziché di consulenti finanziari indipendenti? A cosa serve tenere l’aggettivo “indipendente”? Forse ad alimentare quella famosa confusione sulla consulenza di cui le stesse società si lamentano. Una riflessione è d’obbligo.

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