Derivati Otc, un allarmismo ingiustificato
Scritto per Ifanews da dott. Massimilano Palumbaro – CFI Advisors. Leggendo l’articolo a firma di Mario Lettieri e Paolo Raimondi, apparso su Ifanews in merito ai derivati Otc, corre l’obbligo di effettuare alcune precisazioni, al fine di evitare allarmismi che, seppur popolari, potrebbero rivelarsi del tutto destituiti di fondamento. Innanzitutto l’articolo definisce i derivati OTC come quelli che vengono lasciati fuori dai bilanci. In realtà non è proprio così. Infatti le aziende tenute a redigere i bilanci secondo i principi IAS (International Accounting Standar), devono contabilizzare i derivati secondo regole e principi ben definiti (IAS 39). A ciò si aggiunge il fatto che in molti paesi, le rispettive legislazioni nazionali, hanno introdotto obblighi ben precisi anche per le imprese cosiddette “non IAS”. In Italia, ad esempio, l’art. 2427-bis del Codice Civile impone alle aziende di indicare in nota integrativa una serie di informazioni inerenti i derivati in essere alla data di chiusura del bilancio.
Si legge ancora nell’articolo che, sulla base dei dati indicati nell’ultimo rapporto trimestrale della Banca Internazionale dei Regolamenti, nella prima metà del 2011 il nozionale totale dei derivati OTC in circolazione è aumentato del 18% rispetto ai livelli di dicembre 2010. Pur tuttavia gli autori omettono di citare il dato successivo. Infatti lo stesso report indica che il valore di mercato dei contratti, che fornisce una misura della rischiosità attuale degli stessi, è sceso dell’8% ed è dovuto soprattutto ad una discesa del 10% del valore dei derivati su tassi d’interesse.
Lettieri e Raimondi proseguono sottolineando che: “La finanza speculativa si allarga a dismisura …”. Nulla di tutto ciò si evince dal rapporto della Bri da cui l’articolo muove. Infatti, al di la dei valori in esso riportati, nulle è indicato in merito al fatto che dette operazioni derivate vengano utilizzate dagli acquirenti a fini speculativi o di copertura. E’ doveroso far osservare come in questo momento storico, caratterizzato da una curva dei tassi d’interesse decisamente bassa (sia per l’area EUR che per quella USD), le imprese possono approfittare della situazione per acquistare derivati di copertura a prezzi relativamente bassi. Questo, probabilmente, spiega perché è cresciuto notevolmente il nozionale dei derivati su tassi d’interesse. Se così è, ciò indicherebbe che il sistema produttivo sta usando i derivati per coprirsi da rischi finanziari come quello di un aumento dei tassi. Quindi la notizia sarebbe assolutamente positiva.
Ripetiamo, ancora una volta, che il rapporto della Bri, non dice nulla in merito, quindi l’allarmismo dell’articolo Lettieri – Raimondi è del tutto privo di dati oggettivi tali da poter giustificare le parole usate.