CONFLITTO DI INTERESSI

CONFLITTO DI INTERESSI

Trento, 22 luglio 2023. Di Paolo Rosa, avvocato del Foro di Trento. Esperto in Diritto del Lavoro e Previdenziale.

Nel nostro ordinamento non esiste una norma che preveda analiticamente gli elementi costitutivi e le diverse ipotesi della fattispecie del conflitto di interessi (ANAC, sito istituzionale, voce conflitto di interessi).

Nel codice civile se ne occupa l’art. 1394 c.c. che così recita: il contratto concluso dal rappresentante in conflitto di interessi col rappresentato può essere annullato su domanda del rappresentato se il conflitto era conosciuto o riconoscibile dal terzo.


Per la giurisprudenza: «Conclusione del contratto in conflitto di interessi: l’applicazione dell’art. 1394 c.c. in ambito societario (Cass. Civ., Sez. II, 21 marzo 2022, n. 9054).

Come noto, l’art. 1394 c.c. disciplina l’ipotesi del conflitto di interessi del rappresentante, disponendo che il contratto concluso da quest’ultimo “in conflitto d’interessi col rappresentato può essere annullato su domanda del rappresentato, se il conflitto era 
conosciuto o riconoscibile dal terzo”.

In merito all’applicazione di questa norma in ambito societario e, in particolare, al caso del contratto concluso da un amministratore in una situazione di conflitto di interessi, la Corte di Cassazione ha evidenziato che “nella fattispecie prevista dall’art. 1394 cod. civ., il conflitto di interessi si manifesta al momento dell’esercizio del potere rappresentativo, mentre nel caso previsto dagli artt. 2373 e 2391 cod. civ. il conflitto di interessi (rispettivamente, in sede di assemblea e di consiglio di amministrazione) si manifesta al momento dell’esercizio del potere deliberativo, di modo che, in assenza di una previa deliberazione, la disciplina del conflitto deve essere ricondotta a quella dettata dall’art. 1394 cod. civ., anziché alle norme degli artt. 2373 e 2391 cod. civ.”. Si tratta, pertanto, di norme riguardanti momenti differenti nella conduzione dell’attività sociale: l’art. 1394 c.c. riguarda quello della rappresentanza, l’art. 
2391 c.c. invece quello dell’esercizio del potere di gestione».

Mentre citando Cass. civ., Sez. II, sentenza n. 2529 del 31 gennaio 2017 «Il conflitto d’interessi idoneo, ex art. 1394 c.c., a produrre l’annullabilità del contratto, richiede l’accertamento dell’esistenza di un rapporto d’incompatibilità tra gli interessi del 
rappresentato e quelli del rappresentante, da dimostrare non in modo astratto od ipotetico ma con riferimento al singolo atto o negozio che, per le sue intrinseche caratteristiche, consenta la creazione dell’utile di un soggetto mediante il sacrificio dell’altro.

Tale situazione, riferendosi ad un vizio della volontà negoziale, deve essere riscontrabile al momento perfezionativo del contratto, restando irrilevanti evenienze successive eventualmente modificative della iniziale convergenza d’interessi.

In tema di conflitto di interessi, la predeterminazione del contenuto del contratto e la specifica autorizzazione del rappresentato sono elementi richiesti unicamente dall’art. 1395 c.c. per la validità del contratto che il rappresentante conclude con sé stesso, quali cautele previste in via alternativa dal legislatore per superare la presunzione legale circa l’esistenza connaturale, in tal caso, del conflitto medesimo, attesa l’identità tra la persona del rappresentante e dell’altro contraente, mentre non rilevano ai fini dell’annullabilità del contratto concluso dal rappresentante in conflitto di interessi con il rappresentato, ex art. 1394 c.c.».


Ora il regolamento per gli investimenti per le Casse di previdenza, che sta per uscire, prevede la presenza della Banca depositaria (di questa realtà ho già trattato nel mio articolo Cassa Forense e la banca depositaria) Inarcassa ha già selezionato SGSS in Italia per i servizi di depositario, a seguito di bando indetto a livello europeo.

Da sito di SOGEN si legge che: «Societe Generale Securities Services (SGSS) Italia, presente a Milano e Torino, è riconosciuta tra i principali player del mercato italiano dei securities services per la qualità e la competitività delle sue soluzioni di post-trading. 

Presente in Italia dal settembre del 2006 con 2S Banca S.p.A., diventa SGSS S.p.A. nel gennaio del 2008. Dedicata esclusivamente ai securities services, vanta oltre 600 dipendenti che mettono a disposizione la loro ampia expertise del mercato italiano a oltre 300 clienti istituzionali.

Nel 2016, SGSS Italia è stata nominata nel 2016 “Depository Bank of the Year in Italy” dalla rivista European Pensions. Nel 2017, è stata inoltre stata premiata da Global Investor e Global Custodian per l'eccellenza dei servizi di custodia».

La dott.ssa Cecilia De Vitiis nel suo “Il conflitto di interessi nella gestione collettiva del risparmio” (LUISS, Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli) ha affrontato il tema del possibile conflitto di interessi tra la banca depositaria e i fondi pensione: «Tuttavia, nel nostro ordinamento si consente alla banca che controlla la SGR di assumere l’incarico di banca depositaria.

Pertanto, il soggetto investito ex lege del compito di vigilare sulla legittimità dell’operato della SGR, nell’interesse dei partecipanti, è 
nella maggior parte dei casi quello che controlla la SGR in questione.

Ovviamente, la banca che versa in siffatta posizione è istituzionalmente in posizione di conflitto di interessi con i partecipanti del fondo, visto il legame proprietario che la vincola alla SGR, di talché ogni comportamento di quest’ultima mirante a massimizzare la propria utilità in contrasto con l’interesse dei partecipanti realizza altresì l’interesse della banca depositaria a trarre il massimo vantaggio dall’attività svolta dalla controllata.

La separazione organizzativa tra le diverse attività svolte dal medesimo soggetto è un altro degli strumenti tipicamente finalizzati ad ostacolare la comparsa di situazioni di conflitto di interessi: i c.d. chinese walls (o firewalls) dovrebbero garantire l’indipendenza delle diverse divisioni di una fullservice investment firm, impedendo il passaggio di informazioni tra i dipartimenti e quindi ostacolando l’eventualità che il compimento delle operazioni finanziarie di un certo segmento possa essere influenzato da considerazioni e valutazioni relative ad un settore diverso.

Infatti, lo svolgimento di diverse attività finanziarie da parte della medesima entità, giacché moltiplica gli interessi potenzialmente facenti capo al soggetto in questione, incrementa in maniera esponenziale il rischio dell’insorgere di situazioni di potenziale conflitto fra gli stessi.

Tuttavia, le “muraglie cinesi” si sono rilevate uno strumento sostanzialmente inadeguato a risolvere la problematica dei conflitti di interessi degli intermediari polifunzionali giacché non si concretizzano nella realtà in dispositivi di effettiva compartimentazione dei servizi offerti dall’intermediario e, quindi, le probabilità che si verifichino “infiltrazioni”, e sorgano così delle occasioni di scorretta gestione, rimangono considerevoli.

Con riferimento alla separazione organizzativa, infatti, la politica legislativa registra un’opportuna battuta di arresto.

Il legislatore sembra aver acquisito la consapevolezza che, se da una parte è vero che l’innalzamento di un “muro” tra le varie attività, limitando la conoscenza di fatti rilevanti, riduce astrattamente la possibilità che il gestore sfrutti la polifunzionalità a danno del cliente, d’altra parte si pone il problema di verificare in quale misura questo sistema sia realmente idoneo a tutelare gli interessi degli investitori.

Invero, il meccanismo della separazione organizzativa, ancorché sia senz’altro utile a prevenire le situazioni di conflitto, al contempo, riducendo le informazioni a disposizione del gestore, può cagionare una perdita dei vantaggi che comunque la polifunzionalità presenta e, per tal via, costituire causa di occasioni perdute per gli investitori.

Per altro verso, si fa strada l’idea che tale strumento possa al contrario favorire l’interesse del gestore, il quale sarebbe messo in condizione di servirsi delle regole sulla separazione organizzativa al fine di esonerarsi dalla responsabilità per la gestione infedele.

Nell’ambito delle problematiche relative alla prevenzione dei conflitti di interessi, infine, sono stati ricompresi anche i c.d. inducements, ossia le remunerazioni o gli altri benefici che il gestore riceve od ottiene in connessione alla prestazione del servizio di gestione.

Da più parti si è rilevato come la presenza di accordi che prevedono la retrocessione di una quota delle commissioni pagate dagli OICR bersaglio non possa non influenzare l’attività svolta dal gestore. Infatti, mentre il previgente Regolamento Consob 11522/1998 imponeva soltanto dei presidi di trasparenza, il nuovo Regolamento Intermediari ha opportunamente esteso l’applicazione della disciplina degli incentivi, dalla dir. MiFID prevista solo per i servizi di investimento, anche all’ambito dei servizi di gestione collettiva».


In tema di conflitto di interessi soccorre anche il regolamento interno di Banca d’Italia per il quale: «L’esistenza di interessi personali, di carattere economico/finanziario o di altra natura, estranei all’attività lavorativa, è condizione naturale.

La complessità delle relazioni che ruotano intorno ad ognuno rende fisiologica l’esistenza di situazioni di conflitto. 

Quando la situazione di conflitto non è conosciuta e/o non è adeguatamente gestita, può determinare l’assunzione di decisioni non improntate a imparzialità e al perseguimento del primario interesse pubblico, con conseguenti pregiudizi sia per l’Istituto -quali una perdita di reputazione ed eventualmente l’illegittimità dell’atto - che per lo stesso dipendente, sia sotto il profilo reputazionale che disciplinare.

L’appropriata gestione delle situazioni di conflitto rappresenta, per questa ragione, un fattore fondamentale per garantire l’imparzialità delle decisioni che l’Istituto è chiamato ad assumere, rafforzare l’integrità dell’organizzazione e dei singoli dipendenti, preservare la fiducia della collettività nei riguardi dell’azione svolta.

Il Regolamento del Personale e il Codice etico considerano il conflitto d’interessi, senza peraltro fornirne un’esplicita definizione.

Ciò anche perché le concrete situazioni di conflitto di interessi sono varie e non sempre classificabili ex ante; per loro natura, esse evolvono e assumono connotazioni differenti a seconda dei contesti di riferimento.

Risulta essenziale pertanto esplicitare alcuni principi di carattere generale che ne agevolino l’identificazione da parte di ciascuno in modo da contribuire a orientare i comportamenti.

Affinché ci sia “conflitto di interessi”, occorre la presenza di un interesse secondario proprio del dipendente (di tipo finanziario o di altra natura) e l’interferenza di questo interesse con l’interesse pubblico primario che il dipendente, in virtù dei doveri d’ufficio, è tenuto a perseguire.

L’interesse primario può identificarsi nello svolgimento imparziale ed efficiente - in linea con le direttive impartite dai responsabili in conformità alle disposizioni vigenti - delle funzioni attribuite alla Banca dall’ordinamento nazionale ed europeo e delle relative attività di supporto. L’esistenza e l’intensità di tale interferenza dipendono dalla posizione/ruolo dell’agente portatore dell’interesse secondario e dalla rilevanza assunta da tale interesse.

Gli interessi secondari che possono venire in rilievo 
sono:
- sia gli interessi economico-finanziari, suscettibili di una valutazione strettamente patrimoniale, sia quelli di diversa natura, purché possano concretizzare vantaggi o benefici per i soggetti considerati dalla norma;
- non solo gli interessi personali diretti del dipendente, ma anche quelli di soggetti legati al medesimo da vincoli e legami di varia natura, tali da far presumere che il dipendente sia portato a tutelarli come propri». (Fonte: Contenuti delle disposizioni applicative in tema di conflitto di interessi, Banca d’Italia).


A parere di chi scrive, è imprescindibile che tra controllato e controllore debba esserci una netta separazione, non solo formale ma proprio sostanziale.

La logica del “fair treatment” di ciascuna delle parti come obiettivo da raggiungere e come parametro per verificare la legittimità dell’operato dell’intermediario in situazioni di conflitto, che farebbe venir meno il conflitto d’interessi, è lontana dalla mia idea che separa nettamente il controllato dal controllore.

Se consulterete diversi soggetti tra Banche e Compagnie di assicurazione la frase ricorrente è la seguente: Pur in presenza di potenziali conflitti di interesse la Compagnia opera sempre in modo da non recare pregiudizio ai Contraenti e si impegna ad ottenere per i Contraenti stessi il miglior risultato possibile, indipendentemente da tali conflitti.

Si vedano, comunque, le disposizioni di vigilanza, in particolare l’art. 7 d.lgs. n. 252/2005 che prevede che la depositaria delle risorse dei fondi pensione possieda i requisiti e svolga i compiti previsti dall’art. 38 del TUF per le banche depositarie di OICR.

Perché non pensare ad un organismo indipendente?

Non credo si ingesserebbe il mercato e si eviterebbe la corsa dei soliti noti intorno al patrimonio delle Casse di Previdenza.

Consiglio la lettura del Quaderno di ricerca giuridica della consulenza legale, Regole di settore, compliance e responsabilità da reato: l’applicazione del d.lgs. n. 231/2001 alle società bancarie, a cura di Olina Capolino, n. 97, maggio 2023, rinvenibile sul sito della Banca d’Italia.

Il Quaderno «si è proposto l’obiettivo di analizzare il grado di applicazione del d.lgs. n. 231/2001 in una prospettiva prevalentemente empirica, fondata sulla raccolta di dati sulla distribuzione territoriale dei procedimenti per responsabilità degli enti, sulla tipologia dei reati contestati, sugli esiti dei giudizi e in generale sull’efficacia in concreto della normativa, al fine di offrire una visione critica e costruttiva, anche in una prospettiva de iure condendo».

Condivido inoltre le slides del prof. Danilo Pappano sulle Autorità amministrative indipendenti (consultabili qui)