Derivati, nessun danno per il Tesoro. Ma la procura di Roma deve risolvere l`enigma

Ieri il Ministro Saccomanni, per difendere la linea del Tesoro che aveva ristrutturato nel 2012 ben 30 miliardi di titoli derivati, stipulati alla fine degli anni `90 per ottenere cospicui anticipi di denaro e consentire quindi l`ingresso dell`Italia nell`euro, ha affermato:  “Non c’è nessun aggravio sui conti pubblici”.

Al Tesoro non sanno che  titoli già in perdita, hanno aggravato il calo con la `ristrutturazione` e “rinegoziazione”, le quali secondo stime di analisi quantitative,  sarebbero arrivate a superare gli 8 miliardi, di cui 1,6 miliardi attribuibili ad un solo contratto swap, quello che quando è stato stipulato poco più di un anno fa dall’ex direttore Generale del Tesoro Vittorio  Grilli, mostrava l`82% di probabilità di generare ulteriori oneri per lo Stato ?

A giudicare dalle perdite riportate per gli altri contratti, anche negli altri casi le probabilità di perdita si aggiravano per tutti tra il 70% ed il 90%. Queste stime sono state ottenute usando l’armamentario di analisi quantitativa tipico dei mercati finanziari, che era presente nel regolamento sull’utilizzo di derivati da parte degli enti locali voluto dal Ministro Padoa Schioppa e bloccato poi da Tremonti, nonché promosso dalla Consob sino all’arrivo di Vegas - guarda caso viceministro di Tremonti all’epoca del Governo Berlusconi - e poi non più.

Si ipotizza che sia stato ristrutturato un derivato precedentemente sottoscritto con scadenza 2036,  con il nuovo  che avrebbe assorbito la perdita del vecchio strumento, spalmandola su un numero inferiore di anni. Ma quale scopo assicurativo può avere un derivato che perde quasi il 34% del valore nominale ?

    Il Tesoro nella nota di ieri non ha contestato i dati sulle perdite latenti al 20 giugno, -26% sul nozionale, nè che molti contratti riscritti - primo lo swap da 3 miliardi scadenza 2036 - accorciano le scadenze, quindi anticipando i pagamenti per l’erario, si riflettono negativamente sui conti  pubblici, come il contratto scadenza 2036 che anticipa pagamenti negativi attesi dal 2016, con flussi di 400 milioni l’anno che l’Italia sta pagando, e non avrebbe pagato senza la “ristrutturazione” del 2012.  Perché il Tesoro non chiarisce perché rimborsò a Morgan Stanley nel gennaio 2012, contratti derivati con un esborso di 3,1 miliardi di euro ?

Adusbef e Federconsumatori, nell’interesse dei vessati cittadini, in esposti denunce inviati alle Procure della Repubblica, hanno chiesto che venga fatta piena luce sui misteriosi derivati stipulati   con alcune banche di affari, che sono le solite banche di riferimento del Tesoro, utilizzate come porte girevoli da illustri ex direttori generali e perfino ex ministri dell’Economia.

Adusbef e Federconsumatori, nell’apprendere con soddisfazione che la solerte Procura di Roma,  ha aperto tempestivamente l’inchiesta, anche ai fini della competenza ad indagare, bruciando sul tempo altre Procure, è certa che l’indagine del PM Nello Rossi saprà chiarire i misteri dei derivati avariati, appioppati alle controparti con modelli e sistemi spesso fraudolenti, i cui algoritmi sono studiati a misura di banche e banchier, fugando in tal modo l’appellativo di “Porto delle Nebbie”.

A cura di Federconsumatori

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