Derivati, Abi è per l`innovazione `cauta`

Quando si parla di Abi e derivati, visti gli ultimi trascorsi in tema di attenzione alla finanza responsabile da parte de `il fu presidente Mussari`, il giudizio sulla sensibilità della stessa alla tematica può essere pregiudiziale. Ma dato che quasta volta in cattegra abbiamo un nome nuovo, è sacrosanto condere una rinnovata fiducia (sperando che venga poi confermata dai fatti) nel leggere alcune affermazioni ``Le banche italiane sono favorevoli all`innovazione finanziaria sana, capace di accrescere la produttivita` e di aumentare la crescita economica. Ma le innovazioni vanno preventivamente testate, sperimentate monitorate e soprattutto ben regolamentate``.

E` il pensiero Antonio Patuelli,ripreso da Asca, presidente dell`Associazione bancaria italiana, introducendo i lavori della giornata di studio sui rischi provenienti dai derivati per l`attivita` bancaria, voluta dalle banche italiane in collaborazione con il ``Fondo interbancario di tutela dei depositi``, non demonizza i derivati di per se`, piuttosto il fatto che ``ragionevoli meccanismi parassicurativi``, nati per ``un`allocazione efficiente dei rischi, spostandoli verso quegli operatori meglio equipaggiati a sopportarli``, siano divenuti strumenti di speculazione finanziaria.

I dati forniti da Patuelli sono preoccupanti: tra il 2001 e il 2007 il valore nominale degli strumenti derivati, negoziati sui mercati non regolamentati, monitorati dalla BRI, e` aumentato del 430%, arrivando a toccare circa 585 miliardi di dollari. Dopo lo scoppio della crisi, la loro crescita ha subito una temporanea battuta di arresto``. Tanto che a meta` 2012 ``il loro ammontare e` arrivato a circa 640 miliardi di dollari. Cio` significa - ha precisato - che e` pari a circa 10 volte il PIL mondiale``. Da qui l`urgenza di studiare una regolamentazione di questi strumenti innovativi.

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