CREDIT SUISSE: Rivediamo al ribasso le nostre previsioni sul PIL statunitense
CREDIT SUISSE: Rivediamo al ribasso le nostre previsioni sul PIL statunitense
Alla luce del debole inizio d’anno, riduciamo le nostre previsioni 2015 sul PIL USA al 2,5% anno su anno. Ci aspettiamo ancora che la Fed inizierà il ciclo di inasprimento della politica monetaria entro settembre 2015, con il proseguimento della ripresa sul mercato del lavoro e il raggiungimento di un minimo per l’inflazione.
Di Björn Eberhardt - Head of Global Macro Research Credit Suisse
La seconda stima del PIL USA del T1 è stata pubblicata venerdì 29 maggio. La revisione al ribasso della crescita era ampiamente prevista anche se il calo (–0,7% su base trimestrale) non è risultato consistente come previsto (–0,9% trimestre su trimestre). Come enfatizzato nell’Investment Weekly del 22 maggio, il PIL del T1 con buona probabilità ha subito l’impatto negativo di diversi effetti straordinari e la crescita sottostante probabilmente è stata più robusta di quanto suggerito dal dato debole sul PIL headline. Il miglioramento dei dati sul mercato dell’edilizia residenziale registrato ad aprile nonché la conferma dei solidi dati del mercato del lavoro sono indicativi di un’economia che cresce ancora attorno o leggermente al di sopra del suo tasso di crescita potenziale. Tuttavia, in seguito alle cifre deludenti del T1, un tasso di crescita del 3,0% anno su anno appare irraggiungibile, pur mettendo in conto un rimbalzo del PIL del T2 seguito da una solida crescita nella seconda metà del 2015. Pertanto abbiamo rivisto al ribasso la nostra stima di crescita del PIL USA 2015, dal 3,0% anno su anno a una previsione ancora superiore al consensus del 2,5% YoY. I rischi al rialzo per questa stima riguardano principalmente una ripresa superiore al previsto della domanda di consumi e della spesa per investimenti (sia nell’ambito delle abitazioni che delle spese in conto capitale). I rischi al ribasso provengono prevalentemente dalla possibilità di un effetto superiore alle attese della forza del dollaro sui dati commerciali statunitensi (esportazioni più deboli, importazioni in aumento), dal rischio di un rincaro dei tassi ipotecari tale da provocare un rallentamento nell’attività di costruzione e da un rimbalzo inferiore alle aspettative per quanto attiene la spesa di consumo. Inflazione destinata ad aumentare lentamente, ulteriore irrigidimento del mercato del lavoro. Con la dinamica economica destinata a rimbalzare e la crescita a superare il suo tasso potenziale (2%–2,25% anno su anno, in base a gran parte delle stime), con buona probabilità riscontreremo ulteriori guadagni sul mercato del lavoro. Il tasso di disoccupazione è già prossimo a livelli in cui la crescita dei salari nominali potrebbe cominciare ad aumentare. Dato che ci aspettiamo un calo ulteriore del tasso di disoccupazione, nei prossimi trimestri dovrebbero aumentare i segnali di un aumento della crescita dei salari nominali. Ulteriori miglioramenti sul mercato del lavoro e un aumento della crescita dei salari sono fattori chiave che la Federal Reserve americana (Fed) prenderà in considerazione nel determinare le tempistiche di un aumento del tasso di riferimento. Un altro fattore è l’inflazione. La Fed ha affermato che un rialzo dei tassi sarebbe garantito soltanto non appena sarà persuasa di un rientro in carreggiata dell’inflazione in direzione dell’obiettivo del 2%. Il tasso di inflazione headline è destinato a rimanere relativamente basso fino all’autunno 2015, dato che i prezzi dell’energia continueranno a pesare sull’inflazione annua fino ad allora. Una volta venuti meno questi effetti, l’inflazione è destinata ad aumentare tornando in modo relativamente rapido sopra all’1%, a nostro parere. L’inflazione core, ovvero il dato che esclude i prezzi dell’energia e degli alimentari, è un’altra questione (si veda il grafico), con l’indice dei prezzi al consumo core (CPI) già in aumento all’1,8% su base annua. Tuttavia il tasso di crescita dell’indice dei prezzi core delle spese per consumi personali (PCE), l’unità di misura dell’inflazione preferita dalla Fed, di recente è sceso all’1,2% anno su anno. Con riguardo alle previsioni della Fed, sarà importante che questo valore riprenda a salire. Tuttavia, come osservato nel 2014, tale inversione di rotta potrebbe manifestarsi in modo relativamenterepentino. Inoltre ci aspettiamo che l’inflazione PCE core torni ad aumentare nei prossimi mesi, dal momento che il miglioramento delle condizioni nazionali dovrebbe provocare un aumento nell’inflazione dei servizi nazionali, che rappresenta gran parte dell’inflazione core. I rischi relativi alle prospettive dell’inflazione headline sono relativamente bilanciati e dipendono ampiamente dall’andamento dei prezzi dell’energia. Se i prezzi dell’energia aumentano prima e a un ritmo più rapido del previsto, l’inflazione headline con buona probabilità segnerà un bottom out prima di quanto atteso per poi ricominciare ad aumentare. L’opposto si verificherebbe se i prezzi d
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