Ecco come la Carbon tax inciderà sul settore energetico

La prossima riforma del fisco dovrebbe occuparsi anche di ambiente. Da alcune anticipazioni, infatti, spunta la carbon tax, una tassa sui combustibili fossili proporzionale al loro contenuto di carbonio i cui proventi potrebbero essere usati per finanziare le energie pulite.

Ma quale sarebbe l`impatto economico di questa tassazione? I numeri arrivano all`Adnkronos da Althesys, società di consulenza nel settore delle utilities. Secondo quanto riferisce la società, «se fosse applicata a tutte le emissioni provenienti dai settori non inclusi nel sistema Ets (l`industria pesante e la generazione elettrica già regolata dai certificati di Kyoto che emette 220.300.000 tonnellate Co2), riguarderebbe 330.450.000 tonnellate di Co2. Se si ipotizzasse di applicare l`attuale valore della Co2 dei certificati Ets, pari a circa a 7 euro/tonnellata il gettito annuo sarebbe di 2,3 miliardi di euro».

Premiare i sistemi virtuosi e penalizzare i cicli produttivi che emettono più carbone. È la posizione di Legambiente in relazione alle nuove forme di tassazione ambientale previste nel disegno di legge delega per la riforma fiscale. Introducendo la carbon tax, secondo l`associazione degli ambientalisti, si potrebbero recuperare oltre 5 miliardi di euro. Con una buona carbon tax, «si potrebbe gravare di meno sul lavoro e sulle imprese e di più su chi consuma energia e risorse» commenta all`Adnkronos, il vicepresidente di Legambiente, Stefano Ciafani che aggiunge: «è la modalità migliore per premiare quelle aziende e cicli produttivi che permettono di rispettare meglio l`ambiente». I trasporti, spiega Ciafani, «consumano molto, ed è il settore che negli anni ha aumentato le sue emissioni, se la leva economica e fiscale può incidere su questi gravi ritardi del settore dei trasporti, ovviamente le accise e la carbon tax su carburanti vanno in questa direzione, è una soluzione che ci vede favorevoli».

Secondo l`associazione ambientalista la mobilità privata potrebbe essere, in parte, disincentivata con una patrimoniale sulle auto di grande cilindrata prevedendo due interventi: un`imposta (una tantum) sulle auto di grossa cilindrata e una revisione del meccanismo di calcolo del bollo auto. Legambiente parte da due dati: nel solo 2010, un anno di crisi, sono state immatricolate 119mila autovetture di cilindrata superiore ai 2.000 cc (e di costo non inferiore ai 40mila euro). Il parco auto immatricolato tra il 2006 e il 2010 è composto da 11,4 milioni di autoveicoli, dei quali l`8% di cilindrata superiore a 2000 cc. Con un`imposta (una tantum) sulle auto di grossa cilindrata immatricolate nel periodo 2006-2012, si potrebbero ricavare subito 1.992 milioni di euro. Il meccanismo prevede l`introduzione di un`addizionale progressiva (da 0,75 euro/cc a 3 euro/cc) in funzione della cilindrata escludendo i veicoli a trazione elettrica, a gpl e a metano e quelli speciali per disabili. Altra misura da adottare sarebbe poi una revisione del criterio di pagamento del bollo auto. Attualmente, infatti, questa è una tassa di possesso che si paga indipendentemente dall`utilizzo del mezzo. Legambiente propone di calcolarla in funzione delle emissioni di Co2, (incrociando potenza e uso del mezzo), aumentando contestualmente il costo del carburante di 16 eurocent al litro per mantenere inalterato il gettito del bollo e aggiungendo una carbon tax progressiva per auto che emettono oltre 100 gCo2.

In questo modo a pagare di più sarebbero gli automobilisti che effettuano più chilometri, possiedono vetture che consumano più carburante e emettono più Co2, senza penalizzare le fasce sociali più deboli. La proposta di revisione può portare nelle casse dello Stato non meno di 500 milioni di euro ogni anno, oltre che incentivare l`acquisto di auto meno inquinanti e il minore uso dell`auto privata. Vantaggi economici e ambientali potrebbero venire anche dalla modifica del sistema con cui si prelevano e si pagano allo Stato le risorse naturali. Per i materiali edili estratti dalle cave e per i prelievi idrici di acque minerali, infatti, secondo quanto comunica Legambiente, allo Stato vengono pagate cifre irrisorie mentre chi cava per fare calcestruzzo e cemento o chi imbottiglia le acque fa enormi guadagni. Basti pensare che oggi gli 89.233.573 di m3di sabbia e ghiaia estratte in Italia, portano annualmente nelle casse delle Regioni la cifra di 36.149.550 euro(poco più di 40 eurocent a m3) mentre introducendo (come in Gran Bretagna, per esempio), canoni di concessione al 20% dei prezzi di vendita dei materiali cavati, pari a 3 euro a metro cubo, nelle casse delle Regioni entrerebbero 267.695.719 euro, ben 231.546.169 euro in più. Analogo discorso vale per le acque minerali: il giro d`affari delle aziende che imbottigliano acqua minerale nel 2009 ha toccato 2,3 miliardi per un totale di 12.500.000 metri cubi imbottigliati. La cifra che le Regioni incassano dai canoni di concessioni è di circa 10 milioni di euro. Legambienete calcola che con un canone di 10 euro a metrocubo imbottigliato per tutto il territorio nazionale si ricaverebbero invece 125 milioni di euro, ben 115 milioni di euro in più da destinare alle Regioni e da reinvestire nell`ammodernamento impiantistico del servizio idrico integrato.

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