Consulenza finanziaria, il vero giudice è il Popolo
Consulenza finanziaria, il vero giudice è il Popolo
Peter Grimmet, intervistato da Francesco D’Arco per ADVISOR ON LINE, aveva espresso le sue considerazioni sulla riforma dell’attività di distribuzione finanziaria e sui suoi possibili effetti in Europa. La ormai nota RDR, di cui, come ASSOFINANCE, avevamo già più volte detto e scritto, fin dall’ormai lontano intervento, di David Bower, nell’anno 2010, durante un convegno organizzato presso l’Università IULM di Milano. Appariva subito, come elemento “forte” nell’attività e nel pensiero della FSA, l’introduzione del divieto, a partire dal gennaio 2013, di ogni retrocessione che fosse legata al collocamento dei prodotti finanziari. Particolarmente forte in Italia a fronte delle decine di migliaia di promotori finanziari presenti, la cui attività, come noto, è remunerata con provvigioni. Oltre ai promotori, il costo delle piramidi sovrastanti più o meno piatte a seconda dei casi… Se l’Europa introducesse lo stesso divieto si porrebbe non solo la grande questione del come retribuire i promotori finanziari ma anche la domanda circa il senso stesso della loro attività. Un riverbero, sull’industria finanziaria italiana, di portata storica e tutto da lavorare nonostante molte reti di promotori si siano già affrettate ad aggiungere, nella cartella prodotti, anche il servizio di consulenza. Ma con quale gratificazione per il promotore per il quale la consulenza è, appunto, solo un nuovo prodotto e non impegno intellettuale? Osservava Grimmet: “il cliente deve capire che la consulenza ha un costo…” Questa premessa vale anche in Italia e si può aggiungere che, non solo il cliente deve capire che la consulenza ha un costo, ma deve anche decidere se intenda pagare il costo espresso in modo trasparente o opaco. La voce del Popolo, pare sollevarsi ed espandersi sul pianeta, invocando la trasparenza. Ma, a questo riguardo, Grimmet ha una chiosa triste perché , prevedendo costi significativi per le strutture di consulenza indipendente, ritiene che i piccoli risparmiatori non potranno permettersela.. Dissento. Nel tempo e neanche troppo lontano, le società di consulenza sapranno dotarsi dei processi necessari alla realizzazione delle economie di scala funzionali all’erogazione del servizio di consulenza per tutti: clienti grandi, medi, piccoli. strong>L’altro aspetto significativo, da punto di vista dei consulenti finanziari indipendenti, trattato da Grimmet è quello del requisito di indipendenza legato al riconoscimento degli incentivi. L’Italia, grande paese “discusso”, dentro e fuori dai suoi confini, in modo appropriato e, più spesso, inopportuno, ha già manifestato la sua leadership intellettuale sul tema capovolgendo, di fatto, il dilemma e adottando la sua soluzione. Il legislatore italiano ha già vietato “gli incentivi” per la consulenza finanziaria indipendente e li prevede, invece, per l’attività di consulenza finanziaria. Il nostro legislatore pare aver già anticipato e tracciato la strada per la finanza europea. Questo approccio normativo è quanto di più semplice e lucido si potesse scegliere. Dal nostro punto di vista, l’obbligo di non prendere soldi dall’industria finanziaria è gradito e coerente con il nostro ruolo; ci pare, altresì, che la consulenza finanziaria possa essere offerta, anche in conflitto di interessi e quindi con un mix di parcella e provvigioni/stipendi da altri attori della comunità finanziaria. Crediamo nel mercato. Sarà il risparmiatore a decidere se affidarsi ad un consulente puro, quindi indipendente, oppure ad un consulente in conflitto di interessi. Anche il Popolo dovrà compiere i suoi sforzi per emanciparsi, in finanza e non solo. di Giannina Puddu, presidente Assofinance
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