COMPLETARE BASILEA III. LUIGI FEDERICO SIGNORINI ALLA 53a GIORNATA DEL CREDITO
Redazione, 5 novembre 2021. Ieri, a Roma, alle Scuderie di Palazzo Altieri, si è svolta la 53a Giornata del Credito organizzata dall`Associazione Nazionale per lo Studio dei Problemi del Credito (ANSPC).
E` intervenuto il Direttore Generale della Banca D`Italia (e Presidente IVASS) Luigi Federico Signorini.
Riportiamo, di seguito, la parte del suo intervento dedicata alla chiusura dei lavori per Basilea III.
Qualche giorno fa la Commissione europea ha pubblicato la propria proposta (nota in gergo come “pacchetto CRR3-CRD6”) che dà formalmente avvio al processo di recepimento della versione finale dell’Accordo.
In generale, la proposta traspone nella normativa europea i nuovi standard, pur mantenendo alcune specificità.
Viene introdotto, come previsto, l’output floor;
al tempo stesso vengono mantenute le principali deviazioni esistenti rispetto agli standard di Basilea, tra cui il trattamento preferenziale delle esposizioni verso le piccole e medie imprese e del finanziamento di opere infrastrutturali.
Per guardarsi dagli effetti indesiderati di decisioni unilaterali sulla posizione competitiva delle banche europee, la proposta della Commissione prevede espressamente per alcune aree (ad esempio, i rischi di mercato e di controparte) la possibilità di rivedere le regole europee nei prossimi anni anche alla luce dell’effettivo grado di convergenza a livello globale.
Per altre (rischi operativi), si propongono scelte che tengono conto anche della posizione che presumibilmente adotteranno le altre principali giurisdizioni.
In tema di “aggiustamenti” rispetto allo standard di Basilea III, la proposta della Commissione, tuttavia, va oltre.
Per esempio, essa contiene un meccanismo che consentirebbe alle banche che adottano i modelli interni per il rischio di credito di alleviare temporaneamente l’impatto dell’output floor.
Si propone inoltre di rinviare di altri due anni la scadenza per l’applicazione delle nuove regole, già posticipata dal Comitato in seguito agli effetti della pandemia.
Alcuni meccanismi aggiuntivi di gradualità si protrarrebbero fino al 2032, 24 anni dopo Lehman.
Il negoziato che porterà alle norme europee definitive si avvia ora.
Richiamo l’auspicio, avanzato in settembre in una lettera firmata dalla grande maggioranza dei governatori e dei responsabili della supervisione dei paesi membri dell’Unione europea: e cioè che vengano mantenuti per quanto possibile spirito e lettera degli accordi: “The EU should stick to the Basel Agreement”, come recita il titolo del messaggio.
Salvo, magari, clausole di salvaguardia in caso di plateale inadempienza altrui;
caso però, quest’ultimo, da verificare con criteri ragionevoli, perché nemmeno l’Unione Europea applicherà gli standard al 100 per cento.
Mi auguro che la discussione dei prossimi mesi non rappresenti l’occasione per riaprire il dibattito sul trattamento prudenziale dei singoli rischi.
La crisi della pandemia ha confermato quello che già la grande crisi finanziaria ci aveva insegnato, cioè quanto è importante avere un sistema finanziario robusto, adeguatamente capitalizzato e pienamente consapevole della complessità dei rischi.
Gentile Presidente, signore e signori Consentitemi di dire che i 13 anni che ho passato nel Comitato di Basilea, e che hanno coinciso con la lunga gestazione e poi il venire alla luce di Basilea III, sono stati per me un’esperienza professionalmente ardua, ma al tempo stesso estremamente coinvolgente.
Che il sistema di standard precedente avesse gravi lacune credo fosse, e sia, evidente a tutti. Individuare accuratamente queste lacune e trovare i rimedi più appropriati non è stato facile: non ci sono in questo campo scienze esatte.
Pur con l’ausilio dei validissimi contributi tecnici forniti dagli specialisti per ogni rischio singolarmente considerato, resta il fatto che quando si deve fare la sintesi complessiva – che non è mai la semplice somma delle analisi individuali: neppure in senso formale, perché nessun rischio è indipendente dagli altri – non si può che contare sull’esperienza, sulla discussione ragionata, sul confronto aperto con l’industria e con il mercato, su test e contro-test reali o ipotetici.
La difficoltà è stata accresciuta dalla presenza nel Comitato di giurisdizioni con priorità e sistemi bancari molto diversi, con diverse tradizioni di supervisione, diverso grado di apertura all’interno e all’estero.
A me ha giovato la vecchia tradizione della vigilanza italiana, dalla quale ho ricavato uno scetticismo per le soluzioni troppo meccaniche, una fiducia razionalmente limitata nella capacità del mercato finanziario di autocorreggersi, l’ostinazione nel considerare tutti i rischi, la prudenza che consiglia di non affidarsi a un’unica metodologia, per quanto elegante e intellettualmente attraente, ma di usare più strumenti imperfetti in modo complementare.
Nelle discussioni sull’output floor, sui requisiti di liquidità, sulla qualità del capitale core, per esempio, l’esperienza italiana è stata preziosa, e credo di poter dire che essa ha contribuito in una qualche misura, piccola o grande, al risultato collettivo.
Le discussioni sono state spesso dure, i compromessi raggiunti a volte dopo trattative defatiganti. L’interazione con l’industria, insostituibile se si vogliono costruire regole realistiche e robuste, ha dovuto però scontrarsi a volte anche con resistenze interessate e timori esagerati. Il risultato non potrà essere definito ideale;
ho dato un paio di esempi di casi per cui avremmo voluto soluzioni più incisive;
ma ha rappresentato a mio avviso un passo avanti fondamentale.
Nulla è definitivo, 14 la storia ce lo insegna; chi verrà dopo di noi dovrà sicuramente cimentarsi con problemi nuovi ed escogitare soluzioni che noi non abbiamo saputo cercare o trovare.
E tuttavia, che nel 2020 il sistema bancario sia stato, come in questi mesi si è ripetuto all’infinito, “parte della soluzione e non parte del problema”, suggerisce che qualcosa di buono si sia fatto. Un’ultima parola sul sistema bancario italiano.
A Basilea non abbiamo mai dimenticato le sue peculiarità. Non per fare gli avvocati delle banche italiane, che è mestiere di altri;
ma perché si tenesse conto, in modo equilibrato e bilanciato, delle concrete caratteristiche del rischio, anche quando queste erano così specifiche (il caso delle DTA è un esempio) da rendere a volte difficile a noi spiegarle e ad altri recepirle.
Qualcosa, non tutto quello che avremmo voluto, si è ottenuto.
Ma il messaggio più importante è un altro. Anche le banche italiane qualche volta si lamentano dei requisiti aggiuntivi che Basilea III ha comportato e comporta. Basilea III, però, ha raddrizzato due storture che andavano a loro relativo, netto svantaggio: lo squilibrio tra i requisiti a fronte del rischio di credito e a quelli legati al trading; e l’eccessiva tolleranza di modelli aggressivi.
Anche per questo concludo dicendo: credo che sia nell’interesse comune che si proceda, mi auguro anche su scala globale, a una trasposizione delle regole di Basilea il più possibile tempestiva e fedele.