CON LA RIFORMA DELLA PREVIDENZA FORENSE LE PENSIONI DI PROTEZIONE SOCIALE SARANNO INSUFFICIENTI

CON LA RIFORMA DELLA PREVIDENZA FORENSE LE PENSIONI DI PROTEZIONE SOCIALE SARANNO INSUFFICIENTI

Tretno, 21 marzo 2021.  Di Paolo Rosa, avvocato.  

Le pensioni cd. di protezione sociale sono la pensione di invalidità, inabilità e indiretta e coprono il rischio che può colpire l’iscritto e la sua famiglia durante il percorso lavorativo.

«I sistemi di protezione sociale si basano su dei principi fondamentali per i quali:
- la tutela sociale è un interesse collettivo, in quanto costituisce il presupposto necessario per inserirsi nella collettività;
- principio di uguaglianza sostanziale secondo la quale devono essere rimosse le situazioni di disagio economico, al fine di fare godere a tutti degli stessi servizi;
- principio di solidarietà, ovvero che tutti i cittadini sono tenuti a contribuire, per il bene della collettività;
- si configura come diritto del cittadino, in quanto costituisce un diritto soggettivo spettante a coloro che si trovano nelle situazioni previste dalla legge.

Gli organismi erogatori hanno l’obbligo di prestare servizio a coloro che ne necessitano». (Fonte: “La protezione sociale come diritto umano” di Elena Valguarnera, 02.08.2018 in Diritto penale della globalizzazione).

«Nel 2022, in Italia, la spesa per la protezione sociale è pari al 30,5% del Pil nazionale.

È destinata prevalentemente alla funzione “vecchiaia” (47,9%) e alla funzione “malattia” (22,9%), ma è rilevante anche l’incidenza di due funzioni congiunte: “disoccupazione” e “altra esclusione sociale non altrove classificata” (10,1%).


Nel 2021, in Italia, la spesa pro capite per la protezione sociale è di 9.785 euro annui, poco al di sopra della media Ue (9.538 euro).

Se rapportata al Pil, la spesa dell’Italia (31,8% nel 2021) supera la media Ue (29,9%)». (Fonte: ISTAT)

Al 31 dicembre 2023 Cassa Forense ha erogato 2139 pensioni di invalidità e inabilità e 2828 pensioni indirette.

Rapportate al numero degli iscritti in Cassa Forense risulta che più di 2 avvocati su 100 restano attinti da invalidità, inabilità o premorienza.

Quindi un 2%.
L’importo medio delle pensioni di invalidità e di inabilità è di € 12.411 lordi annui.

Quelle indirette di € 17.756 lordi annui.

Questi dati prima della riforma, entrata in vigore l’01.01.2025. 

Dopo la riforma del 2024, le prestazioni di protezione sociale sono state riviste al ribasso, al punto che Marina Piovera e Michele Proietti in “La nuova previdenza forense”, Cedam 2025, alla pag. 81, concludono che “il rischio, in queste situazioni, è che in assenza di chiare informazioni sulle nuove tutele, si conti su un livello di protezione (peraltro già poco adeguato) sul quale, in realtà, non si può più fare affidamento”.

Ora se dicessi io queste cose, verrei apostrofato in malo modo ma, purtroppo, questi dati corrispondono alla realtà e i due autori semplicemente dicono la verità, anche se scomoda.

Perché questa riduzione delle tre prestazioni di protezione sociale, a seguito della riforma del 2024?

La risposta è molto semplice.
Prima di tutto perché è stato adottato il calcolo contributivo della prestazione che di per sé, rispetto al calcolo retributivo, comporta una riduzione di circa il 10-15%, ma anche di più.


Poi perché, prima della riforma del 2024, venivano riconosciuti, in sede di calcolo dell’assegno, 10 anni figurativi aggiuntivi, fino alla concorrenza di 40 anni di anzianità totali, ma con la riforma, per ragioni di cassa, gli anni aggiuntivi sono stati ridotti da 10 a 5.


In terzo luogo perché dopo l’abolizione della pensione minima, di cui alla riforma del 2010, e l’introduzione dell’integrazione al trattamento minimo, è stato abbassato il minimo da € 13.228 a € 10.250, a far tempo dal 2030 (sempre per ragioni di cassa), e il requisito reddituale, per accedervi, è stato abbassato da 3 a 2 volte il minimo e quindi fino al raggiungimento di € 20.500 di reddito complessivo, cosi da ulteriormente ridurre il numero delle prestazioni di protezione sociale da erogare.

Morale della favola, come si dice: il rischio di esposizione (da già poco adeguato a non più affidabile), sia pure quantificato nel 2% sul totale degli iscritti in Cassa Forense, con la riforma viene ulteriormente traslato sull’iscritto e sulla sua famiglia e quindi, al momento della iscrizione o poco più in là, sarà indispensabile l’apertura di un ombrello assicurativo di protezione.

Se è vero, come attenti studi hanno dimostrato, che nel caso di famiglia con una sola persona, il reddito deve essere addirittura raddoppiato se si vuole mantenere lo stesso livello di benessere economico che si aveva prima della disabilità, risulta evidente che le misure di protezione sociale previste post riforma, non proteggono per nulla.

Ricordo poi che l’integrazione al trattamento minimo non è prevista né per la pensione indiretta né per la pensione di reversibilità il che, per dirla giornalisticamente, significa che Cf ha fatto cassa anche sulle vedove con costi sociali pesanti!


Non ci sono i mezzi per poterlo fare?

Lo si dovrebbe dire, senza creare illusioni.
Nella relazione di accompagnamento dei Ministeri Vigilanti mi pare che il tema della protezione sociale non sia stato trattato.