DIRITTO DI VOTO. DISCRIMINAZIONI TRA PARTITI DEL "SISTEMA" E PARTITI "ANTISISTEMA"

DIRITTO DI VOTO. DISCRIMINAZIONI TRA PARTITI DEL "SISTEMA"  E PARTITI "ANTISISTEMA"
Di Samuel Trevisan - Grafico Ifanews

Giannina Puddu, 6 settembre 2022.

In Democrazia, il diritto di voto coinvolge due parti fondamentali.

La parte alla quale appartengono tutti i cittadini con diritto di voto, la parte di chi, avendo fondato un Partito, intende, proprio per il suo atto fondativo, esporre il suo Programma Politico al giudizio popolare e sondarne il consenso, in qualunque occasione di voto, locale o centrale con le Politiche come nel caso del 25 settembre p.v..

Questi diritti, di ambo le parti, sono intoccabili, in un contesto democratico che sia autentico e non simulato.

La nostra Costituzione è ricca di spunti e di indicazioni.

L'articolo 49, sul punto è chiaro e non presta il fianco ad interpretazioni manipolatorie: Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale [cfr. artt. 1898 c. 3XII c. 1].

La questione, per la sua centralità, è affrontata sin dall' art. 1: L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.

La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Ed ancora, l’articolo 3, secondo cui, alla Repubblica, è attribuito l'obbligo di  rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Orbene, è evidente quanto e come, il dettato costituzionale sia tradito dalle condizioni fortemente discriminatorie, introdotte ad hoc, dalla vecchia nomenclatura politica in danno della nuova che vuole offrirsi al giudizio popolare.

Questa volontà di offrirsi al giudizio popolare, con il proprio programma politico, si palesa e diviene una condizione "di fatto", sin dal momento della fondazione di un Partito.

A che pro, dunque, obbligare anche alla "raccolta firme" ed alla successiva e spericolata corsa ad ostacoli prevista fino all'approdo presso le Corti di Appello che, tra l'altro, a fronte di pari condizioni espresse, agiscono fuori dal perimetro dell'armonizzazione, decretando insindacabili giudizi opposti?

Qui, e purtroppo, si chiama in causa il ruolo del Presidente della Repubblica e, dunque, il Titolo II che all' art. 91 prevede che: Il Presidente della Repubblica, prima di assumere le sue funzioni, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione dinanzi al Parlamento in seduta comune.

Punto!

Il testo, per come è stato espresso dai Padri Costituenti, è semplice e chiaro, oltre ogni dubbio.

Semplice e chiaro come deve e dovrebbe essere una qualunque legge, netto e blindato, capace di arginare qualunque assalto degli "interpreti" di turno che si industriano al solo scopo, in pieno conflitto di interessi,  di affermare la loro verità, calpestando la Verità.

Eppure, per il 25 settembre, come in altre occasioni, circa gli ostacoli che la Repubblica dovrebbe rimuovere al fine di determinare e garantire la condizione per cui, a tutti i cittadini, sia riconosciuta l'effettiva partecipazione all'organizzazione politica, si vede l'azione contraria, la Repubblica ha approvato leggi indegne della sua stessa natura, rinnegandola.

La Repubblica ha frapposto ostacoli, anzichè rimuoverli.

Tant'è che, nel percorso diabolico disegnato dai Partiti incollati agli scranni parlamentari,  per il 25 settembre, alcuni debuttanti politici sono caduti, mancando l'obettivo elettorale.

I nuovi attori ("nuovi" in parte e non in toto) che sono giunti a destinazione devono il loro successo ai legami storici maturati con il potere che si vorrebbe mettere in discussione, in quanto incapace di tutelare gli interessi e i diritti sacrosanti dei cittadini italiani e della Nazione, nella sua complessità e conomica e sociale.

Questi loro "legami" li hanno favoriti per la pratica delle vie elettorali e per il favore delle istituzioni locali, governate da amici e conoscenti di varie specie.

Oltre a ciò, emerge che, nelle circoscrizioni estere, neppure questi semi-nuovi, siano presenti nelle schede elettorali impedendo, dunque, ai residenti italiani all'estero la libertà di esprimere il loro voto, per questi, eventualmente.

E' un metodo efficace e blindato, strumentale al fine dei partiti storici di garantirsi un bacino di voti escluso dal cerchio delle opportunità democratiche per tutti. 

Nel senso che "o voti noi, o voti noi"!

Comodo, fin troppo comodo, perchè sia Democrazia.

Se proprio-proprio,  il Parlamento, con l'avallo discutibile della Presidenza della Repubblica, fosse incapace di rinunciare all'obbligo della "raccolta firme" inflitto ai debuttanti sulla scena politica, come conferma certificata della volontà popolare a monte del debutto, questo obbligo deve essere previsto all'atto stesso della fondazione del Partito, come azione formale compresa nella procedura fondativa.

In tal modo, a tutti, sarebbe garantito il Diritto Costituzionale di presentarsi per governare, in qualunque momento, evitando il rischio che è certezza, di subire le iniziative e i dictat di chi non vuole nuovi concorrenti in campo e li azzoppa e li sfianca  ancora prima che la gara cominci.

Tutti i Partiti, per qualunque appuntamento elettorale, devono risultare già "pronti", pronti alla competizione, tutti insieme allo start, a pari condizioni.

Non, parzialmente pronti.

Questa riscrittura della norma, per quanto obblighi comunque a turarsi il naso, sarebbe un' azione correttiva repubblicana in una Repubblica Democratica come la nostra.