Dazi "reciproci": la formula di Trump che ignora l'economia reale

Dazi "reciproci": la formula di Trump che ignora l'economia reale
Alexis Bienvenu, Fund Manager di La Financière de l’Échiquier.

Milano, 7 aprile 2025. Di Alexis BienvenuFund Manager di La Financière de l’Échiquier del 4 aprile 2025.

Nonostante la tempesta che ha investito i mercati azionari dopo l'annuncio lo scorso 2 aprile di nuovi dazi, a bordo dell’aereo che lo stava portando verso uno dei suoi campi da golf il presidente americano dichiarava raggiante: «it’s going very well».

Certo, trascinato da alcuni tonfi di una portata rara - il 9% per Meta, Apple o Amazon - che hanno bruciato complessivamente 2000 miliardi di dollari circa di capitalizzazione in un giorno, l'S&P ha perso quasi il 5% il 3 aprile.

Ma, assicurava Trump, giustizia almeno è stata fatta: “l'America” non si lascerà più ingannare da Paesi che, con malizia, approfittano della sua eccessiva generosità.

Il commercio estero si riprenderà velocemente poiché i prodotti importati dal Lesotho, ad esempio, saranno tassati al 50%, come quelli di Saint Pierre e Miquelon o del Laos.

L'elenco dei dazi differenziati si spinge fino a queste sottili distinzioni per Paese, menzionando addirittura le isole Falkland (3500 abitanti, ma molti più pinguini!).

L’approccio è chiaro: il Presidente salva gli Stati Uniti da una situazione di sottomissione di fronte a potenze straniere malvagie.

La realtà è che nell’immediato sta infliggendo ai consumatori americani un aumento massiccio del prezzo dei beni importati e, di conseguenza, un probabile calo dei consumi che potrebbe spingersi fino a innescare una recessione.

Tanto più che è probabile che vi saranno delle rappresaglie che andranno a colpire in pieno le esportazioni americane. Una frenata doppia: per i consumi e per la produzione.

La realtà economica è talmente distante dalle preoccupazioni presidenziali che la base stessa del ragionamento sui dazi è priva di ogni valore.

Il calcolo dei dazi cosiddetti “reciproci” poggia infatti su una formula che nessun economista riconosciuto considera appropriata in quanto riflette il solo rapporto tra il deficit commerciale degli Stati Uniti nei confronti di un Paese e gli scambi totali di beni con lo stesso Paese, e non una tassazione.

Individua, implicitamente, in ogni deficit commerciale il sintomo di una tassazione insufficiente, mentre le cause del deficit possono essere molteplici e non necessariamente problematiche, ad esempio quando un prodotto non può essere importato che da un determinato Paese vista la sua specificità o il suo posizionamento nella catena del valore.

Il deficit in questo tipo di commercio non è necessariamente dovuto a una tassazione insufficiente.

Non solo la formula utilizzata da Washington non ha alcun valore economico, ma ignora persino la metà quasi dell'economia degli scambi.

Infatti, include solo gli scambi di beni e non di servizi, mentre in questo settore gli americani vantano generalmente un eccedente.

Se gli europei, che in questo ambito sono deficitari, applicassero la formula di Trump agli scambi di servizi, dovrebbero tassare pesantemente i redditi generati, ad esempio, da Google, Visa o Disney. Ispirata indirettamente da Trump, l'idea si sta facendo strada a Bruxelles.

Infine, c'è la realtà storica delle guerre commerciali che Trump non ha necessariamente valutato correttamente.

Se si esaminano le guerre commerciali portate avanti dagli Stati Uniti o da altri Paesi - perché tutti, compresi quelli europei, ne hanno scatenate ad un certo punto della loro storia - ci si rende conto che queste guerre hanno un costo talmente elevato in termini di ritorsioni commerciali che finiscono generalmente per essere abbandonate.

È stato il caso, ad esempio, della guerra commerciale difesa dal presidente McKinley, un ideale a cui Trump fa riferimento.

Presidente protezionista dal 1897 al 1901, dichiarò tuttavia nel suo ultimo discorso prima di essere assassinato:Le guerre commerciali non sono redditizie. Una politica di buona volontà e di relazioni commerciali amichevoli impedirà le rappresaglie.[1]” Speriamo di non dover aspettare l'ultimo giorno di Trump perché giunga alla stessa conclusione del suo idolo.