Derivati, nei comuni italiani debiti per circa 200 miliardi di euro

“Non ci sono stime ufficiali. Si parla di controvalori che arrivano ai 200 miliardi di euro”.

Derivati, nei comuni italiani debiti per circa 200 miliardi di euro

Di tanto sarebbero indebitati i nostri enti locali secondo il Prof. Ugo Patroni Griffi, ordinario di Diritto Commerciale alla facoltà di Economia dell’Università “Aldo Moro” di Bari. A lui abbiamo chiesto di spiegarci cosa sono i derivati e perché molti enti locali vi abbiano fatto ricorso pur indebitandosi per milioni di euro.


Cosa sono i derivati e a cosa servono?
I derivati fanno parte integrante del funzionamento del sistema finanziario. Assolvono a numerose finalità: consentono di scommettere in termini speculativi sull’andamento dei mercati finanziari o di specifiche attività finanziarie o reali così come consentono di coprirsi da rischi specifici; si pensi ad un’impresa che vende in un Paese che opera con una diversa valuta; con un derivato sui cambi l’impresa si immunizza dal rischio di cambio. Consentono di definire il costo del denaro nel tempo. Ad esempio è tramite gli interest rate swap che una banca può prestare denaro a 5, 10, 20 o 30 anni alle famiglie o alle imprese. I derivati e più in generale la finanza strutturata per loro natura sono in grado di replicare qualsiasi operazione finanziaria tradizionale. Con un derivato si può quindi simulare un finanziamento o l’acquisto di un’azione o di un titolo di stato a termine etc.


Perchè gli enti pubblici italiani ne hanno fatto così tanto ricorso negli ultimi anni?
Perché tramite i derivati hanno potuto ottenere delle disponibilità di cassa upfront ovvero delle riduzione nel breve degli oneri di finanziamento rinviando gli stessi a tempi futuri.

Quali sono i rischi che un ente corre stipulando questo genere di contratti?
I rischi sono connessi alla struttura dell’operazione. Poiché in finanza come in fisica nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma, il derivato non fa altro che trasformare la struttura dei flussi di cassa che caratterizza l’operatività finanziaria di un ente.  In questa trasformazione è presenta un’alea e cioè il rischio dell’operazione che si misura attraverso le probabilità. In altri termini quando una banca vende un derivato ad un ente lo fa con la consapevolezza di quali siano le probabilità che quell’operazione generi maggiori o minori oneri nel tempo ed in quale entità. È infatti il valore medio scontato di questa distribuzione (il c.d. fair value dell’operazione) che la banca stima per contabilizzare il derivato nel rispetto dei principi contabili internazionali. Ed è sempre questo valore che consente all’ente di conoscere se quanto sta pagando risulta maggiore del fair value e quindi genera dei costi impliciti. Purtroppo questa informativa – che eliminerebbe l’asimmetria informativa tra banca ed ente – non viene comunicata all’ente locale. Infatti, la regolamentazione MEF specifica per la vendita di derivati da parte delle banche agli enti locali non viene emanata dal 2009. Anche la Consob che ha poteri di carattere generale in materia di  obblighi informativi e di correttezza dei comportamenti delle banche nei confronti degli investitori è inerte sul punto.

Articolo tratto da Agenparl

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