Il debito dei Paesi emergenti in valuta locale ha risentito della svalutazione monetaria nel quadro di una crescita lenta e dei bassi prezzi delle commodity.Ma ora che le valute dei mercati emergenti scambiano ai minimi trentennali, questo periodo di debolezza potrebbe essere prossimo alla fine
Di PICTET ASSET MANAGEMENT
Nei mesi scorsi le monete dei Paesi in via di sviluppo hanno subito un crollo che ha messo in difficoltà i titolari di obbligazioni dei mercati emergenti in valuta locale. Ma questo periodo di generale flessione non dovrebbe durare ancora molto. Le valutazioni modeste, la ripresa delle esportazioni dai Paesi emergenti e le riforme strutturali puntano a un mutamento delle dinamiche valutarie.Se il mercato dei cambi fosse un palcoscenico, il dollaro sarebbe il mattatore. Negli ultimi quattro anni, il biglietto verde ha guadagnato il 25% circa su base ponderata per l’interscambio. Particolarmente degno di nota è il rialzo del 14% dall’estate 2014– uno dei più forti mai visti nell’arco di nove mesi – che però non ha certo ricevuto una standing ovation da chi ha puntato sul debito dei mercati emergenti. Per questi investitori, è stato anzi uno spettacolo da fischiare. Negli ultimi tre anni, infatti, le divise dei Paesi emergenti hanno pagato a caro prezzo la rivalutazione del dollaro. In quest’arco di tempo, rublo russo, real brasiliano, lira turca e rupia indonesiana hanno ceduto tutte oltre il 30% rispetto all’USD. Persino lo zloty polacco e il peso messicano – fra le valute più resilienti del mondo in via di sviluppo – hanno perso il 16% circa. Tale evoluzione è stata accompagnata da un aumento della volatilità dei cambi che, a sua volta, ha alzato il rischio valutario insito nei bond deimercati emergenti in valuta locale. Secondo la Banca per i regolamenti internazionali, i rendimenti dell’asset class tendono a salire quando la volatilità dei cambi è maggiore.1 Tuttavia, i trend che hanno caratterizzato gli ultimi tre anni cominciano a svanire. Nel primo trimestre 2015 le monete dei mercati emergenti hanno ritrovato una certa stabilità, segno che il lungo periodo di generale svalutazione potrebbe presto lasciare il passo a una nuova fase in cui sulle quotazioni peseranno di più le specificità dei vari Paesi. Ci sono tutte le condizioni per un rimbalzo di molte divise delle aree emergenti. Non solo molte valute scambiano oggi al di sotto del fair value, ma le riforme in corso in diverse parti dell’Asia e dell’America Latina dovrebbero dare luogo a una profonda trasformazione dei mercati dei cambi. Alcune monete si lasceranno quindi alle spalle questo periodo di debolezza.Il calo delle valute dei Paesi emergenti si può far risalire al 2011. È allora che l’espansione delle economie in via di sviluppo ha cominciato a rallentare. È così iniziata una contrazione del differenziale di crescita fra mondo industrializzato e in via di sviluppodurata fino a oggi. Le valute hanno perso un altro elemento di sostegno nell’estate 2013, quando la Federal Reserve ha preparato il terreno per la conclusione del programma di quantitative easing e l’aumento dei tassi di interesse. Da allora,le pressioni ribassiste sulle valute dei Paesi emergenti si sono moltiplicate, dal rallentamento della Cina al calo dei prezzidelle commodity. Ora però la flessione appare eccessiva. Dopo tre anni di ribassi, le 32 valute del mondo in via di sviluppo da noi monitorate sono scambiate con il dollaro ai minimi dal maggio 1985. Questo è quanto emerge dal nostro modello proprietario, basato su inflazione dei prezzi al consumo, produttività e partecipazioni nette in attività estere di un Paese per calcolare il fair value della valuta. Nell’insieme, le divise dei Paesi emergenti appaiono sottovalutate del 21% circa rispetto al dollaro, attestandosi due deviazioni standard al di sotto del tasso di equilibrio.
Le valutazioni puntano quindi in modo evidente a un rimbalzo di molte valute dei Paesi emergenti. Ma quali sono gli sviluppi non ancora scontati dai mercati dei cambi a livello di fondamentali? Uno è sicuramente il previsto aumento delle esportazionidalle aree emergenti. Con la ripresa di USA, eurozona e Giappone, aumenterà probabilmente anche la domanda estera di beni prodotti nei Paesi in via di sviluppo. In base alle nostre stime, nel secondo trimestre Stati Uniti, area euro e Giappone evidenziano un’espansione dell’1,8% annuo, un tasso che storicamente coincide con un incremento dell’export dai mercati emergenti del 10% annualizzato. È vero, negli ultimi anni la sensibilità dell’export dei mercati emergenti alla crescita mondiale è forse leggermente diminuita in quanto stanno svanendo i benefici delle riforme realizzate in passato, ma la relazione fra le due variabili è ancora valida e può far lievitare notevolmente le esportazioni dai mercati emergenti. Un aumento delle esportazioni migliorerebbe il saldo delle partite correnti e quindi favori
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