DAZI DOGANALI: UNA SCOMMESSA PERDENTE

DAZI DOGANALI:    UNA SCOMMESSA PERDENTE
Enguerrand Artaz

Milano, 10 febbraio 2025.  A cura di Enguerrand Artaz, Fund Manager di La Financière de l’Échiquier.

La prima bordata non si è fatta attendere.

Fedele alle promesse fatte in occasione del suo insediamento, Donald Trump ha sancito l’inizio della sua politica sui dazi doganali firmando diversi decreti il 1° febbraio.

Salgono così al 25% i dazi doganali sui prodotti importati dal Messico e dal Canada, ad eccezione del petrolio canadese tassato al 10% soltanto.

Il presidente degli Stati Uniti ha aumentato di altri 10% i dazi doganali sui prodotti cinesi.

Dopo qualche giorno e qualche telefonata tra capi di Stato, gli stessi dazi sono stati sospesi per il Messico e il Canada in cambio di un drastico aumento dei controlli alle frontiere, destinati soprattutto a combattere il traffico di droga.

Niente di simile nei confronti della Cina anche se la risposta di Pechino è stata estremamente moderata e Donald Trump dovrebbe incontrare Xi Jinping a breve.

Vanno poi aggiunti i dazi doganali del 25% imposti alla Colombia, annullati in fretta dopo che Bogotà ha finalmente accettato “senza alcuna restrizione” tutti i suoi connazionali espulsi dagli Stati Uniti.

Quanto alle minacce ripetute di dazi doganali nei confronti dell’Europa, né un dato né un perimetro preciso sono stati specificati.

In sintesi, la politica commerciale americana non è per ora cambiata nei fatti e a essere effettivo è soltanto l'aumento dei dazi doganali sui prodotti cinesi. Il tutto non è però privo di conseguenze in termini di prospettive economiche.

I vari indicatori che misurano il livello di incertezza nel commercio mondiale, e nella politica commerciale statunitense soprattutto, si sono già attestati a livelli simili, se non superiori, a quelli del picco delle tensioni commerciali del 2019.

Illustrano abbastanza bene la situazione in cui si ritrovano oggi molte aziende, americane soprattutto: una posizione perfettamente socratica nel senso che l'unica cosa di cui sono certe è che non sanno nulla.

Mentre l'elezione di Donald Trump e la sua presunta posizione “pro business” hanno generato un rinnovato ottimismo nel settore privato americano, come emerge da diverse indagini sulla fiducia questo periodo di incertezza inaugurato dalla Casa Bianca potrebbe rimescolare le carte, e non poco.

L'incertezza è ovviamente indissociabile dalla vita economica i cui effetti, quando è però esacerbata, possono essere dirompenti.

Investimenti annullati o rinviati, assunzioni congelate, progetti ritardati, strategie da rimodellare... le conseguenze classiche di una perdita di visibilità delle aziende sulle condizioni economiche stanno già iniziando a manifestarsi, a giudicare dall'attività di fusioni e acquisizioni, ai minimi degli ultimi dieci anni nel mese di gennaio.

In un momento in cui ci si interroga sulla continuazione dell'eccezionalismo americano che tanto ha brillato negli ultimi anni, questo è un argomento serio.

Tanto più che la maggiore incertezza non riguarderà gli Stati Uniti soltanto ma può influenzare l'intero commercio mondiale, il che sarebbe dannoso soprattutto laddove il ciclo industriale mondiale mostrasse finalmente segni di ripresa dopo due anni di stagnazione.

Quanto all'amministrazione Trump, non ha molto da guadagnare nel protrarre eccessivamente questa partita di poker.

Gli introiti fiscali attesi grazie all'aumento dei dazi doganali - la cui entità è discutibile - non si concretizzeranno finché i nuovi dazi non saranno effettivi. Allo stesso tempo, un rallentamento dell'attività alimentato dall'incertezza avrebbe un impatto rapido e negativo sugli equilibri fiscali.

Una scommessa quindi perdente su tutti i fronti.

Infine, l'incertezza potrebbe anche pesare sui mercati finanziari.

Se questi, per ora, si sono dimostrati molto resilienti di fronte a queste questioni, un prolungarsi dell'incertezza rischierebbe di influenzare il sentiment degli investitori.

Per i mercati, che non amano particolarmente i precetti di Socrate, una situazione spiacevole ma che si presume nota è spesso preferibile - come un aumento deciso e definitivo dei dazi doganali - piuttosto che un'incertezza alimentata dalla volatilità politica.