CREDIT SUISSE. BANCA ZOMBIE TRASCURATA DALLA POLITICA SVIZZERA CHE HA SCARICATO SUI RISPARMIATORI IL COSTO, FAVORENDO UBS.
Giannina Puddu, 28 agosto 2023.
Il Governo svizzero aveva mediato nel corso della trattativa per l'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS per 3 miliardi di franchi svizzeri.
Alla notizia era seguita la corsa al prelievo dei clienti di Credit Suisse e l'impennata dei suoi credit default swaps.
Venerdì, UBS ha subito un leggero calo alla borsa di New York per effetto delle pessime notizie relative a Credit Suisse che, pare, abbia cumulato una perdita pari a 4 miliardi di dollari nel secondo trimestre 2023.
Reuters, ha riportato la notizia diffusa dal media tedesco Sonntagszeitung che ha scritto, invece, che la perdita del secondo trimestre di Credit Suisse ammonta a 3,5 miliardi di franchi svizzeri.
Perdita annunciata dalla stessa Credit Suisse che l'aveva motivata con la sua uscita dalle attività non core e dai costi che avrebbe sostenuto per la sua ristrutturazione ed il suo rifinanziamento.
Il portale svizzero tio.ch ha denunciato: Il tema dell'acquisizione dell'istituto bancario da parte di UBS è completamente assente nelle campagne elettorali in vista delle federali.
Ha aggiunto che quelli che verranno, saranno, probbilmente, gli ultimi giorni di vita di Credit Suisse giacchè tutte le sue attività saranno completamente assorbite da UBS che, secondo molte voci, avrebbe fagocitato la concorrente ad un prezzo irrisorio.
Ricordo gli anni in cui, a Milano, essere clienti di Credit Suisse Asset Management era un must per le classi agiate.
La politica tace sul punto, favorita dalla decisione astuta di Ermotti che, per escludere il coinvolgimento politico, ha deciso di rescindere i contratti per le garanzie statali pari a 109 miliardi.
L' AD Sergio Ermotti è stato anche fortunato.
Da Reuters e altri, la notizia della fuga di centinaia di dipendenti del Credit Suisse che si sono dimessi spontaneamente durante il mese di giugno e dalla acquisizione, spaventati dalla crescente incertezza e corteggiati dai concorrenti.
Mentre "destra" e "sinistra" avevano condiviso la scelta dell'acquisizione per evitare l'oneroso salvataggio pubblico, l'UDC aveva sferrato il suo attacco frontale sfidando la regola del too big to fail.
Ricetta semplice: se le banche diventano troppo grandi per fallire devono ridimensionarsi e vendere alcune aree di attività.
Ciò cui abbiamo assistito negli ultimi decenni è esattamente il contrario, sono spariti numerosi marchi accorpati in pochi giganti, anche in Italia, concentrando il rischio per i clienti, per la stabilità dei mercati e per la finanza delle nazioni in cui risiedono.
Il consigliere nazionale di Zugo trova che sia un errore incolpare un partito per il tonfo di Credit Suisse, mentre, secondo lui «La banca è fallita a causa di una cattiva gestione da parte della sua dirigenza».
Certo!
Il punto è che gli errori della "dirigenza" hanno trovato terreno fertile nelle regole tremebonde fissate dalla politica, in Svizzera come altrove.
Il 6 luglio 2023 a Losanna, è stata costituita una start-up fondata da due avvocati che intendono rendere il "diritto" accessibile a tutti.
Si spera...
Questi avvocati hanno fatto partire una causa collettiva per contestare il rapporto di concambio fissato al momento dell'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS, pari a un'azione UBS contro 22,48 zioni di Credit Suisse.
Questo valore, molto generoso verso UBS e piuttosto tirchio verso i piccoli azonisti, era stato fissato dal Consiglio federale che intendeva, evidentemente, incoraggiare l'acquisizione da parte di UBS in quanto estrememente conveniente, pur di levarsi dalle palle il problema e fuori dalle regole.
Il 14 agosto, swissinfo.ch ha confermato l'avvio (da parte della start-up losannese Legalpass) dell' azione giuridica collettiva in favore degli azionisti di Credit Suisse, con dossier trasmesso al Tribunale commerciale di Zurigo.
E si sarebbero unite anche l'Associazione svizzera di protezione degli investitori (SASV) che rappresenta ulteriori 1000 azionisti e la fondazione Ethos.
Mobilitati da LegalPass oltre 3000 azionisti.
Ulteriori denunce hanno raggiunto il Tribunale amministrativo federale di San Gallo.
Gli argomenti non mancano.
Alla chiusura delle contrattazioni borsistiche di venerdì 17 marzo il valore di CS, certificato dal mercato, era stato pari 7 miliardi, mentre il 19 marzo il prezzo di acquisizione era stato ridotto a 3 miliardi!
I conti non tornano.
«La risonanza è stata incredibile», ha dichiarato Philippe Grivat, cofondatore di LegalPass che ha aggiunto: «Siamo davvero commossi dai molti messaggi di ringraziamento da parte degli azionisti che finalmente hanno un modo per far sentire la loro voce, e siamo orgogliosi di vedere la nostra azione prendere forma».
Il cofondatore di LegalPass, Alexandre Osti: «Gli azionisti di Credit Suisse non sono stati ascoltati all'assemblea generale: daremo loro voce in tribunale».
Il limite che potrebbe precludere il risultato sperato sta nel fatto che il diritto svizzero non prevede la class action sul modello americano.
Tuttavia, prevede la possibilità di contestare il cosiddetto «rapporto di scambio delle quote».
Speriamo che per il trionfo della Giustizia svizzera tutti gli attori coinvolti l'abbiano confezionata giusta, superando il vezzo dei governi bancocentrici...