DISCIPLINA ED ONORE
Trento, 5 settembre 2024. di Paolo Rosa, avvocato.
Parla di cose scomode l’art. 54 della Costituzione, fedeltà, disciplina, onore, concetti desueti di cui sembra smarrito il senso.
Tutti “hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi”; i “cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”.
Il verbo ‘affidare’ ha un valore profondo: implica fiducia nelle persone a cui ‘affidiamo’ le nostri sorti, la libertà, la giustizia, l’economia, la salute, il futuro dei figli, il destino del Paese.
Sono parole semplici e gravi che, col riferimento alla disciplina, evocano comportamenti dignitosi, rigorosa osservanza di norme e regole; e con il riferimento all’onore coinvolgono il profondo della persona.
Il giuramento, previsto dalla Costituzione stessa per capo dello Stato e ministri, rafforza il vincolo coinvolgendo la coscienza, e dunque la persona nella dimensione pubblica e privata.
COL GIURAMENTO si ha un rafforzamento dei doveri costituzionali, come si vede dalla formula del giuramento dei ministri “Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione”.
Al dovere giuridico si aggiunge il dovere morale: l’obbligo di esercitare le funzioni “nell’interesse esclusivo della Nazione” è già nel-l’obbligo di fedeltà dell’art. 54.
E dunque, ponendo in primo piano i propri interessi e subordinando a questi l’interesse della nazione il ministro viola insieme l’art. 54 e il giuramento prestato.
Di conseguenza è anche ‘spergiuro’, responsabile per aver mancato ai propri doveri istituzionali e alla propria coscienza.
L’art. 54 si rivolge in primo luogo all’esercizio delle funzioni e riguarda tutti: parlamentari, ministri, magistrati, pubblici funzionari, alte cariche amministrative e militari.
Ma vale anche per la vita privata di coloro ai quali le funzioni sono ‘affidate’; dignità e rispetto delle istituzioni sono valori che vanno preservati.
Oggi non lo sono e il danno enorme per il Paese non può continuare a essere ignorato.
Impressiona il contrasto fra comportamenti e norme: interessi privati muovono in modo vistoso l’azione di coloro cui le pubbliche funzioni sono ‘affidate’.
L’etica repubblicana sembra scomparsa, così come dignità e onore.
Ogni giorno emergono fatti nuovi, sempre più sconcertanti e intollerabili persino per una sensibilità già ridotta da lunga assuefazione.
Viene alla luce un intreccio pesante, una rete di corruzione praticata in forme sempre più ripugnanti: soldi, benefici d’ogni sorta e privilegi inammissibili sono oggetto di scambi osceni tra politici , funzionari pubblici, faccendieri, imprenditori, aspiranti agli appalti, arrampicatori miserevoli e avventurieri d’ogni sorta, ma non solo: addirittura donne, carne disponibile, merce.
L’indignazione cresce di fronte all’enormità dello squallido e volgare spettacolo che coinvolge parte rilevante delle istituzioni e sembra radicato nel sistema.
In qualsiasi altro ordinamento ciò comporterebbe immediate e spontanee dimissioni di politici e amministratori per non distruggere il prestigio delle istituzioni.
La risposta dei nostri governanti, invece, è tutt’altra: eliminare ogni possibilità di incriminazioni approvando leggi pensate al fine di sfuggire alla giustizia.
Leggi di tutti i tipi, dalle immunità al processo breve, al processo lungo, tutte nell’esclusivo interesse degli inquisiti.
In questo modo il dovere di esercitare le funzioni nell’’esclusivo’ interesse della nazione viene una seconda volta violato: a violazione si aggiunge violazione." (FONTE: LIBERTAGIUSTIZIA ).