Conti Deposito, un 2013 che parte male...
Secondo le rivelazioni dell’Osservatorio di ConfrontaConti.it, il più importante comparatore online di conti correnti e di deposito che mette a raffronto i prodotti di oltre 40 Istituti bancari operanti in Italia, i tassi di interesse dei conti di deposito stanno evidenziando una tendenza ribassista in questo primo scorcio di 2013.
Dopo i picchi massimi raggiunti a fine 2011, nel momento di massima tensione dei mercati finanziari, i rendimenti, che si erano mantenuti su valori molto elevati per tutto il 2012, hanno infatti cominciato a scendere in modo generalizzato e consistente nei primi mesi del 2013, come evidenziato dal grafico sottostante relativo all’andamento medio dei tassi dei conti di deposito vincolati a 12 mesi, paragonato a quello dei BOT annuali e all’inflazione.
Secondo i dati di ConfrontaConti.it, da marzo 2012 a marzo 2013, il tasso medio lordo dei depositi con vincolo a un anno ha, infatti, subito una riduzione dello 0,84%, una buona parte della quale si è manifestata nei primi due mesi dell’anno in corso.
Questo calo era prevedibile in virtù della progressiva riduzione dei valori dello spread, manifestatasi nella seconda parte del 2012, e della riduzione della fame di liquidità da parte delle banche italiane. Ciò che ha stupito, piuttosto, è stato il considerevole ritardo con il quale la riduzione dei tassi si è manifestata rispetto all’andamento dello spread, poiché le banche hanno aggiornato piuttosto lentamente i tassi dei propri prodotti di raccolta. Questo ha, quindi, dato luogo a un fenomeno piuttosto peculiare e forse non del tutto voluto: la riduzione dei tassi si è manifestata in concomitanza della risalita dei valori degli spread, osservata a partire dalle elezioni politiche italiane, che hanno allontanato la prospettiva di un Governo forte e stabile in grado, a breve, di mettere mano al risanamento dei conti pubblici italiani. Questi fenomeni stanno perciò producendo una progressiva riduzione della forbice fra tassi dei conti di deposito e dei titoli di stato italiani, nonostante i primi rimangano nettamente più convenienti dei secondi e nulla lasci prevedere un sorpasso da parte di questi ultimi, storicamente meno redditizi.