DAZI IN ARRIVO: COSA CAMBIA PER I MERCATI

DAZI IN ARRIVO:    COSA CAMBIA PER I MERCATI

Milano, 4 febbraio 2025. A cura del Team di Gestione Pharus

Le banche centrali e la stagione degli utili hanno dominato l'attenzione dei mercati nell'ultima settimana di gennaio, ma febbraio si apre sotto il segno della volatilità, con il ritorno delle tensioni sui dazi. 

Sullo sfondo, resta centrale il tema DeepSeek e, più in generale, la crescente competizione nel settore dell'intelligenza artificiale, destinata a rimanere un driver di mercato ancora a lungo.

L'ultima riunione della FED non ha riservato sorprese, ovvero si conclude con l'annuncio di tassi fermi con una decisione presa all'unanimità.

La Fed ha lasciato i tassi invariati tra il 4,25% e il 4,50%, sottolineando ancora una volta la sua dipendenza dai dati economici. Il messaggio di base del presidente Powell durante la sua conferenza stampa è stato che la Fed non ha fretta di abbassare i tassi, ma lo farà gradualmente, seguendo i dati economici, un messaggio che il mercato ha accolto con favore, interpretandolo come una pausa di natura accomodante. Per fine 2025 rimangono 2 gli ulteriori tagli attesi dal mercato.

Un punto interessante? Silenzio totale sulle critiche di Donald Trump con Powell che ha ribadito l'indipendenza della banca centrale.

Se la Fed resta attendista, la BCE ha invece confermato l'approccio più aggressivo annunciando anche in questo caso con una decisione unanime ed in linea alle attese di mercato, di tagliare ancora i tassi per la quinta volta di 25 punti base portando il tasso di riferimento al 2,75%.

Alla domanda di dove si fermerà il taglio dei tassi, Lagarde ha commentato che in questo momento è prematuro dire dove il calo dei tassi d'interesse dovrà fermarsi, perché sarà una decisione basata sui dati economici, così come il ritmo, l'ampiezza e la sequenza delle prossime decisioni di politica monetaria. La direzione dei tassi europei è dunque chiara (a ribasso) ma il punto di arrivo è incerto.

Su questo punto la Lagarde ha preannunciato che il 7 febbraio verrà pubblicato un report dove verrà indicato un range sul tasso neutrale. Gli operatori hanno mantenuto inalterate le attese di ulteriori altri 3 tagli di 25 punti base entro fine 2025, con l'obiettivo quindi di un tasso sui depositi al 2% che al momento appare uno scenario condivisibile, con il principale rischio rappresentato dall'eventuale rigurgito inflativo conseguente all'eventuale inasprimento delle politiche tariffarie di Trump.

I dati macroeconomici hanno continuato a suggerire che l'economia è ancora in ottima forma, con i consumatori che continuano a spendere, ma non abbastanza da preoccuparsi eccessivamente gli investitori. Il modello di monitoraggio PIL Now della Fed di Atlanta ha rivisto la sua stima per la crescita del PIL del quarto trimestre del 2024 dal 3,2% al 2,3%, allineandosi alla pubblicazione del PIL risultato un po' sotto le stime. 

La stagione degli utili è ormai in pieno svolgimento, fino ad ora ha riportato circa il 40% delle società dell'S&P 500 battendo nel`77% dei casi le tempi.
Tra tutte le varie società, l'attenzione è stata tutta rivolta ai risultati delle big tech che nel complesso riportano utili un po' contrastanti ma non tali da cambiare significativamente il sentiment di mercato. META sorprende positivamente il mercato, deludono invece i risultati di Microsoft e Tesla e sono abbastanza in linea quelli di Apple.
In generale un aspetto interessante emerso dalle chiamate con gli investitori è la crescente attenzione verso l'intelligenza artificiale ed in particolare gli enormi investimenti annunciati in tale ambito.
La buona reportistica dovrebbe essere di supporto anche per i tempi di crescita utili per i prossimi trimestri. Per il mercato americano le previsioni di crescita utile per il 2025 indicano un +14.5% ed anche per il 2026 è previsto un incremento del +14%. 
 
In entrambi i casi parliamo di crescite decisamente al di sopra delle medie storiche evidenziando aspettative di una resilienza degli utili che va di pari passo con il rafforzamento dell'economia statunitense, ma che sarà da verificare nei successivi trimestri.

Le valutazioni azionarie restano mediamente elevate , ma sappiamo che questo non è un tema in grado di spostare gli equilibri nel breve periodo, dove sembra invece che a parte le incognite sulle politiche sui dazi, la parte lunga dei tassi resta in questa fase una delle principali variabili che possono influenzare l'andamento degli equità. 

Con il rendimento a 10 anni in quella zona critica del 4,5-5% , il mercato azionario deve porre attenzione al mercato obbligazionario.
L'attività rischiosa (ovvero gli equity) dovrebbe rendere di più dell'attività privata di rischio (ovvero i bond), quindi quando il rendimento di quest'ultima si avvicina alla prima, la prima deve rivalutarsi per rimanere competitiva.
Il livello del 5% sul decennale americano è questa soglia di allarme che tutto il mercato tiene d'occhio, ma per ora i tassi sembrano stabilizzarsi al di sotto di questo livello, fornendo uno scenario ideale per gli investitori, che possono tornare a considerare i bond come una valida alternativa all'equity all'interno dei loro portafogli.

L'altro tema in grado di portare volatilità abbiamo detto essere i dazi, ed infatti il ​​mese di febbraio si apre subito con mercati finanziari scossi dagli annunci di sabato del presidente Trump, che ha anticipato l'implementazione di nuovi dazi prima del previsto .

Le misure includono un aumento del 25% sulle importazioni da Messico e Canada e un ulteriore 10% sui beni provenienti dalla Cina.

Inoltre, Trump ha lasciato intendere ai giornalisti che le nuove tariffe sui prodotti europei potrebbero arrivare “molto presto”.

Canada, Messico e Cina pesano per circa la metà di tutti i beni importati dagli USA.
L'impatto di queste decisioni sugli indici azionari è difficile da prevedere, poiché dipenderà dalle strategie adottate dalle aziende: trasferire i costi sui consumatori, scaricarli sui fornitori o assorbirli riducendo i margini di profitto. Secondo la prima analisi dei principali casi di ricerca, i nuovi dati potrebbero ridurre i tempi di utilizzo dell'S&P 500 di circa il 2-3%.
Oltre al rischio di taglio degli utili, l'incertezza politica potrebbe pesare sui molteplici di valutazione, mentre alcuni investitori temono che l'aumento dei prezzi possa spingere la Fed a mantenere tassi più alti più a lungo, aggravando ulteriormente la pressione sul mercato.

Questa combinazione di fattori suggerisce un possibile ribasso a breve termine di circa il 5% per l'S&P500 tuttavia, se gli investitori riterranno che le tariffe siano solo una leva negoziale temporanea in vista di un accordo, l'impatto potrebbe essere più contenuto.

Tassi e tariffe restano comunque i due fattori principali da monitorare nel breve termine.