E SE L'INFLAZIONE FOSSE DAVVERO TRANSITORIA?

E SE L'INFLAZIONE FOSSE DAVVERO TRANSITORIA?

Milano, 22 novembre 2023. A cura del Team di Gestione Pharus

La Fund Manager Survey, ovvero il sondaggio mensile effettuato da Bank of America a cui partecipano circa 265 case di gestione per un totale di 650 miliardi di dollari gestiti, evidenzia per il mese di novembre un sentiment che rimane ancora negativo, ma in deciso miglioramento. 

A guidare il miglioramento di sentiment abbiamo avuto nell’ultima settimana una serie di eventi, tutti valutati positivamente dagli investitori: ci sono stati segnali di distensione sul lato geopolitico, unito a programmi di emissioni meno pesanti del previsto da parte del Tesoro Americano, ma soprattutto abbiamo avuto dei dati incoraggianti sull’inflazione e segnali di atterraggio morbido da parte dell’economia.

Il dato macro più atteso della settimana è stato sicuramente quello di martedì sull’inflazione Americana per il mese di ottobre uscita al 3.2% in ulteriore raffreddamento rispetto alle attese del 3.3%, con la variazione mensile uscita allo 0%, confermando il graduale avvicinamento della crescita dei prezzi all’obiettivo della FED. A calare è anche l’inflazione core che esclude le componenti più volatili di energia e alimentari uscita al 4% rispetto le attese del 4.1% ed anche l’inflazione supercore, uscita al 3.75%, conferma la sua traiettoria di discesa 

Si potrebbe obiettare che tutto sommato l’inflazione non è uscita molto al di sotto del consenso, ma il rally del mercato obbligazionario, con il tasso sul decennale sceso di 20 centesimi nel giorno della pubblicazione dei dati sull’inflazione, e di 70 centesimi dai recenti massimi di fine ottobre, suggerisce che gli investitori sono sempre più consapevoli del cambiamento delle tendenze macro.

Altri dati macroeconomici che sono stati ben accolti dal mercato obbligazionario sono dei dati sul lavoro in raffreddamento con i disoccupati che sono risultati superiori alle aspettative di 11 mila unità, uniti a dati inferiori alle attese sulla produzione industriale, segno di un’economia in rallentamento. Una buona notizia anche per la FED che ora potrebbe essere più tranquilla riguardo alla pausa prolungata sui tassi che ha segnalato. 

Tutti questi dati hanno contribuito a fare incorporare agli investitori le aspettative di un’economia Americana che sta passando dall’essere surriscaldata a tiepida, confermando lo scenario di uno stop al rialzo dei tassi da parte della FED, e di un’economia sulla buona strada per un atterraggio morbido, il così detto scenario definito Goldilocks. Sulla scia di questa convinzione, anche gli equity hanno quindi registrato la terza settimana consecutiva di guadagni, anche se con la consapevolezza che in caso di recessione, l’obbligazionario di qualità avrebbe ovviamente una possibilità in più di performance.

Segnali di distensione sono arrivati per i mercati anche dal fronte geopolitico con l’atteso incontro tra i leader delle due super potenze mondiali, Cina e Stati uniti, dal quale sono arrivate parole di cooperazione che hanno prevalso tra Biden e Xi Jinping in particolare sul fronte climatico, e con rassicurazioni e messaggi molto chiari su Taiwan dove il leader Cinese ha garantito che non sono previste azioni militari da parte della Cina.

Così, mentre la narrativa della politica monetaria dipendente dai dati, ci spinge ad attendere con trepidazione il prossimo dato macro in uscita per avere conferme sul percorso di discesa dell’inflazione e sullo stato di salute dell’economia, è in verità seguendo la stagione degli utili dove sono arrivate le vere indicazioni per gli investitori. È infatti solo seguendo la reporting season che si apprende il motivo per il quale moltissimi grandi investitori dedichino pochissimo tempo alle analisi macro, basate su dati per definizione sempre in ritardo che portano ad investire usando lo specchietto retrovisore.

Così quello che i dati macro cercano da mesi, ovvero conferma sul percorso di rientro dell’Inflazione, è stato chiaramente evidenziato da moltissime aziende durante il commento ai risultati trimestrali. Sono moltissime le aziende che presentando le guidance hanno parlato di un calo sempre più evidente della domanda dei consumatori ed hanno di conseguenza rivisto a ribasso le crescite attese fornite agli investitori, con un calo evidente del numero di aziende che ha citato il termine inflazione durante il commento ai risultati trimestrali.

La maggior sorpresa è arrivata dalla reporting season di giovedì di Walmart, il più grande retailer del pianeta, il cui CEO, McMillon, non solo non ha più parlato di inflazione, ma per la prima volta ha pronunciato il termine di deflazione, affermando che gli stati uniti nei mesi a venire potrebbero dovere affrontare la deflazione con i principali articoli alimentari che subiranno dei tagli di prezzi finalizzati a sostenere la domanda. Il CEO di Walmart è il primo a parlare esplicitamente di deflazione, ma in maniera più velata anche Il direttore finanziario di Home Depot, McPhail, due giorni prima aveva affermato che il peggio dell’inflazione era orma alle loro spalle.
Le Dichiarazioni dei due manager Americani seguono per altro quelle di circa un mese fa del CEO di IKEA, uno dei franchise globali più conosciuti al mondo, che in un’intervista aveva dichiarato di avere iniziato nuovamente a ridurre i prezzi con tagli del 20% sul prezzo di moltissimi tra gli articoli maggiormente acquistati sul loro catalogo.

I messaggi che emergono dalla reporting season sono molto chiari sulle prospettive future: sempre più aziende ci stanno parlando di cali della domanda dei consumatori, si respira inoltre aria di deflazione invece che di inflazione (anche dei costi energetici con il petrolio in calo del 20% da ottobre), e la risposta delle società è un taglio generalizzato delle guidance.

Crediamo valga la pena ascoltare le aziende piuttosto che seguire la narrativa di mercato, per questo continuiamo a seguire il valore che già da diverso tempo ci sta evidenziando grandi opportunità sulla duration in ambito obbligazionario e un sovrappeso in ambito azionario sui settori difensivi che già nei prezzi stanno scontando un rallentamento economico. Continuiamo a credere che il consenso debba ridurre le crescite attese sugli utili dell’S&P 500 per il 2024, attese oggi al +11.6%, già scese rispetto al +12.2% atteso fino a qualche settimana fa, ma ancora troppo ottimistiche.

Ci aspettiamo che questo processo di revisione delle stime colpisca solo marginalmente i settori difensivi, dove le aspettative sono già state portate molto in basso e che sono inoltre supportati da ottime valutazioni. Valutazioni molto interessanti caratterizzano inoltre anche i mercati azionari Europei che trattano a 12 volte gli utili, con uno sconto importante di circa il 35% rispetto alle 19 volte del mercato Americano, evidenziando molto valore in ottica relativa.